Gheddafi fa sapere di essere in Libia e di essere disposto a negoziare, ma il Cnt, che ormai si sente vicino alla vittoria finale, chiude a qualsiasi trattativa e gli intima di arrendersi. I ribelli avanzano da est verso la sua ultima roccaforte, Sirte, e prendono Ben Jawad, mentre sono in corso trattative con le tribù per una resa pacifica della città. A Tripoli, a pochi metri dalla caserma della famigerata 32/a brigata di Khamis Gheddafi, sono stati scoperti almeno 170 cadaveri carbonizzati, probabilmente prigionieri uccisi e bruciati dai lealisti in fuga. Il portavoce del regime, Mussa Ibrahim, ha telefonato alla sede dell’agenzia Associated Press (Ap) a New York, affermando che Gheddafi si trova in territorio libico e che è intenzionato a discutere con i ribelli la formazione di un governo di transizione. Secondo Mussa, il colonnello ha nominato il figlio Saadi (ex calciatore in Italia) «capo negoziatore». Il portavoce ha detto di aver visto l’ultima volta Gheddafi venerdì scorso (26 agosto). «Nessun negoziato è in corso con Gheddafi – ha risposto il responsabile di Finanze e Petrolio del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Ali Tarhouni -. Se vuole arrendersi, allora negozieremo e lo cattureremo». Gli insorti hanno detto di aver preso stamani Ben Jawad, 100 km a est di Sirte, città natale di Gheddafi e sua ultima roccaforte. Trattative sono in corso da giorni con le tribù locali per una resa pacifica della città. Altrimenti, secondo un comandante degli insorti, serviranno ancora una decina di giorni per conquistarla. Tripoli stamani è calma, anche se nella notte si sono sentite esplosioni e raffiche di mitra. I ribelli temono soprattutto gli ultimi cecchini. Ieri una colonna di 60-80 mezzi dei lealisti è stata vista fuggire verso Bani Walid, un centinaio di km a sud-est della capitale. Stamani, a pochi metri dalla caserma della famigerata 32/a brigata di Khamis Gheddafi, rasa al suolo dai bombardamenti della Nato, gli insorti hanno trovato in un edificio i cadaveri carbonizzati di 170 persone, uccise e bruciate. Si ritiene che siano prigionieri della Brigata, uccisi dai militari in fuga dell’unità di elite del regime. (Ansa)
L’offerta del colonnello Gheddafi di trattare la transizione è «delirante». Lo ha detto il ministro degli Esteri britannico William Hague. Hague ha detto che il trasferimento di poteri in Libia è già in corso. Oggi il portavoce del rais Moussa Ibrahim ha contattato l’Ap affermando che il colonnello è intenzionato a trattare con i ribelli una transizione dei poteri in Libia.
Non ci sono negoziati in corso fra i ribelli libici e Gheddafi. Lo ha detto il responsabile di Finanze e Petrolio del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Ali Tarhoun. «Se vuole arrendersi, allora negozieremo e lo cattureremo». «Non siamo davvero sicuri di dove si trovi» il rais, ha aggiunto Tarhouni. Il portavoce del regime, Ibrahim Mussa, ha telefonato all’agenzia americana Associated Press (AP) dicendo che Gheddafi si trova in Libia e che vuole trattare con i ribelli.
Serviranno «pi— di 10 giorni» ai ribelli libici per prendere Sirte, citt… natale di Gheddafi e ultimo bastione delle sue forze. Lo ha detto un comandante degli insorti, il colonnello Salem Muftah al-Refaidy. «Stiamo cercando di negoziare la resa della citt…, ma combatteremo se necessario», ha aggiunto al-Refaidy.
Gli insorti libici sono pronti a conquistare Sirte nel caso in cui i negoziati in corso con i leader tribali che ancora la controllano per una resa senza combattimenti dovessero fallire. Lo rendono noto fonti dell’opposizione. «Ciò che i ribelli temono di più sono le armi chimiche di Gheddafi ed i missili a lunga gittata», ha dichiarato ad Al Jazeera Fadl Haroun, comandante dei ribelli. «Una volta che la Nato avrà spianato la strada, i ribelli avanzeranno su Sirte», ha aggiunto. Gli insorti sono a Bin Jawad, 140 chilometri da Sirte, dove attendono che la Nato bombardi i lanciamissili Scud ed i depositi di armi.
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Le bufale e le false notizie di una guerra che si combatte anche con gli strumenti di informazione
Gheddafi si trova a Tripoli, no si è rifugiato in Algeria. Ma no, è in una villa nello Zimbabwe ospite di Mugabe. In realtà non sappiamo dove sia. Il tam-tam sulla fuga del rais è diventato in questi giorni il vero tormentone della battaglia in Libia che ormai si combatte anche con l’uso massiccio della propaganda. In questa guerra non si salva nessuno, nè lealisti, nè ribelli, e di giorno in giorno sono sempre più numerose le informazioni non sempre vere su quanto accade nel Paese, con un altalenarsi di annunci e smentite tra la propaganda di regime e quella degli insorti. Il tema centrale è naturalmente la sorte di Gheddafi: l’ultimo avvistamento in ordine di tempo è di ieri: secondo il Daily Mail, il colonnello sarebbe ad Harare (Zimbabwe) già da mercoledì scorso; sarebbe arrivato in città con un jet messo a disposizione dal presidente Robert Mugabe, che l’ha nascosto in una villa nel quartiere di Gunninghil, alla periferia della città, protetto dal reparto di guardie femminili. In precedenza l’agenzia egiziana Mena, citando i ribelli, riferiva che un convoglio di sei Mercedes blindate aveva attraversato la frontiera tra la Libia e l’Algeria a bordo del quale si sospettava la presenza del rais. Ma in serata è arrivata la smentita categorica delle autorità algerine. E gli stessi insorti hanno poi ammesso di non avere informazioni certe su dove siano il rais e i suoi figli. «Non sappiamo dove si nascondano», ha detto il presidente del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), Mustafa Abdel Jalil. Insomma, un clamoroso dietro-front se si considera che fino a tre giorni fa i ribelli avevano accerchiato il quartiere di Bab al Azizya sostenendo che il colonnello era nascosto in un sotterraneo del suo compound. «Poche ore e lo prendiamo», avevano detto. La battaglia è proseguita durissima, fino a quando i ribelli sono riusciti ad entrare, aiutati anche da un bombardamento della Nato. Ma il rais non c’era più, semmai si fosse nascosto lì. La battaglia contro Gheddafi si è nutrita in queste settimane di informazioni non sempre vere anche per quanto riguarda i morti, le conquiste sul territorio, le defezioni dei fedeli del rais. Se all’inizio era stato il regime, prima con la propaganda sulle vittime per i bombardamenti della Nato nei primi giorni di guerra, poi con la notizia che Gheddafi voleva «far pace», in questi giorni è stata la volta degli insorti. Due figli di Gheddafi, Saif e Khamis, sono morti e resuscitati molte volte in queste settimane. Saif, secondo i ribelli, era stato pure arrestato, ma lo stesso giovane è poi ricomparso a Tripoli, dove peraltro era sempre stato, smentendo così «le false notizie». Ma la storia più clamorosa rimane quella dell’arresto di Gheddafi, il 23 agosto scorso. Notizia confermata poi anche dalla Corte Penale Internazionale. Peccato però che il giorno dopo il rais sia tornato a parlare via radio tuonando: «Vittoria o morte».
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