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Israele ridisegna le sue alleanze regionali

Un articolo del Jerusalem Post, a cura di Herb Keinon, rivela come Israele stia attivamente cercando amici e alleati più lontani, per controbilanciare gli eccezionali successi degli islamisti nei paesi più immediatamente vicini. Lo ha affermato la scorsa settimana un alto funzionario governativo israeliano, alla luce della schiacciante vittoria che gli islamisti sembrano destinati a raccogliere nelle elezioni parlamentari in corso in Egitto.
Secondo il funzionario sentito dal Jerusalem Post, il collasso di così tanti regimi arabi nella regione, unito alla posizione di Iran e Turchia che da bordo campo aspettano solo di approfittare della situazione per i loro disegni, vedono Israele puntare su tre gruppi di paesi come alleati e possibili contrappesi.
Il primo gruppo è quello del Mediterraneo orientale, composto da paesi come Grecia, Cipro, Romania e Bulgaria: “paesi storicamente rivali della Turchia e assai preoccupati per l’ampliarsi dell’intervento e delle ambizioni di Ankara”, cosa che li ha portati a stringere con Israele rapporti molto più stretti di quanto non avessero in passato.
Il secondo gruppo è costituito da paesi dell’Africa sub-sahariana come Kenya, Uganda, Etiopia, Tanzania, Nigeria e Sudan del Sud, la cui preoccupazione per il terrorismo islamista al loro stesso interno li ha condotti ad una “crescente cooperazione politica e di sicurezza con Israele”. Tale cooperazione è apparsa evidente nell’apertura di rapporti diplomatici con Israele da parte del Sudan del Sud subito dopo la secessione avvenuta all’inizio di quest’anno, e nelle visite ufficiali in Israele, il mese scorso, dei leader del Kenya e dell’Uganda.
Il terzo gruppo comprende paesi mediorientali che, sebbene non nominati ufficialmente, secondo fonti governative israeliane si mantengono in contatto con Israele su questioni come l’Iran e i travolgenti cambiamenti in corso nella regione. Di recente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto un paio di vaghe allusioni a legami con questi paesi, che si ritiene siano soprattutto stati del Golfo Persico, Arabia Saudita in testa.
Tuttavia – ha voluto chiarire una delle fonti governative – anche se punta gli occhi alla ricerca di amici in altre aree, Israele non chiude affatto la porta ai legami con l’Egitto. “Non abbiamo rinunciato all’Egitto” ha detto la fonte, aggiungendo che i risultati preliminari del voto egiziano, secondo i quali la Fratellanza Musulmana e gli ancor più estremisti salafiti starebbero per conquistare circa il 65% dei seggi, “in realtà non sono una sorpresa per nessuno”. “E’ senz’altro possibile che andremo incontro a un periodo in cui le nostre relazioni con il governo egiziano non saranno più così cordiali – ha detto la fonte – ma si può sperare che prevarranno gli interessi di base comuni ad entrambe le parti.

Clamorosa appare poi la collaborazione a tutti i livelli con l’Arabia Saudita. A confermare questa insolita alleanza è l’ex dirigente dei servizi segreti, Pio Pompa, che riconvertitosi in analista per il quotidiano italiano Il Foglio- apertamente filoisraeliano – rivela il suo colloquio con un “collega” dei servizi segreti sauditi. “L’inedito connubio tra i servizi sauditi e israeliani, chiamati ora a una missione di straordinaria importanza contro la minaccia che incombe sull’intero popolo sunnita e lo stato d’Israele” scrive sul Il Foglio del 3 dicembre. “La sensazione, oggi, è che l’Arabia Saudita e Israele siano rimasti soli a fronteggiare la prospettiva del terrore nucleare iraniano. Un pericolo che si aggiunge a quello di matrice islamista che, proprio in questi giorni, sta rivedendo le proprie strategie sul versante della profonda crisi economica e finanziaria che attanaglia l’Europa e gli Stati Uniti e che allo stesso tempo è all’origine dell’attuale isolamento saudita e israeliano”. Difficilmente si potrebbe essere più espliciti.

Sarebbe però un errore ritenere la spasmodica ricerca di alleati e interlocutori da parte delle autorità israeliane come un problema dovuto all’isolamento di oggi. Da sempre Israele ha cercato di cooptare i regimi mediorientali “non arabi” contro i paesi e i movimenti arabi. Era il caso dell’Iran, della Turchia, dei maroniti in Libano e dei curdi in Iraq, degli etiopi nel Corno d’Africa. Con molta spregiudicatezza gli israeliani hanno giostrato in questi decenni sui contrasti interni o regionali tra arabi e non arabi., armando, finanziando o scaricando di volta in volta gli interlocutori. Per una sorta di legge del contrappasso dopo la collaborazione con lo Scià, Israele sostenne segretamente anche l’Iran degli ayatollah contro l’Iraq di Saddam Hussein nella sanguinosa guerra del Golfo (arrivando a bombardare il reatrore iracheno di Osiraq). Oggi l’Iran viene ritenuto da Israele il nemico principale. Un processo analogo sembra essere in corso anche con una potenza regionale – ex alleata strategica – come la Turchia.

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