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Libia, La Nato lascia a fine mese, i “ribelli” si dividono

A occhio, la Libia sembra avviata a diventare una nuova Somalia, a parte i pozzi e i terminali petroliferi, che sarano ovviamente tenuti sotto il massimo controllo. Complimenti ai governanti del mondo…

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da Il manifesto del 22 ottobre 2011

Manlio Dinucci
Libia/ CHI HA UCCISO VERAMENTE GHEDDAFI
Quel «killer» di Las Vegas arrivato da una base in Sicilia
Il «Telegraph»: così la Nato ha spinto il raìs nelle mani dei miliziani islamici di Misurata

Le immagini di Gheddafi linciato e ucciso da una folla inferocita di miliziani sono state diffuse su scala mondiale, per dimostrare che quella libica è stata una ribellione popolare conclusasi col rovesciamento dell’odiato dittatore. Versione semplicistica, facente parte delle potenti «armi di distrazione di massa» usate nell’operazione Protettore Unificato. Ben diversa la realtà che sta venendo a galla, come dimostra la documentata ricostruzione degli avvenimenti fatta ieri dal quotidiano britannico The Telegraph.
Dopo aver svolto un ruolo chiave nella conquista di Tripoli, gli agenti della Cia e del servizio segreto britannico MI6, che operano sul terreno in Libia, si sono concentrati nella caccia a Gheddafi, sfuggito ai massicci bombardamenti Nato. Mentre i droni e altri aerei spia, dotati delle più sofisticate apparecchiature, volteggiavano giorno e notte sulla Libia, forze speciali statunitensi e britanniche setacciavano la zona di Sirte, probabile rifugio di Gheddafi. Questi, nelle ultime settimane, è stato costretto a interrompere il silenzio telefonico, usando un cellulare forse di tipo satellitare. La conunicazione è stata intercettata, confermando la sua presenza nella zona.
Quando un convoglio di alcune decine di veicoli è uscito dalla città, è stato subito avvistato dagli aerei spia: un Rivet Joint statunitense (che può individuare l’obiettivo a 250 km di distanza), un C160 Gabriel francese e un Tornado Gr4 britannico. A questo punto un drone Predator statunitense, decollato dalla Sicilia e telecomandato via satellite da una base presso Las Vegas, ha attaccato il convoglio con numerosi missili Hellfire. Anche se non viene specificato, si tratta di uno dei Predator MQ-9 Reaper dislocati a Sigonella, dove si trova il personale addetto al rifornimento e alla manutenzione, e guidati da un pilota e un addetto ai sensori seduti a una consolle negli Stati uniti, a oltre 10mila km di distanza. Il Reaper, in grado di trasportare un carico bellico di una tonnellata e mezza, è armato di 14 missili Hellfire («fuoco dell’inferno») a testata anticarro, esplosiva a frammentazione o termobarica. Subito dopo, il convoglio è stato colpito anche da caccia francesi Mirage-2000 con bombe Paveway da 500 libbre e munizioni di precisione Aasm, anch’esse a guida laser. Questo attacco è stato decisivo per la cattura di Gheddafi.
Tali fatti dimostrano che, in realtà, è stata la Nato a catturare Gheddafi, spingendolo nelle mani di miliziani islamici di Misurata, animati da particolare odio nei suoi confronti. E che è stata la Nato a vincere la guerra, non solo sganciando sulla Libia 40-50mila bombe in oltre 10mila missioni di attacco, così da spianare la strada ai «ribelli», ma infiltrando in territorio libico servizi segreti e forze speciali per attuare e dirigere le operazioni belliche.
Il piano – deciso a Washington, Londra e Parigi – era quello di eliminare Gheddafi, che in un pubblico processo avrebbe potuto rivelare verità scomode per i governi occidentali. Non è quindi escluso che tra la folla di miliziani urlanti, dietro al «ragazzo con la pistola d’oro» cui viene attribuita l’uccisione di Gheddafi, vi fossero ben più esperti killer di professione.

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da La Stampa

Ancora dieci giorni di guardia nei cieli di Libia. Poco dopo le ventidue, con quattro ore di ritardo sulla tabella di marcia, il segretario della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha annunciato che il Consiglio Atlantico «ha preso la decisione preliminare di interrompere la missione Unified Protector il 31 ottobre». Nelle prossime ore, il danese verificherà con l’Onu e il governo provvisorio di Tripoli i contorni della ritirata dei suoi bombardieri. «Non abbiamo alcuna intenzione di tenere forze armate nella zona – ha assicurato il segretario dell’Alleanza -. Sarà un taglio netto ora che la missione è giunta al suo completamento». Con risultati, ha detto, che «non possono che renderci orgogliosi».

Partita complessa per gli ambasciatori di Evere, più del previsto sebbene nel primo pomeriggio il comandante della missione Nato, l’ammiraglio americano James Stavridis, avesse annunciato sulla sua pagina Facebook il via libera dei militari alla fine dei bombardamenti. «E’ una bella giornata», aveva scommesso. Il ritmo della diplomazia è stato più lento dei social network. Colpa delle divisioni fra britannici e francesi, uniti in marzo quando s’è trattato di attaccare Gheddafi, ora in disaccordo sull’exit strategy. Parigi la voleva rapida, come l’Italia. Londra frenava, voleva essere sicura che a terra fosse realmente tutto tranquillo.

Il delegato britannico ha mantenuto la linea espressa dal suo ministro degli Esteri William Hague, convinto che la morte del raiss rendesse la fine dell’offensiva «molto più vicina» e a sottolineare la necessità di «essere certi che nessuna altra sacca di forze pro Gheddafi fosse ancora in grado di nuocere i civili». Secondo fonti inglesi, gli ufficiali di Sua Maestà la regina non sarebbero ancora convinti del ritorno alla calma. Per questo, la loro proposta è stata «una graduale phase-out piuttosto che un arresto istantaneo delle missioni».

Gli ordini arrivati ai francesi sono stati inizialmente di segno contrario. Il presidente Nicolas Sarkozy, alle prese con la crisi dell’Eurozona e con le elezioni per l’Eliseo imminenti, adesso ha fretta. «Morto Gheddafi, è finita», ha proclamato senza mezzi termini. Il suo ministro degli Esteri Alain Juppé è stato però costretto ad aprire alla proposta di chi, Regno Unito e Stati Uniti in testa, voleva mantenere per qualche giorno un dispositivo di sicurezza. Ovvero «conservare una capacità di intervento in caso che la situazione lo richiedesse». Poteva essere un errore, hanno insistito gli inglesi, abbandonare completamente il campo.

Su questo si è cucita l’intesa dei dieci giorni, accompagnata dall’appello a Tripoli lanciato da Rasmussen – di stabilire subito un quadro di diritto compito con il rispetto dei diritti umani. Amaro in bocca per come hanno ammazzato Gheddafi? Il danese ha svicolato: «Non aveva alcun bersaglio civile», ha detto prima di far calare il sipario dopo otto mesi di guerra e quasi trentamila missioni aeree. Nonostante tutto, gli ambasciatori hanno fatto tardi per colpa di divergenze sulle modalità dell’annuncio della conclusione. C’erano da consultare il Palazzo di Vetro e il Cnt. Contatti complessi per rapporti basati su una fragile fiducia. «Una bella giornata», aveva annunciato Stavridis. Invece fare la pace è sembrato più faticoso che fare la guerra.

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Danilo Zolo
LO STILE CARITATEVOLE DELLA NATO

Giovedì ho passato molte ore alla televisione per cogliere momento per momento gli sviluppi dell’assassinio di Gheddafi. Volevo registrare nella mia memoria non solo l’atroce devastazione del corpo di Gheddafi, ma anche i commenti dei responsabili dell’assassinio, a cominciare da Barack Obama e per finire con il raffinato e virile ministro degli esteri italiano, Franco Frattini. Per non parlare dell’innominabile presidente del Consiglio italiano che per congratularsi con gli assassini ha usato con ignobile viltà la massima: sic transit gloria mundi.
Ero certo che Gheddafi sarebbe stato ucciso e non invece fatto prigioniero, processato e imprigionato come sicuramente meritava per le gravi colpe di cui si era coperto. Ma secondo il diritto internazionale a farlo prigioniero, a processarlo e a metterlo in prigione doveva essere il popolo libico con l’assenso delle nuove autorità della Libia, eventualmente sostenute dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non dovevano dissanguarlo e ucciderlo – secondo lo stile caritatevole della Nato – i padroni del mondo, pronti a fare proprie le immense ricchezze della Libia infischiandosi di un diritto umano universale: il diritto alla vita.
Complice sino al collo in questa aggressione militare è stata l’Italia: non c’è autorità politica italiana che non abbia violato la Costituzione italiana, a cominciare dal presidente Giorgio Napolitano e per finire con i rappresentanti della cosiddetta «sinistra» italiana. In parlamento il Partito Democratico, guidato da Pier Luigi Bersani, si è sempre schierato assieme alla destra bellicista che per oltre vent’anni si è vilmente dichiarata d’accordo con gli Stati Uniti e i loro alleati, compreso lo Stato di Israele, nella strage senza fine di popolazioni innocenti, dall’Iraq all’Afghanistan, alla Palestina, al Libano e infine alla Libia.
Sarebbe ingenuo pensare che di tutte queste infamie il mondo occidentale, l’Italia compresa, non debba pagare in un prossimo futuro terribili conseguenze. L’11 settembre è dietro l’angolo.

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dalla Reuters

MISURATA, Libia (Reuters) – Il cadavere dell’ex-leader libico Muammar Gheddafi giace in un vecchio negozio di macellaio, mentre le polemiche sulla sua sepoltura e sull’uccisione seguita alla cattura si accompagnano agli sforzi dei nuovi dirigenti per dare un avvio formale a una nuova era di democrazia nel paese nordafricano.

Intanto, da Tripoli, rappresentanti del Consiglio nazionale di transizione hanno detto oggi che domani, da Bengasi, il presidente del Cnt Mustafà Abdel Jalil annuncerà ufficialmente la liberazione della Libia.

Mentre oggi, a Bruxelles, il capo delle operazioni Nato in Libia, l’ammiraglio James Stavridis, raccomanderà di dichiarare ufficialmente terminata la missione dell’Alleanza, come ha annunciato lui stesso sulla propria pagina Facebook.

Con una ferita di proiettile visibile attraverso la massa di capelli, il cadavere mostrato a Reuters a Misurata sembra oggetto di contesa tra le varie fazioni dei combattenti che hanno abbattuto il regime, oltre al controllo delle armi e alla ricchezza petrolifera della Libia.

I libici e gli alleati occidentali che hanno sostenuto la loro rivolta contro il Gheddafi, al potere per 42 anni fino a due mesi fa, hanno mostrato la propria impazienza per l’inizio di quella che gli Stati Uniti hanno definito una “nuova era” democratica.

Ma le rivalità regionali e d’altro genere stanno ritardando la sepoltura del corpo di Gheddafi, sequestrato ieri da alcuni combattenti.

Il fallimento, finora, nell’individuare e catturare il figlio e apparente erede di Gheddafi, Saif al-Islam – che secondo un dirigente del Cnt è in fuga verso sud e il confine tra Libia e Niger – lascia un finale aperto dopo la sorpresa di ieri, seguita a otto mesi di guerra, quando il 69enne ex uomo forte della Libia è stato scoperto mentre tentava di nascondersi in un tubo di scarico sotto un’autostrada.

I caccia della Nato hanno bloccato il tentativo di un convoglio armato di far fuggire il Rais dalla sua città natale, Sirte, caduta ieri mattina nelle mani dei combattenti del Consiglio nazionale di transizione.

La controversia sugli ultimi momenti di vita di uomo che in passato ha tenuto in ostaggio il mondo con un misto di eccentricità e violenza continua, mentre vengono diffusi altri video in cui appare insanguinato e viene colpito da quelli che lo hanno catturato.

La vicenda ha fatto sorgere interrogativi sulla capacità dei nuovi governanti di controllare i combattenti, e al tempo stesso tra gli alleati occidentali è emerso un certo sconforto sul rispetto della giustizia e dei diritti umani tra coloro che hanno rivendicato di combattere proprio per questi ideali.

Il primo ministro provvisorio ha insisto sul fatto che Gheddafi sia stato ucciso dal “fuoco incrociato” mentre veniva trasportato in ospedale, ma pochi libici sembrano preoccupati per la circostanza che sia stato invece ucciso sommariamente dove è stato catturato, come mostra un video sgranato ripreso con un cellulare.

Abdul-Salam Eleiwa, il comandante dei combattenti anti-Gheddafi che ha portato il cadavere nella città la cui resistenza è diventata un simbolo per i ribelli, ha detto che sarà trattato col dovuto rispetto e seppellito presto, entro 24 ore.

Il corpo giace su un materasso in una cella frigorifera usata un tempo per la carne e altri prodotti nell’area del vecchio mercato di Misurata.

Un dirigente militare del Cnt ha detto che i membri della tribù cui apparteneva Gheddafi, i Gaddadfa, stanno discutendo coi combattenti se occuparsi della sua sepoltura, come accadde per Saddam Hussein in Iraq dopo la sua impiccagione.

Il Cnt in realtà sperava che Gheddafi, il figlio Mo’tassim e altri del suo entourage fossero seppelliti in segreto, per impedire che la sua tomba divenisse un luogo di pellegrinaggio.

Un dirigente del Cnt ha detto a Reuters che ci sono ancora divisioni nelle alte sfere del governo su dove seppellire Gheddafi. “Non trovano un accordo sul luogo della sepoltura. Per l’Islam dovrebbe essere seppellito in fretta, ma devono trovare un accordo se seppellirlo a Misurata, a Sirte o da qualche altra parte”.

Il ministro del petrolio ad interim, Alì Tarhouni, ha detto a Reuters di aver invitato i suoi colleghi a lasciare il corpo nella cella frigorifera per alcuni giorni per dissipare ogni dubbio sulla sua morte.

La moglie di Gheddafi, intanto, avrebbe chiesto alle nazioni Unite di aprire formalmente un’indagine sulla morte dell’ex leader e del figlio Mo’tassim, ha annunciato oggi la tv Arrai, che trasmette dalla Siria.

 

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