È salito a sei morti il bilancio delle vittime del violentissimo scontro a fuoco avvenuto oggi nel centro della capitale libica Tripoli, iniziato quando – secondo la tv satellitare ‘al-Arabiya’ – un gruppo di miliziani provenienti dalla città di Misurata si è rifiutato di rispettare un ordine di sgombero da parte del Cnt. I giovani miliziani islamici si sono asserragliati nel vecchio palazzo dei servizi segreti della capitale aprendo il fuoco contro la sicurezza agli ordini del ministero dell’Interno libico. Per stanarli, gli uomini del Cnt hanno sparato contro di loro dalla vicina sede del ministero degli Esteri. Secondo l’emittente di Dubai, analoghi scontri si sono registrati oggi anche in altri quartieri della città dove sono presenti altri gruppi di combattenti di città in cui le milizie rifiutano di disarmare e di smobilitare. Secondo alcune fonti la sanguinosa sparatoria sarebbe scaturita da futili motivi, dopo che un miliziano di Misurata era stato arrestato perchè ubriaco e molesto. All’inizio alcuni media avevano diffuso la notizia che a scatenare lo scontro a fuoco fossero stati alcuni esponenti del ‘vecchio regime’. La stessa interessata interpretazione era stata data sulla sparatoria avvenuta al confine con la Tunisia. Uno scontro a fuoco aveva opposto la scorsa notte una pattuglia della guardia di frontiera tunisina ad un gruppo di armati libici che, a bordo di vetture fuoristrada, tentavano di varcare illegalmente la frontiera. L’episodio, accaduto a El Mrissa (delegazione di Ben Guerdane, nel sud della Tunisia), segue di pochi giorni uno simile, quando alcuni miliziani libici si sono impossessati di un automezzo della guardia di frontiera tunisina dopo aver ferito il capo della pattuglia, mentre tre agenti riuscivano a mettersi in salvo.
La situazione, evidentemente, è assai meno tranquilla e pacificata di quanto i nuovi padroni di Tripoli vogliano lasciar credere. E cominciano a venire alla luce le ingiustizie, gli abusi e i crimini compiuti dai vincitori, come ci segnala la giornalista Marinella Correggia nelle notizie che riportiamo qui di seguito.
Il 3 gennaio l’Ambasciata del nostro paese – il quale ha fortemente contribuito a tutto ciò soprattutto con le sue strategiche basi – avverte gli uomini d’affari di scontri armati intra-vincitori, al centro di Tripoli: “Gentili connazionali, sono attualmente in corso nelle zone centrali della citta’di Tripoli degli scontri a fuoco tra esercito del CNT ed alcune milizie di Zintan e Misurata. Si raccomanda la massima cautela negli spostamenti e si consiglia di limitare i movimenti in centro soltanto a quelli strettamente necessari. Si sara’ grati se la presente informazione verra’ fatta circolare tra i dipendenti delle vostre rispettive societa’”.
In dicembre l’inglese Viv è entrata a Sirte con un gruppo di musulmani residenti nel Regno Unito che portavano ambulanze alla Mezzaluna libica. Ha visto una città “azzerata”. Sono stati in un’area dove la Mezzaluna offre pasti e assistenza a chi è rimasto o tornato. Pochi, comunque, perché la quasi totalità delle case sono quantomeno pericolanti e senz’acqua potabile. L’elettricità è tornata in certe aree da pochi giorni. Sirte era una città prospera. E’ stata ridotta a quello stato “preindustriale” che Bush padre nel 1991 promise all’Iraq. Un addetto umanitario ha detto che le persone sopravvivono grazie ai parenti che hanno la campagna. Vedendo in giro fornelli rudimentali fatti con lamiere, Viv ha chiesto come le persone cuociano i loro cibi. Risposta: legna da ardere raccattata qui e là.
L’attivista e legale statunitense Franklin Lamb (Palestinian Civil Rights) è nuovamente in Libia (visto – ormai difficilissimo da ottenere- ottenuto fortunosamente grazie alle conoscenze doganali di un’agenzia turistica egiziana!) per fare qualcosa sul fronte dei numerosissimi prigionieri senza processo (forse oltre diecimila) e per indagare sui crimini di guerra. Riferisce che ci sono state due manifestazioni di donne appunto contro le detenzioni arbitrarie e contro le numerose sparizioni.
Una imprenditrice presente a Tripolilamenta che malgrado siano stati sbloccati a favore del governo del Cnt i fondi dello stato libico congelati a febbraio (e nonostante siano riprese le esportazioni di petrolio, v. oltre, ndr) i ministri non firmano nulla e negli ospedali le persone muoiono per mancanza di beni essenziali.
A Tripoli, dice Abdulmola, imprenditore attualmente disoccupato, ogni tanto le famiglie di libici neri che gli armati di Misurata hanno cacciato in massa (una deportazione) dalla cittadina di Tawergha protestano perché vorrebbero tornare a casa; da mesi vivono in situazioni provvisorie come gli accampamenti di ex lavoratori cinesi. Ma in un recente reportage di Presstv dalle loro case abbandonate e devastate, un armato di Miusrata parla chiaro: non torneranno mai, questa adesso si chiama ‘Nuova Misurata’; del resto, da premier, a settembre, Mahmoud Jibril ha dato via libera a questa punizione collettiva.
Walid, ingegnere esperto di energia solare, dice sempre da Tripoli che l’unica cosa che fiorisce in Libia sono i partiti: ne nasce uno ogni giorno. Ospita amici di Sirte che hanno avuto la casa distrutta nell’assedio. Dice che tanto gli abitanti di Sirte quanto quelli di Tawergha sono ora dispersi, chi da parenti, chi nel Sud della Libia, chi in campi profughi. Da quel che gli risulta non li aiuta nessuno salvo i vicini e parenti e la Mezzaluna. Comunque Al Jazeera adesso, solo adesso, dice che a Sirte il Cnt ha usato armi indiscriminate. Intanto la gente si chiede come il governo usi i soldi del petrolio, visto che non sta pagando nemmeno le cliniche tunisine che da mesi curano i “ribelli” feriti. Probabilmente fra poco tempo non ci saranno più i soldi per i salari dei dipendenti pubblici.
Alcune donne libiche scappate a Tunisihanno raccontato la loro storia a un gruppo di pacifisti. Riferisce Kamal: una di loro aveva un lavoro di responsabilità rispetto all’organizzazione di congressi e all’accoglienza di ospiti stranieri; è stata licenziata dal nuovo governo per le sue idee politiche. Un’altra ha avuto a Tripoli la sua casa saccheggiata; l’ha poi assegnata a una famiglia di sfollati da Sirte. Dicono che diverse donne libiche scappate in Tunisia denunciano stupri da parte dei “ribelli”. Ma naturalmente a loro non crederà nessuno. Intanto, conclude Kamal, la Tunisia ha deciso di estradare l’ex primo ministro libico Al Baghdadi. E i tunisini sono inerti rispetto alle minace di guerra in Siria (come fu per la Libia) mentre avevano tanto protestato contro la guerra contro l’Iraq nel 2003…Per Kamal, “oppio è stato servito al popolo”.
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