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Libia, a 100 anni di distanza la solita storia coloniale. Ieri l’Italia, oggi la Nato


25 marzo 2011 – Bagnoli (NA) i comandi delle forze aeree e terrestri della NATO coordinano “Unified Protector”, operazione militare che concretizza la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, varata allo scopo di “tutelare e proteggere” l’incolumità delle
popolazioni libiche.

Dall’aeroporto di Trapani Birgi partono continuamente i bombardieri che scaricano il loro potenziale missilistico sulle popolazioni di Tripoli.

Gli oltre 800 civili caduti in questi mesi sotto le bombe dell’Alleanza sono la prova tangibile di questa sacrosanta volontà protettiva.

La rete di basi italiane interessate all’aggressione contro la Libia è però molto più ampia, come si evince dalla carta di Laura Canali, pubblicata nel Quaderno Speciale di Limes 1/2011 “La guerra di Libia” e allegata al presente comunicato.

Un’aggressione che procede in questi giorni a tappe forzate, a causa della posta in gioco in terra libica, di cui i leader occidentali sono ben consapevoli.
5 mesi d’incessanti bombardamenti, con 20mila raid aerei, di cui circa 8mila di attacco con bombe e missili (dati forniti dal Comando congiunto alleato di Napoli il 22 agosto scorso) non sono riusciti a dare il colpo di grazia all’esercito libico, costringendo la NATO all’attuale intervento di terra, che guida bande di “oppositori” alla conquista delle varie città libiche.
Un’operazione sul terreno sino a ora nascosta da efficientissimi giornalisti “embedded”, che inviano immagini e notizie utili alle operazioni militari degli aggressori e del governo fantoccio, quel “Consiglio Nazionale Transitorio” dilaniato da guerre intestine e sciolto poche settimane prima dell’offensiva su Tripoli.
L’oscuro assassinio di Adbel Fattah Younès lo scorso 28 luglio – generale passato armi e bagagli dall’esercito libico alle milizie al soldo della NATO – ha determinato lo scioglimento del Consiglio nazionale di transizione (8 agosto), determinando un vuoto di potere pericolosissimo per l’alleanza occidentale avventuratasi in questa nuova aggressione.

Una crisi politica risolta “sul campo di battaglia”, con l’offensiva delle ultime settimane, condotta (come ci dice la diretta sul sito di repubblica.it del 25 agosto) da “Francesi e britannici in borghese (i quali) affiancano da diverse settimane i ribelli libici sul fronte est. Gli agenti si trovano nel
complesso della raffineria di Zueitina, centro di comando degli insorti per il fronte est, a circa 150 km da Bengasi. Sono alloggiati in due container in riva al mare, dove hanno istallato un’ampia sala radio. Dalla fine di aprile, Gran Bretagna, Francia, Italia, Egitto e Stati Uniti hanno inviato consiglieri militari presso il Consiglio nazionale transitorio”.

Siamo di fronte ad una classica aggressione colonialista, portata avanti dall’imperialismo euro-statunitense per il controllo del territorio e delle risorse di un paese ricchissimo, al centro di quel Maghreb squassato da rivolte popolari molto pericolose per l’economia europea.

È ora che il movimento contro la guerra batta un colpo al fianco della resistenza libica contro questa nuova aggressione. In Libia oggi, così come ieri nell’ex Jugoslavia, in Iraq, Afghanistan, Libano o Palestina non si tratta di schierarsi con leader o gruppi più o meno screditati, ma con il diritto di ogni popolo a difendere la propria terra, le proprie risorse, la propria dignità, integrità e indipendenza nazionale. Senza se e senza ma.

I problemi dei libici devono essere risolti dai libici, attraverso eventuali mediazioni internazionali disarmate e di pace, non certo dalle truppe della NATO e dai loro servi locali.

La Rete nazionale Disarmiamoli!

www.disarmiamoli.org info@disarmiamoli.org 3384014989 – 3381028120

 

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