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Iran: dietro gli attentati gli 007 Usa e Israeliani

Iran. Accordo tra intelligence per la guerra segreta. Dietro gli attacchi all’Iran ci sarebbero gli 007 Usa e israeliani

Nel giugno 2010 il virus «Stuxnet» infiltra i controlli Siemens delle centrifughe per l’arricchimento dell’uranio di Natanz, a inizio dicembre una potente esplosione investe una base missilistica delle Guardie della Rivoluzione uccidendo oltre quaranta persone, incluso il capo del progetto di sviluppo balistico generale Hassan Tehrani Moqaddam. Due settimane dopo un’altra esplosione a Isfahan danneggia l’impianto di conversione dell’uranio: si tratta di attacchi che colpiscono i tre elementi-chiave del programma nucleare iraniano, ovvero l’arricchimento dell’uranio, la conversione dell’uranio e la realizzazione di missili in grado di trasportare future armi atomiche.

Da qui lo scenario di un piano di sabotaggio ben coordinato, che richiede disponibilità di ingenti risorse finanziarie e tecnologiche, informazioni precise di intelligence, agenti operativi sul territorio e una gestione altamente sofisticata di tali tasselli. Ad esempio, per eliminare il generale Moqaddam bisognava conoscerne gli spostamenti dentro la base militare così come, per infettare i computer con Stuxnet, una persona si è dovuta avvicinare fisicamente e inserire la chiavetta con il virus, visto che gli impianti di Natanz sono privi di collegamenti al web. Complementare ai sabotaggi contro gli impianti è l’eliminazione degli scienziati impegnati nel programma, perché sono loro che possiedono il «know-how»: ne sono già stati uccisi almeno quattro, da Massoud Ali Mohammadi, assassinato il 12 gennaio 2010, a Mostafa Ahmadi Roshan eliminato ieri con una microbomba attaccata con una calamita alla portiera della sua auto da un motociclista in una molto trafficata vi—a di Teheran.

Le autorità iraniane imputano da tempo tali attacchi ai servizi segreti di Israele, Stati Uniti e Gran Bretagna e l’ipotesi di una inedita forma di coordinamento fra 007 di più nazioni è stata avvalorata anche dall’inchiesta svolta dal «New York Times» su Stuxnet, sulle base del fatto che un virus di tale sofisticazione e potenza richiede alle spalle capacità scientifiche che riconducono a Stati Uniti e Israele. D’altra parte pochi giorni fa Meir Dagan, ex capo del Mossad nonché tenace sostenitore delle operazioni segrete, ha risposto con un sorriso di assenso quando gli è stato chiesto se era stato «Dio» a mettere a segno i sabotaggi contro il programma iraniano. E Gary Samore, assistente del presidente Obama contro lo sviluppo delle armi di distruzione di massa, nel maggio scorso si è detto «lieto di sapere che gli iraniani hanno problemi con le centrifughe» a causa di Stuxnet, spingendosi fino ad affermare che «con gli alleati stiamo facendo di tutto per rendergli il lavoro ancor più complicato».

Samore era a fianco di Obama al G20 di Pittsburgh nel settembre 2009 quando, assieme a Gordon Brown e Nicolas Sarkozy, annunciò la scoperta dell’impianto segreto di Fordow, nei pressi di Qom, lasciando chiaramente intendere che gli 007 dei tre alleati erano stati coinvolti nell’operazione.

Fonti diplomatiche del Golfo assicurano che il recente assalto all’ambasciata britannica è nato dalla volontà dei Guardiani della Rivoluzione – che proteggono il programma nucleare – di vendicarsi contro uno dei Paesi presunti mandanti dei sabotaggi. Trattandosi di una guerra segreta, descriverne le caratteristiche è proibitivo ma l’impressione è di trovarsi di fronte a una joint venture fra alta tecnologia e 007 vecchia maniera. È infatti noto che Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia dispongono assieme della più sofisticata rete di sorveglianza satellitare ed elettronica del Pianeta mentre la caccia agli scienziati iraniani ricorda da vicino l’operazione «Rabbia di Dio», lanciata dallo Stato ebraico dopo la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadidi Monaco del 1972 per eliminare tutti i componenti del commando terroristico palestinese che ne erano stati responsabili. L’uso delle moto per dileguarsi nel traffico e di piccoli esplosivi – sotto il letto di una camera d’hotel o un’auto – per limitare al massimo i danni collaterali sin da allora diventò una firma del Mossad, che ora sembra ricomparire a Teheran.

La Stampa del 12 gennaio 2012 

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