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Freedom Flotilla. Diario di bordo 1

Ci sono state e ci sono forti pressioni da parte di Israele sul governo greco perché impedisca alle navi di salpare alla volta di Gaza e le autorità stanno creando non poche difficoltà di ordine burocratico per ritardarne in ogni modo la partenza che comunque è ormai imminente. Prova ne è la continua escalation della propaganda israeliana per screditare il valore assolutamente pacifico della Flotilla. Ieri il ministro degli esteri Lieberman è arrivato a dichiarare che i pacifisti sarebbero tutti attivisti terroristi che vanno cercando il sangue. Si va dal sostenere che a bordo ci sarebbero liquidi chimici altamente infiammabili per bruciare i commandos israeliani nel momento dell’arrembaggio, fino a far circolare su Youtube il video di un presunto gay americano che racconta di non essere stato accettato sulla Flotilla a causa della sua omosessualità.

E che, vista l’omofobia di Hamas, questa sarebbe la prova che Hamas è a capo dell’organizzazione. Peccato che il video risulti postato dall’ufficio del primo ministro israeliano. Ma a quanto pare non ci si limita soltanto a misure propagandistiche, ieri (l’altro ieri per chi legge) una nave, la greca «Giuliano» ha subìto un atto di sabotaggio, l’albero dell’elica è stato segato da qualche esperto subacqueo. Nonostante la tensione il clima tra i pacifisti è improntato all’ottimismo e la determinazione a portare a buon fine la missione è molto salda.

Dopo gli stage seguiti da tutti per addestrarsi a non reagire con violenza, né fisica né verbale, all’eventuale attacco israeliano in mare, sono stati aumentati i livelli di vigilanza per evitare che qualche provocatore possa riuscire ad infiltrarsi nelle file degli attivisti che si imbarcheranno. La totale ed assoluta trasparenza sulla natura pacifica della operazione della Flotilla è l’unica e la migliore risposta alla ostilità del governo israeliano che già ieri si è visto costretto a ritirare l’assurda minaccia di non consentire ai giornalisti che si fossero imbarcati l’accesso ad Israele per dieci anni. Del resto sulle navi saranno presenti anche giornalisti israeliani come Amira Hass di Haaretz e Menechem Gantz di Yedoth Ahronoth che avrebbe dovuto imbarcarsi proprio sulla «Stefano Chiarini» ma che salirà invece sulla nave americana. Quella che si sta «combattendo» in questi giorni prossimi alla partenza è in definitiva la «battaglia» tra chi ha dalla sua soltanto la convinzione delle ragioni di un’azione di pace e chi considera queste una sfida ed una pericolosa provocazione alla propria autorità ed è pronto ad usare ogni mezzo lecito ed illecito per contrastarle.

In palio c’è la speranza. La speranza della gente di Gaza strangolata dalla guerra e da anni di assedio di vedere apparire all’orizzonte del suo mare le navi che insieme agli aiuti portino il segnale tangibile che esiste un mondo che n on la dimentica, che non la lascia sola

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