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Governare il mondo con i droni…

Tattica semplice, avrebbe detto Giulio Cesare. Si cerca un paese dove buona parte della popolazione sia disponibile a liberarsi del dittatore locale grazie a un aiuto straniero; la si “carica” con promesse di intervento e poi si aprono le ostilità quando la repressione supera una certa soglia (gonfiabile a piacere con l’uso accorto dei media occidentali, in modo da farlo sembrare un “intervento umanitario”). Poi quella parte di popolazione diventa le “truppe di terra” mentre la Nato o gli Usa si limitano a gestire aviazione, bombardamenti, informazione, ecc. Senza usare un solo uomo a terra. O quasi (l’intelligence qualcosa deve pur fare).

E là dove non c’è una popolazione divisibile? Beh, lì bisogna sporcarsi le mani anche a terra, oppure rinunciarci del tutto e usare soltanto i droni. Non si vincerà mai, si sa già in partenza. Ma almeno li si “contiene”.

In pratica, oggi.

Quattro militanti islamici sono stati uccisi in un attacco da parte di un drone Usa in Pakistan. Lo riferiscono fonti della sicurezza pakistana spiegando che l’operazione è avvenuta in una delle aree tribali roccaforte di Al Qaida e dei talebani, ai confini con l’Afghanistan. Il velivolo senza pilota ha lanciato due missili su un veicolo che stava attraverso – hanno detto le stesse fonti – un villaggio vicino Datta Khel, 30 km da Miranshah, principale città del distretto tribale del Nord Waziristan.

Successivamente il numero delle vittime è salito a sei,  mentre altre due sono rimaste ferite. Lo riferisce la tv Express 24/7. Secondo le prime informazioni, il drone ha sparato sei missili: quattro contro un edificio e due contro un veicolo dove si trovano presumibilmente militanti islamici.

Secondo fonti della sicurezza pachistana il drone ha sparato quattro missili contro il sospetto covo che si trova a circa 30 chilometri da Miranshah, capoluogo del distretto considerato base dei talebani e del gruppo armato afghano Rete Haqqani. Successivamente altri due missili hanno centrato un veicolo in movimento su cui si trovavano altri due militanti, uccidendoli. Quello odierno è il terzo attacco americano in quattro giorni nella regione del Waziristan al confine con l’Afghanistan con un bilancio di almeno 15 morti, fra cui due comandanti talebani locali. Venerdì migliaia di persone sono scese in strada a Islamab manifestando davanti al Parlamento contro «la strage di civili» causata dagli attacchi dei droni.

Ma questa “tattica” bellica non conosce davvero più limiti e sembra diventata l’unica con cui uno “stato imperiale” possa cercare di contenere un nemico che si identifica sempre più con l’intera popolazione.

L’Air Force Usa sta utilizzando droni (aerei senza pilota), che decollano da una base nel sud dell’Etiopia, per effettuare voli di ricognizione su Somalia e Yemen con l’obiettivo di controllare spostamenti e attività dei gruppi terroristici che fanno riferimento ad Al Qaida. Ne dà notizia il Washington Post. Il giornale, nella sua edizione online, afferma che Washington ha investito milioni di dollari per ripristinare un remoto aeroporto nella località di Arba Minch da dove decollano droni della serie Reaper che potrebbero essere equipaggiati con missili Hellfire e bombe a guida satellitare. Il Pentagono, citato dal quotidiano, sostiene che i droni sono disarmati e vengono usati solo per ricognizioni e raccolta di informazioni, ma che non è escluso che in futuro possano venire utilizzati per effettuare attacchi. Il governo etiopico, da parte sua, ha negato la presenza di qualsiasi base militare straniera , ma ha aggiunto che personale militare americano e ‘contractor’ sono sempre più numerosi nella zona di Arba Minch, una piccola città di 70.000 abitanti.

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