La Grecia ha dovuto aspettare assai più del previsto per capire di che morte dovrà morire. Dopo che il socialista Papandreou si era dovuto fare da parte, l’unica incognita riguardava il nome di chi dovrà traghettare il paese verso le elezioni di primavera. Una traversata di pochi mesi che promette però di essere assai dura per milioni di lavoratori, disoccupati e pensionati alle prese ormai dal 2008 con una crisi economica e sociale i cui effetti non si sono ancora dispiegati in pieno.
Per tutta la giornata di ieri sembrava che dovesse essere Lucas Papademos, 64enne ex vice presidente della Bce, a sostituire l’Americano alla guida di un governo di ‘larghe intese’ (potremmo dire di ‘grosse koalition’ visto che le decisioni su Atene si prendono sempre più spesso a Berlino…). Ma ieri in serata è arrivata la notizia che il centrodestra di Nuova Democrazia si era messo di traverso impuntandosi sulle elezioni il 19 febbraio, data ritenuta troppo ravvicinata da Papademos.
E quindi è spuntata l’ipotesi che a gestire l’applicazione ferrea dell’accordo raggiunto a Bruxelles lo scorso 27 ottobre dovesse essere Panagiotis Roumeliotis. L’economista che rappresenta la Grecia al Fondo monetario internazionale sarebbe arrivato proprio ieri sera ad Atene proveniente direttamente da Washington. Il ballottaggio, tutto interno ai due grandi partiti ellenici, è stato a lungo tra l’uomo della Bce e quello del Fmi. Una strana forma di bipolarismo che nulla ha a che vedere con la democrazia o la sovranità popolare e nazionale, anche nelle accezioni degradate che abbiamo visto in questi anni.
L’intervento diretto dell’UE e del FMI ha creato un notevole scompiglio all’interno della destra ellenica che fino ad ora aveva sempre criticato ed almeno formalmente contrastato i piani lacrime e sangue gestiti da Papandreou e Venizelos. Non perché Nuova Democrazia non li condivida, ma perché il partito guidato da Antonis Samaras aspira a stravincere le prossime elezioni sull’onda dello scontento e della rabbia sociale generata nel paese dal massacro sociale, candidandosi naturalmente ad applicare le ‘raccomandazioni’ dell’Unione Europea e del FMI senza battere ciglio. Un giochetto che in qualche modo la boutade di Papandreou sul plebiscito ha già smascherato. E che la tattica di Nuova Democrazia si sia scoperta lo dimostrano anche le polemiche interne al partito, con una parte consistente dei parlamentari e dei dirigenti che accusano Samaras di aver accettato il governo di coalizione e d’aver ceduto sul posticipo della data delle elezioni. Un ritardo del voto che potrebbe far perdere consensi preziosi a ND, soprattutto dopo alcuni mesi di cogestione del potere insieme ai socialisti. Non è un caso che in queste ore il Pasok stia insistendo sul fatto che Nea Dimokratia si debba assumere in pieno le responsabilità di governo nel futuro esecutivo di unità nazionale. Le resistenze interne al centrodestra hanno paradossalmente rappresentato un ostacolo forse imprevisto per la strategia dei poteri forti europei che pretendono una rapida soluzione alla crisi di governo: quale esponente di spicco della BCE o del Fondo Monetario accetterà di guidare un governo così instabile e litigioso, oltretutto per un periodo di pochi mesi oggettivamente insufficiente a varare un minimo di misure ‘risanatrici’?
Ieri sera Papademos sembrava aver detto un no definitivo, ma a metà mattinata, prima che iniziasse il consiglio dei ministri straordinario – l’ultimo presieduto da Papandreou – la sua nomina ha cominciato di nuovo ad acquistare punti, mentre si diffondeva la voce che l’Americano Roumeliotis potrebbe ricoprire ‘solo’ la carica di Ministro. Poi, intorno alle 16, è arrivato l’annuncio da parte del premier uscente: sarà l’uomo della BCE a guidare il paese.
La nomina di un ‘tecnico’ di punta come Papademos segna una svolta importante, ovviamente assai negativa. Ormai è chiaro che dalla fase del commissariamento per interposta persona la Grecia passa a quella del controllo diretto da parte delle istituzioni politiche ed economiche dell’Unione Europea e del Fondo Monetario. Un messaggio che sembra diretta anche all’Italia e agli altri paesi commissariati. Francia e Germania non vogliono sorprese, e dopo lo scherzetto di Papandreou – la semplice minaccia di un plebiscito sulle misure del 27 ottobre Merkel, Sarkozy e le grandi banche non l’hanno proprio mandato giù – il gioco di fa ancora più duro.
Il boia è cambiato, ma la sentenza capitale per il popolo greco rimane in vigore. Lo sanno bene i movimenti sociali, i partiti politici della sinistra e i sindacati ellenici che non si fanno nessuna illusione sul nuovo scenario. Stamattina un folto gruppo di militanti della coalizione della Sinistra Radicale (Syriza) ha calato dall’Acropoli un enorme striscione che recitava: “Basta con i governi dei banchieri: l’austerity é il problema, non la risposta”.
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