In un articolo pubblicato la sera di giovedì 10 (dopo gli attacchi alle basi Onu, ndr) sul quotidiano statunitense online Military Times, il generale in pensione dei Marines Kenneth F. McKenzie Jr. ha scritto un articolo di analisi sulla presenza statunitense in Medio Oriente.
L’obiettivo regionale è l’Iran
“La struttura di basi statunitensi in Medio Oriente abbassa la nostra capacità di dissuadere l’Iran”, afferma il generale. “Dovremmo lavorare con l’Arabia Saudita, la Giordania, l’Oman e l’Egitto per identificare basi il più possibile a ovest dove poter dispiegare aerei, capacità di manutenzione, capacità di rifornimento e armi”.
La riflessione di McKenzie Jr. si riferisce ai necessari aggiustamenti delle forze terrestri e aeree statunitensi in vista del coinvolgimento dell’Iran nella guerra scatenata da Israele in Medio Oriente.
“In una guerra in piena regola con l’Iran, le basi di Al Dhafra negli Emirati Arabi Uniti e Al Udeid in Qatar saranno rese inutilizzabili da un attacco iraniano prolungato. Pertanto, dobbiamo riesaminare il nostro posizionamento nella regione, sia su base quotidiana che emergenziale”, continua l’analisi.
Chi è il generale McKenzie Jr.?
Il generale Kenneth F. McKenzie Jr. è stato comandante in capo del Centcom dal 2019 al 2022. Il Centcom è uno dei comandi combattenti unificati del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti “competente” per l’area che va dal Mediterraneo orientale fino alle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.
Dunque, è stato proprio questo generale a guidare la rovinosa fuga Nato da Kabul nell’agosto del 2021, nonché il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq l’anno precedente.
Attualmente, come spesso accade ai generali in pensione, svolge funzione d’indirizzo politico-militare senza più il guinzaglio che la divisa impone come “distinguished fellow” presso l’Istituto Ebraico per la Sicurezza Nazionale d’America.
È pertanto un militare di peso, appena uscito dai teatri operativi ma verosimilmente ancora molto influente negli ambienti militari euroatlantici e nelle fila del sostegno a Israele.
L’analisi militare
Il ragionamento che propone McKenzie Jr. dal punto di vista militare appare logico perché, a una maggiore sicurezza per le forze terrestri, si accompagna una immutata efficacia per quelle aeree – secondo l’analisi – in caso di conflitto.
“Gli aerei potrebbero decollare dalle basi lontane e rifornirsi di carburante lungo il percorso per condurre operazioni sull’Iran. A seconda dell’esito del combattimento, potrebbero atterrare e fare rifornimento o riarmarsi nelle basi avanzate esistenti sul Golfo Persico, riducendo al minimo il loro tempo a terra e aumentando il loro ‘tasso di attività’ nel teatro operativo”.
Una base Centcom in Israele
Ma ciò che è interessante è il portato politico dell’avviso mandato dal generale, che coinvolge con poca sorpresa lo Stato d’Israele.
“C’è una seconda componente in questo nuovo costrutto di base, ed è l’opportunità resa possibile dall’ingresso di Israele nel 2021 nell’Area di Responsabilità (Aor) del Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom). Ora è possibile prendere in considerazione la possibilità di stabilirsi in Israele in caso di guerra con l’Iran”, scrive McKenzie Jr.
“Israele presenta gli stessi vantaggi geografici di una base nell’Arabia Saudita occidentale o in altri stati arabi e ha una potente e comprovata capacità di difesa aerea e missilistica. Il fatto che Israele sia ora nel Centcom facilita anche la formazione, l’interoperabilità e persino la manutenzione. Israele dovrebbe certamente essere in prima linea nelle possibili alternative di base”.
“Pronti a combattere”
Insomma, l’ex comandante in capo delle attività statunitensi anche in ambito Nato suggerisce di stabilire ufficialmente il comando operativo a stelle e strisce direttamente in Israele per sostenere lo Stato sionista in caso di guerra contro il “maligno Iran”.
Ed è bene non perder tempo, “ora dobbiamo muoverci in modo aggressivo per sviluppare alternative di base che dimostrino che siamo pronti a combattere e prevalere in una guerra prolungata e ad alta intensità con l’Iran”, conclude il generale.
Non proprio una postura che spinge per il negoziato e la fine delle ostilità in Medio Oriente.
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