Il suo ministro delle finanze Shamseddin Hosseini, il deputato Asqar Abolhassani e il manager Hamid Pourmohammadi sono accusati di aver agevolato un affarista locale, tal Amir Mahafarid Khosravi, in una losca operazione. Usando documenti falsi l’uomo aveva ottenuto da due banche iraniane fino a 2,6 miliardi di dollari per acquistare alcune compagnìe statali. Il misfatto è venuto a galla nello scorso settembre e ora settantatre deputati hanno apposto le proprie firme su una petizione che punta l’indice anche contro il primo leader politico del Paese. Fra una decina di giorni il presidente dovrà presentarsi al Majlis e chiarire la sua posizione. Al di là di dell’aspetto giudiziario trattato da una commissione d’indagine che già anticipa la necessità di dimissioni dei funzionari coinvolti, la vicenda mette in cattiva luce l’ex sindaco di Teheran da tempo non più sotto l’ala protettiva della Guida Suprema. Episodi pubblici, come il mancato abbraccio di circa due anni fa, e l’isolamento in cui Ahmadinejad s’è ritrovato nei confronti di quel clero che lui non ha mai amato fa supporre che l’attuale componente maggioritaria dei mullah sia propensa a mettere da parte l’ingombrante ex basij. Dietro le quinte si muove il variegato mondo degli ayatollah con alcune figure storiche legate a posizioni fondamentaliste o moderniste che la ribellione dell’onda verde ha ricondotto a un pragmatismo assoluto. Nei mesi successivi alla contestata rielezione di Ahmadinejad del giugno 2009 era prevalsa la linea repressiva voluta dai pasdaran e avallata da Khamenei contro gli uomini che avevano servito il regime, da Karroubi a Mousavi, estesa a ogni opposizione politica o culturale.
Scemata la contestazione la popolarità del presidente non ha ripreso quota, nonostante egli abbia cercato su temi di politica estera (embargo contro la ricerca nucleare iraniana e questione palestinese) un nuovo feeling con gli antichi sostenitori. Il suo Iran è sempre stato quello povero dei mostazafin (i senza scarpe) che molto contribuirono alla prima elezione del 2005. Le non brillanti condizioni economiche di tante province del Paese non hanno certo cancellato questo strato sociale, sempre più schiacciato da un’inflazione salita con le sanzioni al 30%, ma hanno aumentato anche i malumori Naturalmente non sono scomparsi i Guardiani della Rivoluzione dalle cui fila Ahmadinejad proviene. Anzi la forza organizzata di questa componente, diventata da un ventennio il cosiddetto “partito dell’esercito” non è mai piaciuta a molti ayatollah, sia i riformisti alla Khatami sia gli affaristi come Rafsanjani. Mentre il primo ha da tempo scelto la vita privata, il secondo oltre che un ayatollah di peso resta tuttora uno dei maggiori capitalisti della nazione avendo “familiarizzato” talune bonyad e incamerato una fortuna attraverso le rendite petrolifere nazionali. Proprio le strutture economiche create dalla fazione dei pasdaran sono diventate un pilastro di potere che da tempo non piace a molti alti chierici. Quando Ahmadinejad venne eletto per la prima volta, surclassando il potentissimo Rafsanjani con oltre sette milioni di voti in più, aveva dovuto rinunciare all’idea che a comandare fosse il partito e non il clero. Il suo sponsor, Mesban Yazdi, un ayatollah del gruppo fondamentalista lo aveva riportato a più miti consigli e in quell’occasione Khamenei l’aveva abbracciato.
L’inciampo di quest’accusa potrebbe risultare una manovra per disfarsi elegantemente di un soggetto politico ormai inviso dentro e fuori la nazione le cui mire egemoniche in Medio Oriente sono oggi ridimensionate. Sfavorite dalla lacerante crisi siriana e dalla popolarità di altri modelli come quello erdoganiano che nell’area mediterranea sembra ricevere un consenso maggiore del rivoluzioniamo post khomeinista e del jihad qaedista. Sebbene la partita resti aperta.
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lotti anton giulio
Credo che una eventuale modifica dell’assetto politico iraniano sia necessario. C’e’ comunque da considerare l’importanza della Repubblica Islamica come un baluardo contro la politica imperialista nell’area. E’ risaputo che gli americani e i sionisti stanno da anni complottando per fare tornare l’Iran sotto il loro controllo. La classe dirigente iraniana non e’ composta da stupidi e da estremisti come si vuole fare credere da molte parti. I Democratici debbono auspicarsi un cambiamento in Iran ma evitando che la situazione porti ad un rutorno dei satrapi amici degli americani.Sono stato in Iran due volte e la situazione non e’ affatto come descritta dai media in occidente.