Dopo il dislocamento di militari in Australia e il rafforzamento della cooperazione militare con le Filippine, la partecipazione di Obama al vertice di novembre dell’Asean completa i tasselli della strategia americana illustrata dalla Clinton.
Essa si basa sulla speranza di aumentare le esportazioni americane nell’area – Obama ha detto di volerle raddoppiare in 5 anni – agganciando gli Usa alla crescita della regione, e su un rinnovato impegno militare.
La domanda è saranno in grado gli Usa di farlo?
Con un economia in difficoltà e con impegni militari in Medioriente ed in Afghanistan ancora aperti, che gli Usa ritornino gendarme asiatico e impongano ai paesi della regione un aumento delle loro esportazioni nel breve periodo sa tanto di strategia elettorale più che di impegno concretamente realizzabile.
2500 marines in Australia – di cui subito solo 250 – sono dopotutto una cifra risibile e di fronte alle proposte cinesi di prestiti ai paesi dell’Asean per 30 milardi di dollari e alla già forte integrazione economica della regione attorno alla Cina, sul piano dell’economia gli accordi bilaterali con la Corea del Sud per l’eliminazione delle tariffe doganali ancora esistenti con gli Stati Uniti sanno tanto di topolino che cerca di mettere paura all’elefante.
Anche se nell’articolo programmatico la Clinton pensa di fare affidamento su Giappone, Corea del sud, Australia, Filippine e Thailandia(molti dei quali hanno come primo partner commerciale proprio la Cina) come base della politica americana di ritorno in Asia, essa si basa sull’apporto alla strategia statunitense di paesi come l’India, con il recentemente paventato aumento di truppe ai confini con la Cina, e l’Indonesia, che ha recentemente firmato un maxi accordo da 22 miliardi di dollari per la fornitura di aerei Boeing alla più grande compagnia Indonesiana, la Lion Air.
Da parte loro i cinesi, apparentemente il target non dichiarato di questo cambio di strategia, dopo decenni di espansione della loro influenza nella regione, non sembrano molto preoccupati: già a inizio anno per bocca del vice ministro degli esteri Cui Tiankai avevano dichiarato che “circondare la Cina è impossibile”, e oggi secondo Ding Gang, sulla versione estera del Quotidiano del Popolo, si sostiene che“l’Asia non ha tempo per i giochi con gli Stati Uniti”: il commercio tra Cina, Giappone e Corea del Sud da e verso i paesi dell’Asean è aumentato di 37 volte in 20 anni e continua ad aumentare, sancendo un’integrazione economica dell’area oramai irreversibile rispetto alla quale l’azione americana risulta fuori tempo massimo. Solo il commercio cinese nei confronti dell’Asean è ulteriormente aumentato del 26 percento nei primi 7 mesi dell’anno. Sempre secondo Ding Gang, “Se i paesi asiatici non riducono la loro dipendenza dall’economia occidentale, l’area potrebbe diventare un area alluvionata ad ogni tempesta finanziaria”, e se gli Stati Uniti intendono giocare un ruolo costruttivo e pacifico in Asia lo facciano, basandosi innanzitutto sulla loro economia più che sulle esportazioni nell’area. “Se invece gli Usa intendono solo rafforzare la loro posizione dominante attraverso una strategia di calcolo, nessun paese asiatico avrà tempo di mettersi a giocare con loro al vecchio gioco del poker”.
Come a dire: se fate affidamento sulla nostra crescita e quella dell’area per riprendervi dalla crisi, fanfare a parte, almeno prima di entrare toglietevi il cappello.
Nota :
Degli stessi elementi di fondo richiamati dalla Clinton come base della superiorità del modello americano anche nel nuovo secolo: l’esercito più forte, la più grande economia, i lavoratori più produttivi del mondo, pare ormai sopravvivere solo il primo, che scricchiola quanto a sostenibilità delle spese militari sotto il crollo dei secondi due. Secondo alcuni calcoli relativi al valore reale dell’economia infatti, quella cinese avrebbe già superato l’economia americana facendo del paese la prima potenza economica mondiale già a fine decennio. Per non parlare della produttività dei lavoratori in settori fondamentali in cui gli Usa hanno ormai deindustrializzato.
Fonti:
http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/10/11/americas_pacific_century?page=full
http://english.peopledaily.com.cn/90778/7651109.html
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/684993/China-says-unbalanced-recovery-better-than-balanced-recession-during-trade-talks-with-US.aspx
http://english.peopledaily.com.cn/90883/7651434.html
http://english.peopledaily.com.cn/90780/7651600.html
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/684696/Chinese-premier-airs-confidence-in-Sino-Indian-cooperation.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/684697/China-DPRK-vow-to-strengthen-military-cooperation.aspx
http://www.iltempo.it/interni_esteri/2011/11/20/1302969-grande_medio_oriente_distrazioni_degli.shtml?refresh_ce
A cura della Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti
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