I sabotaggi informatici saranno considerati atti di guerra a tutti gli effetti. La decisione choc del Pentagono arriva a poco più di una settimana dall’assedio virtuale alla Lockheed Martin e ad altri contractor Usa. Il principale fornitore d’armi degli Stati Uniti si sta ancora leccando le ferite dopo essere stato messo ko da un non meglio identificato gruppo di hacker. Il portavoce dell’azienda, che tra l’altro produce i micidiali caccia F-16, ha subito precisato che nessun dato è stato rubato nell’attacco lanciato il 21 maggio. “In ogni caso – precisa la Bbc – la Lockheed Martin sta ancora lavorando per rimettere in piedi il sistema che garantisce ai dipendenti l’accesso alla sua rete”.
Nei server dei contractor sono custoditi i segreti delle armi usate dall’esercito Usa. Una fuga di dati rischia di compromettere la sicurezza e l’efficienza dei soldati americani. Per questo motivo, il Pentagono ha deciso di aggiornare le regole della guerra. Un cyber attacco condotto da un’altra nazione d’ora in poi sarà considerato un atto di guerra. “Una decisione – scrive il Wall Street Journal – che dà la possibilità agli Usa di rispondere usando l’esercito”.
La notizia è stata riportata dal Wall Street Journal, che ha anticipato alcuni particolari che saranno resi noti solo nelle prossime settimane circa la prima cyber strategia formale degli Usa. “If you shut down our power grid, maybe we will put a missile down one of your smokestacks” (“Se qualcuno spegnerà la nostra rete elettrica – riassume efficacemente un ufficiale intervistato dal quotidiano Usa – forse risponderemo lanciando un missile giù per le loro ciminiere”) ha detto un ufficiale per spiegare il concetto molto americano: se ci hackerate lo zio Sam vi rompe il culo (licenza poetica).Alla base della decisione del Pentagono ci sarebbe la convinzione che dietro a un cyber attacco sofisticato si deve per forza nascondere un governo nemico.
La decisione di mettere nero su bianco le regole della cyber guerra è stata presa nel 2010, dopo che il virus Stuxnet aveva fatto a brandelli il programma nucleare iraniano. Gli Usa e Israele sono stati ritenuti i responsabili dell’attacco, ma non lo hanno mai ammesso apertamente.
L’aggressione alla Lockheed Martin ha certamente dato la spinta decisiva alla conclusione dei lavori. Il Pentagono deciderà se imbracciare i fucili per rispondere ai cyber attacchi basandosi sulla nozione di ‘equivalenza’. Se il sabotaggio informatico, per esempio, causa gli stessi danni commerciali di un embargo navale, sarà considerato un atto di guerra che giustifica una risposta armata. Il problema più complesso rimane però ancora da risolvere: capire da dove parte un attacco informatico e stabilire con certezza se è stato organizzato da un’altra nazione è più facile a dirsi che a farsi.
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