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Iran: esplosione in una base militare. Incidente o sabotaggio?

Tensione di nuovo alle stelle in Iran dopo la grave esplosione che ieri ha distrutto un arsenale delle Guardie rivoluzionarie nella base di Bigdaneh a Malard, a poche decine di chilometri ad ovest di Teheran: il bilancio sarebbe di 17 militari morti ed altri 16 feriti.

Un “incidente” che giunge proprio quando il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha di nuovo riportato in auge la possibilità di un attacco militare occidentale contro Teheran. L’esplosione è avvenuta nel giorno in cui la Lega Araba ha espulso Damasco e imposto sanzioni alla Siria, paese che ha forti legami con l’Iran e che potrebbe subire presto uno scenario di guerra ‘umanitaria’.

Lo scoppio nella base militare è stato così forte che molti abitanti della capitale hanno pensato ad un terremoto quando l’onda d’urto ha fatto tremare o addirittura andare in frantumi i vetri alle finestre. Mentre le autorità per un certo tempo hanno minimizzato, in serata è arrivata la notizia che tra i militari morti nella deflagrazione c’era anche un alto comandante delle Guardie della Rivoluzione iraniana (IRGC), Hassan Moqaddam. Sulla dinamica e sulle cause dell’esplosione si sa poco, anche perché il governo e le autorità militari non hanno fornito nessuna versione particolareggiata dei fatti. Anche sul numero esatto  delle vittime ci sono versioni discordanti: la televisione di Stato Irib aveva ad esempio parlato di 27 persone uccise.

Le prime notizie riferivano di uno scoppio in una stazione di servizio per il gas, all’interno della base militare. Ma poi questa ricostruzione è stata smentita. Il portavoce delle Guardie Rivoluzionarie Ramezan Sharif ha sostenuto che l’incidente era avvenuto durante un trasferimento di munizioni, mentre l’agenzia di stampa cinese Xinhua parlava di almeno due forti esplosioni consecutive.

Di preciso non si sa ancora nulla, ma tutti parlano di incidente. Ma l’esplosione di ieri ne ha riportata alla mente un’altra, avvenuta poco più di un anno fa. Nell’ottobre del 2010 in una base dei Pasdaran vicina a Khorrambad, nell’Iran occidentale, una deflagrazione ha causato la morte ad una ventina di militari. Anche in quel caso Teheran parlò di “incidente”, ma il sito israeliano Debkafile, vicino ad ambienti di intelligence, parlò di “una mano misteriosa” che aveva distrutto diverse rampe di lancio per Shebab-3, missili in grado di colpire Israele e anche obiettivi Usa in tutta la regione. I sabotatori avrebbero all’epoca provocato tre esplosioni nei tunnel in rapida successione rendendo il sito militare inutilizzabile.

O i Pasdaran sono particolarmente distratti oppure si tratta di un altro episodio di sabotaggio all’interno di quella guerra sotto copertura e per interposta persona che numerosi paesi – Stati Uniti e Israele in testa – hanno scatenato anni fa contro l’Iran in vista di un possibile attacco militare su grande scala. Prove schiaccianti non ce ne sono, ma di indizi quanti se ne vogliono: in particolare la CIA starebbe finanziando e sostenendo due diversi gruppi. Da una parte gli integralisti sunniti di Jundullah, dall’altra la guerriglia curda del PJAK. Altri analisti parlano invece di un possibile episodio nella competizione tra due figure chiave del regime iraniano, Ahmadinejad e Khamenei, che ormai si combattono senza esclusione di colpi. I Pasdaran, ed in particolari i corpi di elite presi di mira ieri e un anno fa, sono fondamentali all’interno dell’apparato militare dell’Iran. Da quando l’Ayatollah Khomeini gli affidò nel 1979 la sicurezza e la difesa della Repubblica Islamica, i Pasdaran hanno esteso le proprie competenze anche su altri settori chiave: l’intelligente, la Polizia, e poi anche la gestione di una parte importante e strategica dell’economia del paese.

Mentre ancora ieri il segretario di Stato americano Hillary Clinton, ha fatto di nuovo la voce grossa, intimando all’Iran di dare risposta all’Aiea e di non continuare ad ”ingannare” la comunità internazionale in campo sul versante opposto è entrata la sempre più potente e influente Turchia. “Ankara é contraria a qualsiasi ipotesi di intervento militare contro l’Iran” ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu. Il capo della diplomazia di Ankara ha esortato implicitamente Israele a non alimentare tensioni: la Turchia non può accettare nemmeno ”la più remota possibilità di un intervento militare” nella regione e – ha aggiunto – ”é inaccettabile che paesi sospettati di possedere proprie armi nucleari creino nuove tensioni nella regione”. 

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