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Monti e Napolitano stringono la mano ai golpisti libici

Stretta di mano questa mattina tra il presidente del consiglio Mario Monti e il leader del consiglio nazionale transitorio libico, Mustafa Abdul Jalil, accolto a Palazzo Chigi dal picchetto d’onore. Dopo l’incontro con Monti, Jalil vedrà il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Cosa fare del Trattato di amicizia siglato da Italia e Libia il 30 agosto 2008? Questo il nodo principale dei colloqui di stamattina. Le premesse, nell’ottica italiana, non sono del tutto incoraggianti. All’inizio della settimana, dopo aver ricevuto a Tripoli l’ambasciatore d’Italia Giuseppe Buccino e il direttore generale per il Medio Oriente Domenico Giorgi, il vice ministro degli Esteri libico – citato dall’agenzia locale Wal – ha detto chiaramente che “su alcuni punti del trattato la Libia ha alcune riserve, che dobbiamo discutere”. Secondo la Farnesina le riserve sarebbero lessicali (il Trattato chiama la Libia Gran Giamahiria, come voleva il Colonnello) e rifletterebbero «normale dialettica democratica» nel governo libico. Ma non è il primo segnale di frenata e la sorte del Trattato sospeso durante la guerra, poco gradito a Parigi e Londra, resta da verificare.

Jalil a Roma vedrà anche Paolo Scaroni, numero uno dell’Eni e Giuseppe Orsi presidente e ad di Finmeccanica. L’Eni ha già ripreso la produzione di 200mila barili, fra petrolio e gas, rispetto ai 280mila dell’era Gheddafi. L’obiettivo è tornare in sei mesi ai livelli precedenti e salire a 300mila barili nel 2013. Il gasdotto Greenstream che arriva a Gela è tornato in funzione da ottobre, ma il problema più grosso rimane la sicurezza. I vecchi contratti tra Eni e Libia sono blindati ma non è un mistero che Francia e Gran Bretagna , dopo aver organizzato l’aggressione militare, intendano scalzare l’Italia dal ruolo di primo partner energetico della Libia. Il nuovo ministro libico del petrolio, Abdulrhman Ben Yezza, è un ex dirigente Eni, ma il nuovo premier, Abdurrahim El Keib viene soprannominato il “gorilla” della British Petroleum inglese e della Total francese.

All’inizio della settimana a Bengasi ci sono state forti manifestazioni di protesta contro Jalil ed i membri del governo transitorio del Cnt, accusati di voler scippare la rivoluzione evidenziando un prevedibile e previsto braccio di ferro fra islamisti e i settori più legati alle potenze europee (guarda il video http://www.youtube.com/watch?v=f17Bx_Ousbo ). “Bengasi svegliati” è stato lo slogan della prima grande manifestazione libica contro il Cnt (Consiglio Nazionale di Transizione libico). Il Cnt, salito al potere con la caduta di Gheddafi, della cui opposizione è stato uno dei principali autori, ora viene accusato di poca trasparenza. Ed è proprio per denunciare la gestione opaca del Consiglio Nazionale che a Bengasi, roccaforte della rivoluzione libica, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza, puntando il dito contro Mustafa Abdel Jalil, attualmente capo del Cnt. Il “comandante del cosiddetto esercito nazionale, Khalifa Hifter, è finito la scorsa settimana in una doppia imboscata prima a Zintan, la sua città e poi sulla strada dell’aeroporto.

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