Negli ultimi giorni le dichiarazioni bellicose si susseguono con una impressionante velocità, e a tenere banco sono le ‘preoccupazioni’ espresse dall’amministrazione Obama sul fatto che Israele punti ad un attacco militare contro Teheran già nelle prossime settimane. Un attacco descritto come legittima risposta israeliana contro la minaccia nucleare iraniana, naturalmente. Ma comunque unilaterale e quindi non in linea con una strategia più complessa e dilatoria che Washington starebbe difendendo soprattutto perché una aggressione ‘precoce’ all’Iran potrebbe scatenare sommosse o reazioni armate anche in altri paesi dell’area: Hezbollah e non solo in Libano, ma anche le minoranze sciite in vari paesi arabi governati dalle petromonarchie di osservanza sunnita e alleate degli USA difficilmente rimarrebbero inerti.
La cosiddette preoccupazioni di Obama e del suo entourage sarebbero alimentate dalle durissime dichiarazioni degli esponenti del governo israeliano, come quella del ministro della Difesa Ehud Barak che ha detto che bisogna fermare l’Iran prima che si troppo tardi, anche a costo di operare un «raid chirurgico». Parole che avrebbero convinto il segretario alla Difesa Usa, Leon Panetta, del fatto che ritiene vi siano «forti probabilità» che Israele attacchi l’Iran tra aprile e giugno. Secondo molti analisti gli emissari di Washington starebbero cercando di convincere gli omologhi israeliani a portare pazienza, e a puntare sulle sanzioni e sull’embargo alle importazioni di petrolio iraniano che dovrebbe presto vedere l’adesione da parte dell’UE. Oltre che, naturalmente, sulla guerra non dichiarata fatta da gruppi terroristici iraniani e commandos di intelligence stranieri che stanno prendendo di mira scienziati, tecnici, installazioni missilistiche e militari di Teheran. Questo non vuol dire che a Washington si escluda la guerra: pochi giorni fa lo stesso Panetta parlò della necessità per gli Usa di dotarsi di megaordigni in grado di distruggere i bunker e le installazioni nucleari e militari che Teheran ha realizzato in questi anni nel sottosuolo.
Ma gli israeliani continuano a mostrare l’intenzione di poter e voler agire in modo unilaterale e rapido in assenza di “svolte importanti nei prossimi mesi”. Secondo la propaganda israeliana – e statunitense -la Repubblica Islamica potrebbe realizzare entro l’anno armi nucleari disponendo ormai di «uranio arricchito al 20% sufficiente alla produzione di quattro bombe». Una circostanza smentita più volte solo pochi giorni fa e più volte dagli ispettori dell’Aiea.
Per alcuni l’impazienza e le dichiarazioni bellicose di Tel Aviv mirano a rendere più credibile l’opzione militare per rafforzare in realtà sanzioni e isolamento. Ma secondo altri le manovre di Teheran per aggirare l’embargo – con Cina, Russia e Turchia – starebbero rendendo l’opzione dei raid militari sempre più indispensabile.
«Il folle chiacchiericcio sull’Iran deve cessare» ha tuonato ieri il premier Benyamin Netanyahu ai ministri del suo governo. Evidentemente qualcuno sta esagerando con le dichiarazioni belliciste. Ma nelle ultime ore Israele ha alzato il livello di allerta in ambasciate e consolati nel timore di possibili attacchi terroristici. Forse la minaccia nucleare iraniana non basta a giustificare nell’opinione pubblica interna e internazionale un intervento militare diretto contro Teheran, e serve un casus belli più concreto… L’attacco di ‘terroristi iraniani’ contro un’ambasciata di Tel Aviv o una sinagoga potrebbe servire allo scopo.
Da parte sua Teheran risponde per le rime al linguaggio di guerra israeliano e le massime autorità politiche e militari di Teheran minacciano di scatenare l’inferno in una escalation di dichiarazioni e preparativi bellici che potrebbe sfuggire di mano ai due contendenti. Intanto le forze di terra dell’esercito iraniano hanno iniziato esercitazioni in grande stile nel sud del grande paese.
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