L’opposizione anti-Putin scende in piazza oggi a Mosca. Secondo le previsioni degli organizzatori – e in base al numero indicato sull’autorizzazione municipale – saranno in 30 mila su piazza Bolotnaya per protestare contro l’esito delle elezioni legislative dello scorso 4 dicembre, ritenute caratterizzate da brogli e violazioni.
Il rischio è però quello di una spaccatura tra gli oppositori. Il ‘dove scendere in piazza’ è stato il tema del contendere tra la fronda più oltranzista capeggiata dai coi detti nazibolscevichi di Altra Russia di Eduard Limonov – che non vuole rinunciare al primo luogo scelto, Piazza della Rivoluzione, sotto le mura del Cremlino – mentre l’area che unisce Ilya Ponomarev, deputato di Russia Giusta e Sergey Udaltzov, esponente di Altra Russia, appare più possibilista e disponibile a un compromesso sul luogo dove manifestare. C’è poi il partito Parnas di Boris Nemtsov, ex vice premier con Boris Eltsin, tra i fondatori del movimento Solidarnost’, che ha mercanteggiato con le autorità un maggior numero di manifestanti in cambio di un posto decisamente meno felice. Ossia proprio piazza Bolotnaya. Anche a San Pietroburgo il permesso è stato accordato con un cambio di sito. Non più Piazza Vosstanja, ma la meno centrale Piazza dei Pionieri. Ed è evidente che le autorità nelle due grandi città stanno cercando di smorzare i toni e non calcare sulle tensioni, pur lasciando intendere di essere preparate al peggio. Soprattutto oggi, dopo che la Commissione centrale elettorale ha ufficializzato la vittoria del partito di Putin, Russia Unita, alle legislative.
Dalle manifestazioni di oggi si tengono fuori le altre forze politiche che pure come il Pcfr, avevano denunciato brogli nei risultati elettorali. Il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) ha raddoppiato i propri voti (circa il 20%), ottenendo 92 seggi e si conferma seconda forza politica del Paese. Seguono a distanza i nazionalisti di Zirinovskij e i socialdemocratici di Russia Giusta, due formazioni ambigue che sono disponibili a fare da stampella a Putin, in caso di necessità. I cosiddetti liberali di Yabloko e gli altri partiti graditi agli ambienti occidentali non hanno superato il “quorum”.
Due giorni fa Putin aveva accusato apertamente Hillary Clinton e il Dipartimento di Stato americano di fomentare e finanziare le proteste dei gruppi di opposizione rimasti tagliati fuori dal Parlamento. “La prima cosa che ha fatto il segretario di Stato americano è stata affermare che le elezioni non erano state né libere né corrette, e lo ha detto prima ancora di aver ricevuto i documenti degli osservatori dell’Osce. Ha dato il via ad alcuni attivisti all’interno del paese, è lei che ha inviato loro un segnale. E quelli hanno udito il segnale e con il sostegno del Dipartimento di Stato americano hanno cominciato a lavorare attivamente”, ha detto il premier russo.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa