L’Obama – premio nobel per la pace’ – darà un’altra delusione ai suoi fans. Giunto per una visita lampo in Australia, ieri l’inquilino della Casa Bianca ha annunciato il ‘rafforzamento’ della presenza militare statunitense nella regione Asia-Pacifico, a partire da un contingente di marines che dal 2012 saranno stanziati a Darwin, importante porto australiano. Da questa base – a solo 820 km di distanza dall’Indonesia – “saranno così in grado di reagire rapidamente a ogni eventuale situazione di emergenza umanitaria o per la sicurezza nel Sudest asiatico, rispetto ai numerosi giorni di navigazione che occorrono dalle basi Usa in Asia settentrionale o nel Pacifico” hanno detto le autorità militari di Washington per giustificare la mossa. Per ora i marines in arrivo in terra australiana saranno solo 250, e la loro presenza dovrebbe essere ‘limitata’ ad un periodo di sei mesi l’anno per i prossimi 5 anni nell’ambito di un accordo bilaterale elogiato ieri dal premier australiano Julia Gillard. Ma ieri Obama è stato chiaro: “Gli Usa sono qui (in Asia) per restare. «Il rafforzamento dell’alleanza tra Stati Uniti e Australia lancia un chiaro messaggio riguardo il nostro impegno nei confronti di questa regione, che è continuo e imperituro».
La mossa del Pentagono non è sfuggita ai paesi dell’area. Alcuni governi asiatici hanno già affermato di accogliere positivamente l’accresciuta presenza militare USA nel Pacifico: come contrappeso al crescente potere cinese soprattutto sul fronte marittimo, e come una rassicurazione che gli Usa non intendono ridurre il proprio impegno nell’area, nonostante le restrizioni al budget del Pentagono.
La decisione di Washington è considerata da Pechino come un’ulteriore prova del tentativo degli Usa di circondare la Cina, grazie a basi in Giappone e Corea del Sud e ora anche con truppe in Australia. I soldati a stelle e strisce sono del resto accompagnati da un notevole schieramento offensivo, a base di navi militari e caccia bombardieri B52.
“Speriamo che la cooperazione bilaterale tra i paesi interessati vada a beneficio della pace, della stabilità e dello sviluppo della regione Asia-Pacifico” aveva commentato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei ieri. Aggiungendo poi un più esplicito: “Un’escalation militare nelle alleanze non sono la cosa più appropriata per la regione. Se quelle forze militari fossero usate per minacciare gli interessi cinesi, l’Australia rischia di trovarsi in un fuoco incrociato”.
Scrive oggi il Sole 24 ore: “Pechino è il maggior partner commerciale di Canberra, da cui acquista ingenti quantità di materie prime necessarie ad alimentare la sua crescita, ma tra gli australiani aumenta la cautela nei confronti di una superpotenza che sta crescendo non solo economicamente, e che sta forgiando rapporti economici e diplomatici sempre più stretti con numerose isole del Pacifico, a colpi di prestiti a fondo perduto, spodestando un ruolo tradizionalmente australiano”.
Se le reazioni politiche di laburisti e conservatori australiani sono entusiastiche, molti analisti economici e imprenditori sembrano abbastanza preoccupati di questa mossa che schiera apertamente Canberra in un meccanismo di alleanze militari che potrebbe danneggiare il ruolo dell’Australia nella filiera economica del Pacifico fortemente influenzata dai flussi da e per la Cina. Una rotta commerciale che vale un traffico da circa 5 mila miliardi di dollari l’anno. Obama punta ad aumentare la sicurezza marittima nel Mar della Cina meridionale al vertice Asean che si terrà a Bali in settimana, sfidando l’intenzione della Cina di non discutere della questione. Pechino rivendica infatti l’intera area marina, una rotta commerciale vitale ricca di petrolio, minerali e risorse ittiche. Ma Vietnam, Filippine, Taiwan, Malaysia e Brunei rivendicano per parte loro il controllo di alcune zone, su input di Washington, e la tensione provoca scontri crescenti.
“Accusato inizialmente di essere stato troppo conciliante con la Cina, che starebbe diventando sempre più aggressiva a livello internazionale, Obama starebbe ora stringendo un cerchio attorno a Pechino, lavorando per ottenere rapporti sempre più stretti prima con il Giappone e la Corea del Sud e ora con l’Australia” chiarisce ancora il quotidiano di Confindustria.
A proposito di accerchiamento ieri, mentre Obama sbarcava in Australia, la Clinton sbarcava a Manila. Alla vigilia dei vertici dell’Asean e del South Asian Summit (EAS), il segretario di Stato di Washington ha firmato con il ministro degli Esteri filippino Albert del Rosario la “Dichiarazione di Manila”, con la quale il Pentagono si impegna a garantire collaborazione nei settori militare ed economico. Secondo i media locali, la Clinton avrebbe dichiarato che gli USA avrebbero preso in considerazione l’ipotesi di fornire una nave militare a Manila dopo che è stata già diffusa la notizia che le Filippine avrebbero già acquistato proprio dagli Stati Uniti una nave pattuglia, la “Hamilton”. Un accordo, quello tra Manila e Washington, che in cambio di forniture militari concede la completa immunità agli agenti statunitensi che si trovino ad operare nell’arcipelago. Una rinnovata alleanza, a 60 anni dalla firma del Trattato di Amicizia, che non è piaciuto alle sinistre filippine e alla Lega degli Studenti. Sono stati gli studenti, ieri, a esternare la propria opposizione bersagliando di uova il convoglio del Segretario di Stato.
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