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Norvegia, 98 morti e un killer neonazista

Dall’Ansa

Orrore e morte sono piombati sulla Norvegia alle 15:26 di un grigio venerdì pomeriggio d’estate, a metà delle tre settimane di vacanze collettive di un paese che fino ad oggi coltivava il mito della sicurezza e della pace. Un’esplosione di inimmaginabile violenza ha trasformato il centro di Oslo in una zona di guerra. Un’autobomba piazzata nel cuore del Regjeringskvartalet, il ‘quartiere del governò a poche centinaia di metri dal Parlamento, lo ha devastato. Vetrine e finestre sono andate in frantumi persino ad un chilometro di distanza. La notizia è andata in diretta sui due canali televisivi generalisti praticamente in tempo reale. Il paese si è fermato, paralizzato dall’orrore di immagini che ricordano l’11 settembre: una coltre di fumo nella quale volteggiano le carte degli uffici spazzati dall’esplosione. Il bilancio di vittime e feriti è sembrato miracolosamente basso. Ma poi è arrivata la notizia di una sparatoria a Utoya, isolotto nel lago Tyrifiorden, ad una trentina di chilometri a ovest da Oslo. La prima informazione è passata quasi inosservata, poi si è trasformata – nel racconto televisivo – in una tragedia collegata all’autobomba di Oslo. Su quell’isola infatti ogni anno si tiene il campo estivo dei giovani attivisti del partito laburista. I 650 partecipanti si erano appena riuniti per ascoltare le notizie di Oslo, quando un uomo vestito da poliziotto, «dall’aspetto scandinavo» ha aperto il fuoco. Lo hanno arrestato poco dopo l’azione, ma ha fatto decine di morti. Chi ha potuto, ha cercato di fuggire raggiungendo a nuoto la terraferma. Non ancora chiari i collegamenti tra i due attentati, che hanno colpito il cuore del governo di uno dei paesi più attivi in campo internazionale, non tanto per essere il paese che assegna il Nobel per la Pace (e che per il premio al dissidente Liu Xiabo si è attirato minacce e boicottaggi da Pechino), quanto per il suo status di potenza petrolifera mondiale. «La violenza non ci deve terrorizzare», ha detto in diretta tv in serata il premier Jens Stoltenberg. Ma ha parlato da una località segreta, mentre la polizia annunciava la sospensione degli accordi di Schengen, la messa in sicurezza della famiglia reale e dei principali personaggi politici del paese. Lo ha detto mentre non è ancora chiaro il bilancio in termini di vittime. Ma è già certo che si è spezzato il sogno di sicurezza di un intero paese.

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Dall’Adn Kronos di Pippo Marra, vicino ai Bisignani e ai berlusconidi. Una esibizione di schematismo travestito da “informazione” che fa impallidire il ricordo del Minculpop e svela involontariamente quanto pericolosa sia la strada scelta dall’attuale classe dirigente. Vengono indicate “piste”, fatte “ricostruzioni”, proposte “lettture”; il tutto collegando arbitrariamente fatti antichi, episodi veri e dubbi, fantasie paraletterarie, evocazioni psicologistiche. Un “papello” degno del più infimo dei “servizi”, ma proposto all’intera stampa italiana – Adn Kronos è pur sempre registrata come un'”agenzia stampa” – come “fonte informativa”. La sicumera è tale che queste righe possono indifferentemente esser lette come un testo tragico o totalmente comico, soprattutto alla luce delle informazioni vere che arrivano in queste ore da Oslo:

“Potrebbe esserci al-Qaeda, l’organizzazione terroristica orfana di Osama bin Laden, dietro all’esplosione che ha portato questo pomeriggio il terrore a Oslo. E la Norvegia, dove vive il mullah Krekar (fondatore di Ansar al-Islam), partecipa alla missione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) in Afghanistan. Nell’ambito delle missioni internazionali, Oslo contribuisce anche alla campagna militare della Nato in Libia. Ma l’attacco odierno potrebbe anche essere frutto della rabbia covata nel mondo islamico dopo la pubblicazione delle vignette del Profeta Maometto, che tanta indignazione provocarono cinque anni fa nel mondo islamico e che sono state riproposte lo scorso anno da un giornale norvegese.

L’8 luglio dello scorso anno la Norvegia ha annunciato l’arresto di tre persone residenti nel Paese – un cinese di etnia uigura, un iracheno e un uzbeko – sospettate di pianificare attacchi terroristici. «Riteniamo che questo gruppo abbia avuto legami con persone all’estero, che possono essere collegate ad al-Qaeda, e con persone coinvolte in indagini in altri Paesi, tra i quali Stati Uniti e Gran Bretagna», aveva detto all’epoca Janne Kristiansen, capo della sicurezza norvegese. Rientra nella strategia di al-Qaeda quella di avere cellule operative miste, formate da persone che vivono da tempo in Europa e che vengono mosse come pedine da lontano.

A un anno di distanza da quegli arresti, i servizi d’intelligence occidentali sono in allerta per la possibile vendetta di al-Qaeda dopo l’uccisione di bin Laden nel blitz del 2 maggio delle forze speciali americane in Pakistan. Tra l’altro Ayman al-Zawahiri, numero uno di al-Qaeda dalla morte di bin Laden, aveva minacciato direttamente nel 2004 la Norvegia, che non partecipava all’intervento militare in Iraq. Nell’esortare i musulmani a colpire rappresentanze e interessi commerciali di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Norvegia, il medico egiziano in un messaggio incitava i suoi seguaci «a trasformare in un inferno la terra che hanno sotto i piedi». «Colpite gli americani ovunque, colpite le ambasciate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia e Norvegia. Ascolterete presto buone notizie», recitava il messaggio.

La Norvegia, secondo dati di Isaf, tiene dispiegati nel Paese 406 soldati. Un contingente ridotto rispetto a quelli di moltì altri Stati, ma comunque sufficiente per scatenare le ire di al-Qaeda. Oslo, tra l’altro, vorrebbe ritirare i suoi militari a breve e sostituirli con istruttori per contribuire alla formazione delle forze di sicurezza afghane. LIBIA. Oslo partecipa alla missione della Nato in Libia, dove proseguono gli scontri tra i ribelli e le truppe del colonnello Muammar Gheddafi. Lo scorso giugno la missione è stata prorogata fino al primo agosto, quando concluderanno le operazioni gli ultimi caccia F-16 norvegesi impegnati nella campagna militare. All’inizio della missione il Paese aveva mobilitato 100 militari e sei velivoli.

IL MULLAH KREKAR. L’estremista islamico curdo era riuscito a ottenere asilo politico a Oslo nel 1991, ma nel 2003 aveva ricevuto un ordine di espulsione dalla Norvegia per aver violato le leggi sui richiedenti asilo e per i suoi legami con l’organizzazione Ansar al Islam, basata in Kurdistan prima dell’intervento militare americano di otto anni fa. Era così iniziata una lunga vicenda giudiziaria. La decisione di allontanarlo dal Paese era stata poi bloccata nel timore che il mullah Krekar potesse subire torture in Iraq o essere condannato a morte. Nel 2010 il mullah Krekar aveva affermato, durante una conferenza stampa, che se fosse stato costretto a rientrare in Iraq e se fosse stato ucciso lì, ai responsabili norvegesi sarebbe stata riservata la stessa sorte. In particolare era stato minacciato l’allora ministro per l’Asilo politico, Erna Solberg. E quest’anno, a metà luglio, un procuratore norvegese ha incriminato il mullah Krekar per terrorismo.

LE VIGNETTE. Vennero pubblicate nel 2005 dal quotidiano danese Jyllands-Posten, provocando per mesi violente proteste nel mondo musulmano, e riproposte a gennaio dello scorso anno dal giornale norvegese Aftenposten. Nel 2006, dopo la pubblicazione delle vignette, tra le varie ambasciate attaccate vi fu quella norvegese a Damasco, presa d’assalto insieme a quella danese. Dopo la forte esplosione avvenuta questo pomeriggio a Oslo, che ha danneggiato una serie di edifici pubblici (compreso il palazzo dove ha sede l’ufficio del primo ministro), sono stati evacuati gli uffici del quotidiano Vg.

 

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da Repubblica

Anders Behring Breivik, il presunto attentatore dell’isola di Utoya, colpevole dell’uccisione di almeno 80 persone

ALTO, BIONDO, celibe. Il presunto responsabile della strage sull’isola di Utoya è un 32enne, norvegese doc, vicino agli ambienti dell’estrema destra xenofoba. Alcuni messaggi postati su internet “lasciano pensare – dice le polizia – che avesse idee di destra e anti-musulmane, ma è troppo presto per dire se questa è stata la ragione del suo gesto”. A parlare è il commissario di polizia Sveinung Sponheim alla televisione pubblica Nrk.

Secondo i media norvegesi il sospetto milita in ambienti estremisti e aveva due armi registrate a suo nome, una delle quali un fucile automatico, probabilmente lo stesso con cui ha aperto il fuoco all’impazzata contro i circa 600 partecipanti del campus laburista, uccidendone almeno 80.

Sul suo profilo Facebook – che risulta inaccessibile, forse già cancellato – l’uomo, capigliatura bionda e un pò lunga, si descrive come un “conservatore”, “cristiano”, celibe, interessato alla caccia e ad alcuni videogiochi come “World of Warcraft” e “Modern Warfare 2”. Sulla sua pagina Twitter ha postato un solo messaggio, datato 17 luglio, con una citazione del filosofo inglese, John Stuart Mill: “Una persona con un credo ha altrettanta forza di 100.000 persone che non hanno interessi”.

 

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Strage in Norvegia, l’arrestato (e reo confesso) è vicino all’estrema destra. Si cercano possibili complici


Norvegia ancora sotto shock all’indomani del duplice attacco (la bomba nel centro di Oslo e la sparatoria nell’isola di Utoya). Il premier Stoltenberg ha parlato di «tragedia nazionale». Tuttavia le autorità hanno deciso di «non alzare il livello di rischio» che grava sul paese. Il bilancio del duplice attacco sale a 98 vittime. Gran parte nell’isola di Utoya. Al meeting dei giovani laburisti sono state uccise 91 persone da un finto poliziotto rivelatosi un cecchino. Quelle dell’autobomba ad Oslo invece sarebbero 7.

L’attentatore ha confessato
La prima ipotesi, quella di un attentato di terroristi islamici, è stata scartata per via del profilo del presunto attentatore arrestato. Il protagonista è un norvegese biondo, con gli azzurri e molto alto che si chiama Anders Behring Breivik e ha 32 anni. Nel pomeriggio ha confessato. La polizia ha fatto sapere che l’uomo, descritto come «un fondamentalista cristiano», aveva opinioni ostili all’Islam. Gli elementi pubblicati dal sospetto su internet lasciano pensare che «ci siano caratteristiche tendenti alla politica di destra e anti-musulmana, ma è troppo presto per dire se questo sia un motivo per il suo gesto», ha detto il commissario di polizia Sveinung Sponheim alla tv pubblica Nrk. «Una persona con una fede ha la forza di 100.000 che hanno solo interessi».

Breivik è un ex membro del Partito del progresso, una formazione di destra d’impronta populista che si batte tra le altre cose per introdurre maggiori restrizioni in materia di immigrazione. Breivik ha fatto parte dal 2004 al 2006 della formazione politica, il secondo partito nel parlamento norvegese, e ha militato anche nelle fila del sua sezione giovanile, dal 1997 al 2006/07. «Non è più un membro del partito – ha affermato Siv Jensen, leader della formazione di destra – e mi rende molto triste il fatto che lo sia stato in passato. Non è mai stato un membro molto attivo e abbiamo molte difficoltà a trovare qualcuno che sappia molto di lui».

grembiul

Il profilo sui social network
Secondo la stampa locale, l’uomo possedeva diverse armi registrate a suo nome, tra cui un fucile automatico. Nel suo profilo su Facebook, che è stato chiuso, l’uomo si descrive come «conservatore», «cristiano», celibe, appassionato di caccia e di videgame come «World of Warcraft» e «modern Warfare 2». Sul suo profilo di Twitter, un solo messaggio inviato il 17 luglio in cui riportava approssimativamente una citazione del filosofo John Stuart Mill: «Una persona con una fede ha la forza di 100.000 che hanno solo interessi». Le sue dichiarazioni dei redditi, che in Norvegia si possono consultare liberamente, mostrano che non aveva avuto reddito per l’anno 2009 e che, anche negli anni precedenti, aveva denunciato importi estremamente bassi. Secondo la polizia, il sospetto sta collaborando alle indagini.

La ricerca di complici
La polizia sta cercando ora di accertare se il 32enne aveva complici. Due testimoni oculari scampati al massacro citati dal sito di VG, il quotidiano più diffuso in Norvegia, hanno affermato che a sparare è stata più di una persona. Alexandre Standval, un giovane di 23 anni che si trovava sull’isola insieme ad alcuni amici si è detto sicuro che a sparare «sono state due persone», mentre Marius Roset, che ha raccontato di essersi tuffato in acqua per evitare i colpi d’arma da fuoco, ha detto che «c’era più di un tiratore».

Scartata l’ipotesi del terrorismo islamico
Scartata l’ipotesi di attribuire il duplice attacco a elementi del terrorismo internazionale di matrice jihadista, le indagini per ora puntano su elementi legati a «movimenti locali antisistema». Intanto a Oslo la polizia ha rafforzato la sicurezza nei luoghi “sensibili” e ha chiesto alla popolazione di restare nelle case.

Doppio attacco alla Norvegia
Prima le esplosioni che hanno devastato l’area di governo a Oslo, investendo gli uffici del premier, Jens Stoltenberg, e altri sedi del governo (almeno 7 vittime); poi appena due ore dopo, la folle sparatoria sull’isola dove erano riuniti circa 560 adolescenti (tra i 13 e i 15 anni), ma anche ex politici del Partito laburista alla guida del governo e dove era atteso lo stesso premier. Almeno un’ottantina di vittime sono state proprio lì, nell’idilliaca isoletta nel fiordo a una trentina di chilometri dalla capitale.

Fonti ospedaliere parlano di oltre un centinaio di feriti e la banca norvegese del sangue ha chiesto alla popolazione di donare il sangue. L’uomo, che è stato successivamente arrestato ed è norvegese, si è avvicinato vestito da poliziotto dicendo, secondo vari media locali, che era stato inviato come rinforzo dopo quello che era accaduto ad Oslo; e invece poco dopo ha cominciato a sparare all’impazzata. I giovani hanno cercato di fuggire tra i boschi e alcuni si sono buttati anche in acqua nel tentativo di salvarsi.

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