Fausto Della Porta
Crimini di guerra non solo dei gheddafiani. I rivoluzionari presi di mira nel rapporto dell’organizzazione
Amnesty accusa i ribelli del Cnt
Tra le denunce: torture e arresti arbitrari, soprattutto nei confronti di neri presunti mercenari
Nel suo ultimo rapporto, Amnesty sottolinea come la maggior parte degli abusi durante il conflitto sia stata compiuta dalle forze lealiste, ma anche come le milizie ribelli siano coinvolte nel commettere torture e omicidi. Se i combattenti di Gheddafi sono accusati di «attacchi indiscriminati, uccisioni di massa di prigionieri, torture, sparizioni forzate e arresti arbitrari», i miliziani dell’opposizione e i loro sostenitori dal canto loro «hanno rapito, arrestato in modo arbitrario e ucciso ex membri delle forze di sicurezza (di Gheddafi, ndr), sospetti lealisti di Gheddafi, catturato soldati e cittadini stranieri erroneamente sospettati di essere mercenari che combattevano al soldo delle forze di Gheddafi». Tutto questo si legge nel rapporto intitolato «La battaglia per la Libia – Uccisioni, sparizioni e torture». Nel documento di cento pagine – frutto di una ricerca sul campo compiuta nelle ultime settimane – si fa riferimento al linciaggio di africani sospettati di essere mercenari che combattevano dalla parte di Gheddafi, così come agli omicidi per vendetta e alle torture compiute nei confronti di alcuni soldati di Tripoli catturati. Un quadro completo della situazione deve ancora emergere, precisa Amnesty, che però ha chiesto alla leadership dell’opposizione di indagare sugli abusi commessi, combattere la xenofobia e il razzismo. «Il Cnt sta affrontando un difficile compito nel dominare i combattenti dell’opposizione e dei gruppi di vigilantes responsabili di seri abusi dei diritti umani, compresi possibili crimini di guerra, ma ha mostrato riluttanza nel ritenerli responsabili», prosegue il documento.
Il Cnt sta avendo una certa difficoltà nel gestire la transizione e il difficile compito di controllare Tripoli – città piena di combattenti armati. L’altroieri sera c’è stato il primo comizio pubblico del presidente (provvisorio) del Consiglio nazionale transitorio, Mustafa Abdel Jalil. Parlando nella Piazza dei Martiri, Adbul Jalil ha chiesto di non cercare vendetta nei confronti degli ex ufficiali del regime di Muammar Gheddafi. Le famiglie degli ex funzionari di governo, ha proseguito, «non sono responsabili dei crimini» commessi dai loro parenti. «Siamo per uno stato di diritto, uno stato di prosperità», ha detto, invitando a non cercare «di farsi giustizia da soli e di non opprimere». Soffermandosi sul futuro, il leader del Cnt ha detto che il governo provvisorio governerà senza una «ideologia estremista». «Siamo musulmani che vogliamo un Islam moderato e resteremo su questa strada», ha detto l’ex ministro della giustizia di Gheddafi diventato capo dei ribelli dalla ex Piazza verde diventata Piazza dei martiri.
Le sue parole, trasmesse in diretta in televisione, sono state accolte da applausi fragorosi da parte delle circa 10mila persone che erano in piazza e il suo intervento si è poi concluso con fuochi d’artficio che hanno illuminato tutto il lungomare di fronte alla Piazza dei martiri.
Marinella Correggia
«Non è guerra, proteggiamo i civili (quando possiamo)»
Il re è proprio nudo ma tutti lo vedono in vesti umanitarie alle settimanali conferenze stampa della Nato sulla Libia, in collegamento Bruxelles-Napoli, rispettivamente quartier generale e comando operativo. Ieri da Bruxelles la portavoce Oana Longescu sottolineava: «La situazione si muove nella giusta direzione. Il Consiglio transitorio nazionale controlla ormai molte aree» e «propone apprezzabili soluzioni pacifiche» che però sarebbero respinte dalle forze di Gheddafi.
Prosegue Longescu: «Le forze di Gheddafi occupano e opprimono città quali Bani Walid e Sirte dove hanno preso in ostaggio la popolazione». In realtà le due città sono note per un forte sostegno popolare a Gheddafi e come Sebha sono assediate e bloccate dal Cnt; non potendo ricevere approvvigionamenti, la popolazione è in uno stato di penuria e rischio.
È il Cnt come forza sul campo a informare l’Operazione Nato «Protettore unificato» che gli abitanti di Sirte e Bani Walid sono «ostaggi». Ma quando era l’esercito libico ad accerchiare Misurata e le forze del Cnt erano nel centro abitato, la Nato bombardava massicciamente gli assedianti e non accusava affatto le seconde di usare scudi umani opprimendo i non armati.
Dunque il «Protettore unificato» opera selettivamente per il cambio di regime? Per carità, ci risponde il colonnello Roland Lavoye, portavoce della Nato a Napoli: «Il nostro compito è neutrale, proteggere i civili; non stiamo con nessuno». Nessun coordinamento.
Eppure la convergenza militare funziona quasi alla perfezione, con ringraziamenti da parte del Cnt, da ormai quasi sei mesi. Da quando, ricorda ogni volta la portavoce, «la nostra operazione è stata avviata per attuare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 1070 e 1973». La Nato è consapevole del fatto che la guerra è iniziata sull’onda della colossale invenzione dei «10mila morti e 50mila feriti» in febbraio, nei giorni delle proteste? Longescu (non) risponde: «Questa non è una guerra. C’è la risoluzione del Consiglio di Sicurezza». La Nato ha sempre negato di aver fatto vittime civili, anche di fronte a morti, feriti e testimoni.
Il mandato del Consiglio scade a giorni, che succederà? Troppo presto per dirlo, perché «le intenzioni bellicose di Gheddafi e il lancio di Scud giorni fa da Sirte verso Misurata e Brega» (che distano 250 e 340 km, ndr) mostrano che ci sono ancora minacce ai civili. Così a Sebha, 700 km a Sud di Tripoli, gli attacchi aerei Nato hanno «distrutto infrastrutture di comando e di controllo impedendo il rafforzamento delle posizioni del regime nel nord del paese».
Queste «minacce ai civili» sembano meno dirette delle effettive violenze ai danni dei civili di pelle nera, subsahariani o libici del Sud. Che fa la Nato (anche per proteggere altri civili da ritorsioni)? Lavoye:«Dobbiamo essere realisti, non possiamo occuparci di questo non avendo truppe sul terreno». no all’evidenza
I vertici militari negano ogni coordinamento con i ribelli del Cnt. «Non siamo con nessuna delle due parti, stiamo lì per il rispetto della risoluzione 1973 dell’Onu»
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