Peccato che avesse anche tutto quel petrolio e pretendesse royalties così alte…
Naturalmente, non ne esce affatto bene l’immagine del Colonnello come “campione dell’antimperialismo”, come qualche buontempone “di sinistra” ha provato fin qui a interpretare la guerra. Interessi, non ideali. Solo interessi. E’ il capitalismo, bellezza. Gli ideali sono fumo in faccia ai popoli (“proteggere i civili”), roba da spin doctor.
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Per l’intelligence britannica – nonché per il ministero degli Esteri – la serie di documenti top-secret emersi a Tripoli nei palazzi del potere saccheggiati e abbandonati è una vera e propria Waterloo.
I file, pubblicati con grande enfasi da diversi domenicali, tratteggiano infatti i contorni di una relazione anche troppo ‘speciale’ tra gli 007 di sua Maestà e gli sgherri di Gheddafi. Che, in sostanza, erano ben felici di assecondare la guerra al terrore di Bush e Blair in cambio – anche – d’informazioni cruciali sugli oppositori politici in esilio del rais.
Una lettera scritta da un ufficiale del SIS, i servizi segreti esterni britannici, rivela ad esempio il coinvolgimento sostanziale di Londra nella cattura di Abdel-Hakim Belhaj, all’epoca leader del Gruppo Islamico di Combattimento Libico (Lifg) e attuale comandante delle forze ribelli a Tripoli. Belhaj – nella missiva si usa il suo nome di battaglia Abu ‘Abd Allah Sadiq – venne in seguito spedito in Libia nell’ambito del programma statunitense ‘rendition’.
Belhaj ha sempre detto di essere stato torturato dagli aguzzini di Gheddafi. E nelle carte ritrovate nell’ufficio del capo dell’intelligence libica Moussa Koussa – pubblicate oggi dall’Independent on Sunday – sembra affiorare la consapevolezza degli 007 di sua Maestà. Il SIS chiede infatti a Koussa di avere accesso alle informazioni estorte a Sadiq per mezzo di «tecniche d’interrogatorio potenziate».
«L’intelligence su Sadiq – dice l’agente del SIS – era britannica. È il minimo che potevamo fare per sottolineare la straordinaria relazione intessuta nel corso degli anni recenti. Ti sono grato per l’aiuto dato al nostro agente inviato la settimana scorsa. Le informazioni di Sadiq sulla situazione in questo Paese è per noi d’urgente importanza».
Il rapporto con l’intelligence britannica era tanto stretto – il domenicale nota che nell’ufficio privato di Koussa due raccoglitori erano dedicati alla corrispondenza col SIS a fronte di uno solo per la CIA – da trasformare il servizio segreto del Regno Unito nel punto di riferimento per «diverse agenzie occidentali». «I servizi segreti svedesi, italiani e olandesi hanno chiesto aiuto ai britannici per entrare in contatto con le controparti libiche», scrive il domenicale.
Le imbarazzanti relazioni pericolose tra il SIS, l’MI5 e il regime di Gheddafi non si fermano ad ogni modo qui. Secondo il Sunday Times, infatti, i servizi interni britannici fornirono alle loro controparti libiche un fiume d’informazioni su 50 libici in esilio in Gran Bretagna. In più, come si evince in un documento marcato ‘UK/Libya Eyes Only Secret’, l’MI5 chiese di essere regolarmente «tenuto al corrente» di quanto emerso negli interrogatori condotti in Libia. «La richiesta – nota il Times – venne avanzata nonostante le prove evidenti di tortura nelle prigioni libiche e l’assassinio di dissidenti residenti in altri paesi, Regno Unito incluso».
Fin qui il lavoro ‘sporco’. Le carte libiche – trovate anche negli uffici abbandonati dell’ambasciata britannica a Tripoli – raccontano però di scomode ‘aderenze’ a livello politico. Khamis e Saadi, figli del rais, vennero ad esempio invitati dal ministero della Difesa ad assistere a uno show delle SAS, le forze speciali britanniche, presso il quartier generale di Hereford. Nulla di strano visto che nel 2009 14 uomini delle SAS spesero nove mesi in Libia ad addestrare la brigata Khamis, le forze speciali del regime responsabili di molte atrocità nel recente conflitto.
Dulcis in fundo, dall’archivio libico è comparsa pure un lettera di Tony Blair in cui l’ex premier rivolge alcuni consigli a Saif Gheddafi sulla sua tesi di dottorato presso la prestigiosa London School of Economics. Lo spettro peggiore, da questo punto di vista, viene però da dispacci diplomatici riservati in cui si avverte Londra delle minacce del rais di scatenare una «guerra santa» nel caso in cui Al Megrahi fosse morto in una prigione scozzese. Nei cablo britannici i diplomatici avvertono del rischio di maltrattamenti – «o peggio» – ai danni dei residenti britannici, la cancellazione di ricchi contratti con BP, Shell e BG, la fine della cooperazione sul fronte anti terrorismo. Morale: Al Megrahi venne liberato due anni fa dal governo scozzese «per ragioni umanitarie».
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