“Iniziamo questo ritiro in una posizione di forza” è quanto ha detto il presidente Usa Barack Obama, in un passaggio del suo discorso in tv, annunciando il ritiro di 33 mila soldati dal fronte afghano entro settembre del 2012 (di cui diecimila entro quest’anno) e sottolineando che – a suo avviso – Al Qaeda non è mai stata così sotto pressione dall’11 settembre 2001. “Insieme con i pakistani-ha proseguito Obama- abbiamo eliminato oltre la metà della leadership di Al Qaeda e grazie alla nostra intelligence e alle forze speciali abbiamo ucciso Osama Bin Laden, l’unico leader riconosciuto”. Il presidente Usa, in Afghanistan ha rivendicato una vittoria “per tutti coloro che hanno servito dall’11 settembre. Al Qaeda resta pericolosa” – ha quindi affermato il presidente Usa – “e dobbiamo restare vigili contro gli attacchi. Ma abbiamo messo Al Qaeda su un percorso di sconfitta e non cederemo fino al termine del lavoro”. Fin qui le dichiarazioni ufficiali con cui Obama ha annunciato l’inizio dello sganciamento da una missione politico-militare ormai decennale ma che sotto tutti i punti di vista va definita con il suo vero nome: fallimento. Se le parole fanno paura, adesso può essere definito in termini meno perentori “default” esattamente come quelli delle banche degli affari Usa.
In Afghanistan, dopo dieci anni di occupazione militare Usa e Nato, i due terzi del territorio restano o sono tornati sotto controllo dei talebani e degli altri gruppi di insorti; il governo Karzai controlla poco più del distretto di Kabul; più di 1100 soldati Usa sono stati uccisi sul fronte afghano creando un impatto sempre più negativo sull’opinione pubblica. Certo è stato ucciso Bin Laden ma solo i “semplici di cuore e di cervello” hanno preso per buono il nesso strategico tra l’Afghanistan e le attività di una sofisticata rete regionale come Al Qaida. Il problema è che il fronte afghano è diventato quasi subito un pantano dentro cui anche la maggiore potenza militare del mondo non ha potuto che impantanarsi dentro un conflitto asimmetrico che non ha fatto sconti a nessuno, neanche ad Obama.
A conferma di una realtà sul campo che suona a conferma, un altro soldato della Nato è morto ieri nell’Afghanistan orientale. Lo ha riferito la stessa Isaf a Kabul. In un breve comunicato si precisa solo che la morte è avvenuta durante un attacco degli insorti. I militari stranieri morti in Afghanistan sono, secondo una statistica non ufficiale, 261 dall’inizio dell’anno e 45 dal primo giugno 2011
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