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Papandreou tra referendum e cambio dei vertici militari

Argiris Panagopoulos ATENE
GRECIA Via libera del governo a Papandreou, che cambia i vertici di polizia e forze armate
Referendum in dicembre
Il ministro della difesa Panos Mpeglitis ha escluso qualsiasi collegamento tra il cambio del vertice delle forze armate e la crisi politica. Ma è alta tensione

ATENE
Papandreou accellera i tempi. Cambia a sorpresa i vertici delle forze armate e di polizia e fissa il suo referendum sul piano dell’Europa entro dicembre. Il ministro della difesa Panos Mpeglitis ha escluso qualsiasi collegamento tra il cambio del vertice delle forze armate e la situazione politica, ma è chiaro che la crisi resta fortissima.
Papandreou si prepara a una dura battaglia interna per il voto di fiducia, potendo contare su 152 deputati su 300. Destra e sinistra pensano a elezioni anticipate, mentre i comunisti ortodossi di KKE chiedono l’uscita della Grecia dall’Unione Europea e dichiarano la loro astensione nel prossimo voto referendario. Mentre a favore del ritorno della Grecia alla dracma, si sono intanto schierati diversi imprenditori, con interessi nelle costruzioni e nell’editoria, e investitori che hanno già portato i loro capitali in Svizzera.
Al termine di un animato consiglio dei ministri terminato nella notte tra martedì e mercoledì, Papandreou ha ottenuto il voto unanime dei suoi ministri per fissare il referendum in dicembre. Il premier ha attaccato duramente i tre partiti di centro destra, Nuova Democrazia, LAOS e Alleanza Democratica, cercando alleati per il voto di fiducia. Mentre Ilias Mosialos, il ministro portavoce del governo greco, ha detto che Papandreou aveva avvertito i leader europei delle sue intenzioni di procedere al referendum, sottolineando che spetta al primo ministro greco e non agli stranieri il momento per annunciare l’iniziativa.
Il leader della opposizione conservatore di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, animato dalle probabili aperture della cancelliera Merkel, ha denunciato durante la riunione del suo gruppo parlamentare che il referendum rappresenta «un ricatto e non una espressione del popolo», «una mossa di estrema irresponsabilità di un governo preso dal panico che deve essere allontanto il più presto possibile». Samaras sostiene che Papandreou ha paura delle elezioni anticipate, mente la sua Nuova Democrazia aprirà la strada per le consultazioni. Samaras gioca ora la parte della «forza garante delle stabilità, della prospettiva europea e della dignità» della Grecia e «della protezione degli interessi nazionali e della sovranità nazionale». Populismo a parte, Samaras non ha però messo in opera le sue minacce di chiedere le dimissioni dei suoi deputati per costringere la proclamazione delle elezioni in novembre e ancora di più non ha risposto se sostiene l’accordo tra la Unione Europea e la Grecia di Papandreou. Ma dal momento che Germania, Francia, Commissione Europea e Bce premono perché Papandreou sottometta al voto del parlamanto greco l’accordo del 26 ottobre, cioè prima del referendum, Samaras dovrà svelare presto le sue carte. Se votasse contro, perderebbe lo status di interlocutore privilegiato della cancelleria tedesca per sostituire l’imprevvedibile Papandreou; se votasse a favore, sarebbe condannato a restare all’opposizione o, nel migliore dei casi, a partecipare a un governo di unità nazionale.
KKE, Syriza, Sinistra Democratica e Antarsya hanno chiesto le elezioni anticipate, mentre KKE ha continuato ieri dalla prima pagina del suo quotidiano Risospastisa i suoi duri attacchi contro Syriza, reo di seguire «solo gli interessi dei medi e benestanti strati sociali».

da “il manifesto”

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«Il referendum greco parla anche all’Italia»

Per Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area «La Cgil che vogliamo», la decisione di Papandreou – «al di là del fatto che poteva esser fatta prima o, come penso, che poteva esser costruito un asse dei paesi sotto ricatto» – «rende evidente il problema del rapporto tra democrazia e processi in atto, segnati da un capitale finanziario che espropria anche la sovranità popolare». In ogni caso, «è ovvio che ha pesato il conflitto sociale; dopo 14 o 15 scioperi generali che non erano riusciti a spostare in nulla la Ue, ha costretto Papandreou a non sottovalutarlo». È un fatto che «parla direttamente all’Italia; sarebbe un grave errore un governo tecnico o di emergenza nazionale, che nascerebbe per applicare con più credibilità la lettera di intenti firmata da berlusconi e approvata dalla Ue».

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