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G20. Riassetto globale, ma con altri equilibri

Nessuno degli “8” può vantare prestazioni economiche all’altezza. Nemmeno la Germania, che pure fino all’estate sembrava aver ripreso il ritmo da schiacciasassi. Le stime Ocse dicono in fatti che il prodotto interno lordo dei Paesi del G20 crescerà del 3,9% nel 2011, del 3,8% nel 2012 e del 4,6% nel 2013. Ma la crescita più rilevante sarà nei Paesi emergenti (rispettivamente +9,3%, +8,7%, +9,5%), mentre i Paesi sviluppati andranno più a rilento (+1,5% per 2011 e 2012, +2,2% nel 2013).

Tra gli europei si nota ormai con evidenza il tentativo di “stringere” la governance, per dotare l’Unione di qualche strumento coesivo più robusto della sola moneta. La sortita del tedesco Schauble è praticolarmente ambiziosa: una politica fiscale unica per i 17 paesi dell’euro. Ambiziosa ma semplicemente indispensabile, tanto che proprio l’assenza di una politica fiscale unificata era sempre stata indicata come uno dei punti deboli della costruzione monetaria.

Da segnalare anche l’analisi di Guido Rossi, mai banale e ricca di informazioni.

E tanto per far capire che non sono gradite opposizioni ai programmi globali, la Francia ha disposto il ripristino dei controlli alle frontiere per tutta la durata del vertice.

 

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da Il Sole 24 ore

Schäuble: unione fiscale e Tobin Tax. L’Italia? Ha molto da lavorare

È necessario raggiungere un’unione fiscale nei 17 Paesi membri dell’Unione europea. Ed è necessario applicare la Tobin Tax, una tassazione sulle transazioni finanziarie all’interno dell’area per scoraggiare la speculazione e rafforzare la regolamentazione del sistema bancario e della sua ombra, i fondi hedge.

Il ministro delle Finanze della Germania, Wolfgang Schäuble, ha le idee chiare su come rimettere in carreggiata l’Eurozona. Intervistato dal Financial Times in vista del G20 di Cannes, in programma il 3 e il 4 novembre, ha ribadito che l’area euro non sta negoziando aiuti finanziari da altri Paesi del G20, come ad esempio quello della Cina come vociferato nei giorni scorsi, per evitare l’effetto contagio della crisi greca su altre economie europee.

Tobin Tax
Sulla Tobin tax: «Sono convinto che se introducessimo una tassazione sulle transazioni finanziarie nell’area Ue, le opportunità per raggiungere un accordo globale aumenterebbero enormemente – spiega Schäuble -. Credo che sia interesse del sistema finanziario stesso concentrare il suo ruolo principale nel finanziare l’economia reale, assicurando che i capitali siano investi nelle modalità più intelligenti, invece di lasciare che le banche gestiscano le masse per compiere operazioni di trading».

Il caso Italia
Schäuble è tornato anche a bacchettare Italia, terza economia dell’area alle prese con un rischio Paese in crescendo, con BTp a 10 anni arrivati oltre la soglia del 6% (e lo spread con il Bund stabilmente sopra la soglia dei 350 punti base con picchi intorno a quota 400). «L’Italia ha ancora da lavorare per risolvere i suoi problemi».

 

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La forbice sempre più esasperata

di Guido Rossi

 

Due notizie ampiamente riportate ieri sulla prima pagina del Sole 24 Ore hanno collegato il loro contenuto con quelli della conferenza organizzata a Milano dal Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e dalla Fondazione Cariplo, sulle disuguaglianze economiche e sociali, con la straordinaria partecipazione, a livello internazionale, di personalità del mondo istituzionale e accademico.

La prima notizia riguarda l’incredibile, preoccupante aumento di circa il 50% dei compensi dei top manager inglesi; la seconda concerne l’altrettanto preoccupante situazione delle banche tedesche e francesi, ricolme di titoli tossici e di bond greci, la cui situazione è giudicata a livello europeo meno allarmante rispetto a quella delle ben più sane banche italiane.
La prima considerazione che deve essere fatta e dalla quale non si può assolutamente prescindere, qualunque sia la valutazione dell’attuale crisi, è che purtroppo la situazione sia in Europa, sia negli Stati Uniti, e nel resto del mondo, continua senza nulla cambiare, ad esasperare l’ineguaglianza globale in termini sia oggettivi sia soggettivi, con il disperato aumento della povertà, alla quale globalmente corrisponde una spaventosa concentrazione di ricchezza e di reddito.

Se è indubbio che la forbice fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri sta divaricandosi, il problema non può certo essere considerato solo in termini di prodotto interno lordo, bensì deve allargarsi sino a comprendere le conseguenze che la povertà produce sulla vita individuale delle persone, sulla loro partecipazione e capacità di godere dei beni primari della vita (John Rawls, Amartya Sen, Ronald Dworkin).
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Questi hanno riferimento costante a problemi di giustizia sociale, di libertà, di posto di lavoro, di conservazione della salute e di accesso all’istruzione. Mi piace a questo punto ricordare che di fronte al fallimento anche di precedenti sistemi economici come era quello dell’ordine liberale e della libertà degli scambi nel ‘700, il grande illuminista Nicolas de Condorcet aveva individuato l’origine della crisi nella trasformazione del denaro in potere politico, e del potere politico in influenza sui mercati. Già allora Condorcet poneva come prioritario l’accesso di tutti i cittadini all’istruzione.

Ebbene, nell’indagine sulle cause attuali delle disuguaglianze dovute alle divergenze tra Paesi ricchi e poveri e, all’interno di essi, alla ancor più intollerabilità della forbice, la colpa sottolineata con vigore dal libro di Jacob Hacker e Paul Pierson, Winner – Take – All Politics, è della politica dei governi americani a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, e non delle cosiddette forze del mercato, quasi a voler inconsciamente dimostrare la validità della formula di Condorcet “denaro – politica – mercati”. La riduzione delle tasse sui ricchi, le politiche del lavoro a svantaggio dei sindacati, la corporate governance delle società che ha favorito i compensi stratosferici a banchieri e manager, e infine la deregolamentazione finanziaria, sono le politiche legislative che hanno creato un aumento indiscriminato di ricchezza nell’1% della popolazione, provocando sofferenze, povertà e disoccupazione sempre crescenti.

È dalle ineguaglianze, come è stato provato sia da Hacker, sia da Lars Osberg, presenti al Convegno, che si creano e si alimentano le crisi di depressione economica, si accumula il debito pubblico e nessuna soluzione pare possibile se i vari governi si dimostrano inadatti sia a livello globale sia a livello nazionale.
Certamente prioritario è interrompere la completa mancanza di disciplina dei mercati finanziari e a evitare che i compensi, i bonus e le stock option di banchieri e manager continuino, nonostante tutto, a salire e a provocare l’aumento della forbice, agevolato dalla speculazione.
Quali rimedi? Certamente quello proposto da Branko Milanovic, di intervenire per aumentare il reddito dei Paesi poveri per poi riuscire a stabilire una vera politica globale contro le disuguaglianze, che garantisca soprattutto uguali possibilità ai cittadini dei vari Paesi, anche perché la cittadinanza ai fini delle ineguaglianze conta molto (e ciò spiega i fenomeni dell’immigrazione).

Nonché quelli individuati da Bruce Ackerman e Julian Le Grand di garantire una maggiore equità di punti di partenza della vita attraverso l’assegnazione di fondi a ciascun individuo, al compimento della maggiore età.
Se poi una nuova disciplina della finanza a livello globale rimane il primo dei problemi, esso può essere risolto solo con un generale accordo politico cioè, come altra volta ho già qui sostenuto, con una nuova Bretton Woods; soluzione questa che pare auspicata anche dal Vaticano, che propone un’Autorità mondiale finanziaria in un quadro giuridico preciso. Il problema a noi più vicino rimane quello europeo; l’Europa è in ritardo su un’integrazione federale, e l’istituzione politica ha ceduto il suo scettro alla Banca centrale europea.

È così questa, con la tipica cecità monetaristica e bancocentrica, a dettare le ricette economiche di austerità ai vari Stati membri, insensibile com’è ai gravissimi problemi delle disuguaglianze, ma anche inspiegabilmente schiava del duopolio franco – tedesco. A loro volta le banche francesi e tedesche, ricolme di titoli tossici e del debito pubblico greco dettano la politica della Banca centrale, facendole immettere liquidità sui mercati, per evitare il loro fallimento – nel quale essa stessa verrebbe trascinata – e la inducono ad ammonire le ben più sane banche italiane.

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