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Siria. Un venerdi di manifestazioni contro Assad.

Quattro mesi dopo la prima protesta di piazza, ieri una parte dei siriani sono scesi massicciamente in strada, contro il presidente Bashar al Assad. Secondo alcune fonti niente affatto verificate le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco contro i manifestanti, uccidendo 28 persone. Si segnalano manifestazioni a Danasco, a Hama, Homs, a Daraa, la città del sud dove tutto è iniziato, a Deir Ezzor nell’est, a Idlib, nordovest ovest), Oggi intanto – hanno annunciato gli oppositori di Assad che l’hanno organizzata – si terrà a Damasco e Istanbul una «conferenza di salvezza nazionale» per fare il punto sulle rivolte e discutere dei modi per rovesciare il regime Il governo siriano ha lanciato un’offensiva diplomatica, accusando l’Occidente di voler «ripetere all’Onu quello che è accaduto con l’Iraq». E i media siriani hanno riproposto la posizione di Assad, che denuncia una cospirazione internazionale ai suoi danni. L’agenzia di stampa Sana, citata dalla Cnn, ha attribuito oggi, ancora una volta, la responsabilità dei morti a «gruppi armati», che a «viso coperto», avrebbero sparato contro le forze di sicurezza e contro i cittadini, nella capitale. «Bande armate hanno costretto i commercianti a chiudere i negozi – è il resoconto della Sana sulle proteste di Deir Ezzor – hanno terrorizzato le famiglie, minacciato i cittadini e distrutto i negozi di chi ha rifiutato di rispondere alle loro domande». In questo scenario inquietante, agli occhi del mondo il regime di Assad ha le ore contate: anche più di quello libico, secondo un rapporto del ministero di Difesa israeliano, che prevede la fine, per sgretolamento, prima del previsto, «questione di tempo», afferma il documento. Un’analisi evidentemente condivisa dall’ambasciatore Usa in Siria, Robert Ford, che ieri ha rivolto un monito ad Assad: se non fa le riforme, e non ve n’è il «minimo segnale», «sarà travolto dalla piazza».

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