Ore 14.00 – Le decisioni annunciate ieri sera dalle autorità ‘provvisorie’ egiziane non solo non hanno fermato la mobilitazione di massa ma anzi hanno contribuito a riportare nelle strade e nelle piazze decine di migliaia di persone, e nelle ultime ore dal Cairo ma anche da altre località dell’Egitto arrivano notizie di nuovi scontri e di altri morti, che si aggiungono a quelli dell’ultima settimana (il cui numero oscilla tra i 30 e i 40 a seconda delle fonti). Nonostante le dimissioni del governo fantoccio, la parola d’ordine dei principali movimenti popolari e di opposizione del paese è di rimanere in piazza fino a quando il Consiglio militare non annuncerà una data precisa per le presidenziali, previste entro il giugno del 2012.
«Il generale Hussein Tantawi ha pronunciato ieri sera un discorso che era la copia di quelli di Hosni Mubarak» è l’accusa che risuona nelle piazze egiziane trasversalmente agli orientamenti politici di chi manifesta. Afferma ad esempio Ayman Nour, leader di una formazione politica centrista: «Il comunicato letto ieri dal capo della giunta militare è tardivo e inutile e contrasta con le speranze degli egiziani. Il fatto che il governo di Essam Sharaf si sia dimesso non vuol dire niente. Lui era solo il segretario dei militari».
L’accusa pronunciata ieri dal capo della Giunta Militare – “i manifestanti di Piazza Tahrir compromettono la credibilità dell’Esercito” – non ha intaccato affatto la protesta, anzi. Dopo una breve pausa notturna, questa mattina all’alba sono ripresi gli scontri tra manifestanti e apparati repressivi nelle strade adiacenti il ministero dell’Interno al Cairo. Esercito e polizia hanno fatto un uso massiccio dei lacrimogeni intorno al dicastero tanto che folate consistenti di gas hanno invaso Piazza Tahrir, affollata da decine di migliaia di lavoratori e giovani, e dove i manifestanti ieri sera hanno di nuovo allestito una tendopoli che ha ospitato gli occupanti durante la notte. A centinaia sono stati finora i manifestanti evacuati dall’epicentro della protesta a causa dell’intossicazione provocata dai gas.
Per ora il bilancio della repressione delle ultime ore oscilla tra 4 e 6 morti. Una persona è morta negli scontri tra forze di sicurezza e manifestanti scoppiati all’esterno di un centro delle forze di sicurezza ad Alessandria, nel nord dell’Egitto. Due persone erano già morte durante gli scontri nella città industriale già lo scorso fine settimana.
Tra le vittime di oggi c’è anche un neonato di nove mesi morto a Tanta, città nel delta del Nilo, dopo avere respirato i gas sparati dalle forze repressive per disperdere i manifestanti che protestavano davanti alla locale Prefettura.
Sotto accusa ci sono propri i velenosissimi gas utilizzati a profusione da Esercito e Polizia, contenenti micidiali sostanze nervine. Nausea, vomito, crampi addominali, perdita di coscienza, coma e decesso. Queste sono le conseguenze dell’azione sull’organismo umano delle armi chimiche utilizzate dagli apparati repressivi egiziani contro i manifestanti, contenenti tabun, sarin, soman e l’ancora più velenoso VR-55.
«È in corso un massacro. Gas lacrimogeni con agenti nervini e munizioni sono stati utilizzati contro i civili a piazza Tahrir» aveva denunciato già nei giorni scorsi Mohamed El Baradei, possibile candidato alle prossime presidenziali (e apertamente sponsorizzato dalla Fondazione Soros). L’ex capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica si è detto anche disponibile ad accettare l’incarico di primo ministro, dopo le dimissioni del governo di Essam Sharaf, se le elezioni parlamentari si terranno, come previsto, lunedì prossimo. Formalmente la giunta militare ancora ieri ha riconfermato l’appuntamento elettorale del 28 novembre, ma appare assai improbabile che il popolo egiziano possa andare alle urne in una situazione così incandescente.
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