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Grecia. L’assalto finale dei lupi

Ultime notizie (ore 7.50).

L’Europa non crede più alla Grecia e rimanda la decisione sui nuovi aiuti almeno fino a mercoledì: arriva male e tardi la notizia dell’intesa fatta ad Atene tra governo e partiti sulle riforme chieste dalla troika Ue-Bce-Fmi, troppo a ridosso dell’Eurogruppo che dovrebbe dare nuovo ossigeno ad Atene, e che invece decide di rimandare a una prossima riunione convocata per mercoledì. Sempre che nel frattempo il Parlamento di Atene dia prova di impegno approvando domenica l’intesa trovata dai partiti.

«Domenica il voto è decisivo, affrontiamo la scelta finale se restare nell’euro oppure no», ha detto il ministro dell’Economia greco Evangelos Venizelos. «L’Eurogruppo non ha gli elementi necessari per sbloccare gli aiuti alla Grecia oggi», ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker al termine della riunione che ha posto nuove condizioni ad Atene per ottenere gli aiuti da 130 miliardi di euro previsti dal secondo piano salva-Grecia. I ministri dell’Eurozona vogliono tre cose: impegni politici seri, il voto del parlamento sull’accordo partiti-governo e un’indicazione su come fare nuovi tagli per 325 milioni di euro, ovvero quelli che la troika voleva ottenere intervenendo sulle pensioni e che invece i partiti hanno bloccato.

È chiaro che l’Europa non si fida più dei greci, e ora chiede impegni scritti anche per i governi che verranno dopo le elezioni di aprile: «Se non avessi convocato un Eurogruppo oggi non avremmo avuto nemmeno l’accordo preliminare ad Atene, è stata una mossa strategica», ha detto Juncker, convinto che stando con il fiato sul collo dei greci, il parlamento voterà in fretta l’accordo e la prossima settimana si potranno sbloccare anche gli aiuti. Perchè, spiega il commissario agli Affari economici Olli Rehn, l’accordo con i creditori privati, altra questione in sospeso da cui dipendono gli aiuti, «è praticamente pronto, e se il parlamento approva l’intesa siamo in tempo» per partire con l’operazione di ‘swap’ o sostituzione dei bond che alleggerirà di 100 miliardi il debito ellenico. E che deve essere pronta per il 20 marzo, quando andranno in scadenza 14,5 miliardi di titoli che Atene non sa come rimborsare. L’Eurogruppo, tanto per ribadire la scarsa fiducia nei greci, annuncia anche di voler «rafforzare la sorveglianza Ue ad Atene», e apre anche alla proposta franco-tedesca di un fondo bloccato per mettere in sicurezza gli interessi sui bond greci, per garantire ai creditori che la Grecia sarà solvibile.

Intanto in Grecia, dopo i primi dettagli sulla nuova austerità, i sindacati hanno proclamato 48 ore di sciopero e il viceministro del Lavoro, il socialista Yannis Koutsoukos, si è dimesso per non dover annunciare il nuovo pacchetto «doloroso per i lavoratori». Tra le misure già annunciate, 15.000 tagli nel settore pubblico nel 2012 (150.000 sul periodo 2011-2015), tagli del 22% ai salari minimi (diventerà 586 euro per 14 mensilità e potrebbe essere ancora più basso per i giovani), privatizzazioni di sei società tra cui porti, aeroporti, autostrade.


«L’approccio punitivo e ideologico della troika al problema della sovranità greca è un grave tradimento del modello sociale europeo e della solidarietà che è un principio fondante dell’Unione», che ha portato la Grecia a una «recessione ancora più profonda», scrive in una lettera a Josè Manuel Barroso il capogruppo dei socialisti-democratici europei (S&D), l’austriaco Hannes Swoboda. Nella missiva al presidente della Commissione europea il capogruppo S&D afferma che «sono state le rovinose politiche di austerità estrema imposte alla Grecia». Inoltre, osserva che i rappresentanti della Commissione Ue in Grecia «si sono orientati sulla base di infondate asserzioni secondo cui la Grecia non ha fatto sufficienti sforzi per ripristinare la stabilità di bilancio, imponendo condizioni che hanno più a che fare con l’ideologia che con l’economia». L’europarlamentare austriaco ha poi espresso soddisfazione per la decisione della Conferenza dei presidenti del parlamento europeo di convocare, su richiesta del gruppo S&D, la troika davanti alla Commissione Econ «a dare spiegazioni e a giustificare il loro atteggiamento». «Il prossimo passo – ha aggiunto Swoboda – sarà quello di chiamare lo stesso presidente Barroso e il commissario Olli Rehn a spiegare la situazione davanti alla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici dell’Aula di Strasburgo.».

Spezzare le reni alla Grecia
Anna Maria Merlo PARIGI

L’Unione europea, Germania in testa, rinvia il sì agli aiuti, nonostante Papademos pieghi la testa e Draghi annunci l’accordo con la troika «È troppo presto» per la Finlandia, «non ci sono ancora risultati» per la Germania. È braccio di ferro

PARIGI
La Grecia non convince l’Eurogruppo e soprattutto i paesi che hanno il coltello dalla parte del manico, cioè quelli che hanno conservato il rating AAA, sempre più esasperati dalle esitazioni e dai continui rinvii di Atene per accettare il piano. «E’ troppo presto» per la Finlandia. Secondo la Germania, «non ci sono ancora risultati» e per il il Lussemburgo, non siamo ancora «all’accordo finale». L’Eurogruppo, ha detto il presidente Jean-Claude Juncker, è al massimo disposto a dare l’approvazione dell’accordo raggiunto ad Atene tra i partiti al governo. Poi si aspetta di vederci più chiaro, prima di dare il via libera al secondo piano di aiuti di 130 miliardi di euro.
Germania, Olanda, Finlandia e Lussemburgo si sono riuniti a Berlino qualche giorno fa e hanno studiato un piano di azione: o Atene si piega definitivamente o «non muore nessuno» se la Grecia esce dall’euro e fa fallimento (tanto le banche europee si sono coperte le spalle sul debito greco).
Ieri, il ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha ripetuto: «Il tempo stringe per trovare una soluzione, l’avvenire della Grecia nella zona euro e in Europa dipende solo dalla Grecia». L’Fmi ha chiesto ad Atene assicurazioni per un aumento delle entrate fiscali di 13 miliardi entro il 2015 e Christine Lagarde ha detto ieri che «molte cose sono ancora da fare». Il fronte del rigore paragona Portogallo e Irlanda, gli altri due paesi sotto tutela, a tutto svantaggio della Grecia, perché non applica con la dovuta rapidità i piani imposti.
Eppure, l’annuncio di un accordo sul piano di rigore greco è venuto ieri da presidente della Bce Mario Draghi, a Francoforte: «Qualche minuto fa – ha detto il presidente della Bce a metà pomeriggio – ho ricevuto una chiamata del primo ministro greco che mi ha detto che un accordo era stato raggiunto e approvato dai grandi partiti».
Poco dopo, è arrivato il comunicato del primo ministro Lucas Papademos, che parlava di «ampio consenso sui contenuti del nuovo programma in vista della riunione dell’Eurogruppo»; dove, per altro, ha partecipato Evangelos Venizelos, il ministro delle finanze.
In cambio del nuovo piano di austerità, la Grecia potrebbe beneficiare del secondo piano di aiuti di 130 miliardi di euro (dopo i 110 del maggio 2010), che gli permetteranno di rimborsare i 14,5 miliardi di euro che arrivano a scadenza il 20 marzo e di evitare così il default. Dopo l’accordo con la «troika» (Fmi, Ue e Bce) seguirà l’intesa con le banche private, già di fatto conclusa a fine gennaio, che porterà a un hair cut di 100 miliardi su un debito di 350.
E’ allo studio anche un’eventuale partecipazione della Banca centrale europea, a cui le banche private chiedono di accettare una svalutazione del debito greco che la banca centrale ha accumulato.
Ma questo scenario ieri era ancora molto in bilico, nonostante l’annuncio dell’accordo da parte di Draghi e poi la smentita. Due mondi si fronteggiano. Da un lato il fronte del rigore, dall’altro Atene. In Grecia, il nuovo giro di vite non passa. La «troika» chiede riduzione del 22% del salario minimo, che sarà portato a 586 euro (su 14 mesi), un calo del costo del lavoro di almeno il 15%, la soppressione di 15mila posti nel settore pubblico quest’anno e tagli alle pensioni. Il tutto per arrivare a un’economia di 3,3 miliardi di euro quest’anno nel bilancio pubblico.
Il governo greci non ha nascosto che, al di là dell’accordo generale, restano dei «dettagli» da chiarire. «Vedremo come minimizzare le diminuzioni delle pensioni», ha affermato ieri sera un rappresentante del governo. In Grecia c’è ormai un milione di disoccupati su 11 milioni, il 20,9% della popolazione attiva è disoccupata, sono senza lavoro il 48% dei giovani e il 24,5% delle donne. Degli economisti prevedono un calo del pil tra il 4 e il 5% quest’anno, mentre il governo ha basato la finanziaria su meno 2,8%. L’agenzia di rating Standard&Poor’s valuta che non basterà una svalutazione del 70% del debito greco, per reggere.
All’Europarlamento, il gruppo socialdemocratico protesta. Per Hannes Sowoboda, capogruppo, la «troika» fa prova di «un approccio ideologico e punitivo» e, dopo aver espresso «grave preoccupazione» per quello che sta succedendo sul fronte greco, chiede una riunione urgente della commissione Affari economici.

da “il manifesto”

La reazione popolare con uno sciopero generale di due giorni.

L’austerità governa sovrana Ma è già sciopero generale
Michelangelo Cocco ATENE

Pesanti contrasti tra i partiti della maggioranza, il testo dell’accordo manca di alcune pagine. Protesta l’opposizione
A poco più di un anno e mezzo dal primo prestito-salasso concessogli dalla Troika, i greci si preparano a stringere ulteriormente la cinghia. Dopo una discussione notturna durata oltre sette ore e nonostante le proteste di sindacati e sinistre, il premier Lucas Papademos ieri pomeriggio è riuscito a mettere d’accordo i partiti (Pasok-Nuova democrazia-Laos) della sua maggioranza, dando l’ok a quasi tutte le misure che Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione europea hanno preteso in cambio del nuovo prestito (almeno 130 miliardi di euro) per evitare la bancarotta quando, il prossimo 20 marzo, lo Stato dovrà rifinanziare il suo debito.
I sindacati, protagonisti da due anni a questa parte di una ventina di scioperi generali ignorati dal governo, hanno convocato per oggi un nuovo sciopero generale, di 48 ore. Assieme alle organizzazioni dei lavoratori, ai comunisti del Kke e alla coalizione di sinistra Syriza sono attese ad Atene decine di migliaia di persone per l’ennesimo, eroico tentativo di fermare la corsa verso il fondo alla quale la Troika ha condannato il popolo greco.
Il via libera di Atene ai tagli e alla riduzione del costo del lavoro non è giunto completo e incondizionato, tanto che in serata, quando Evangelos Venizelos si è presentato al vertice dei ministri delle finanze europei a Bruxelles, il collega tedesco Wolfgang Schaeuble ha protestato: il testo «non può ancora essere sottoscritto». Il lussemburghese Juncker – a capo del cosiddetto eurogruppo – ha confermato: «Non ho motivo di credere che un accordo possa essere raggiunto stasera». Senza intesa tra Troika ed esecutivo ellenico, resta aperta la possibilità che il Paese dichiari default, il primo di un paese sviluppato dopo quello della Germania nel 1948.
I partiti greci si sarebbero rifiutati di avallare ulteriori tagli alle pensioni. Inoltre nelle copie del testo approvato dall’esecutivo e distribuite alla stampa greca mancano le pagine 20, 24 e 27, un segnale che la strada verso un compromesso finale tra Atene e i suoi creditori internazionali sarebbe ancora in salita.
Per effetto delle misure promosse negli ultimi mesi dalla Troika, la disoccupazione ha raggiunto il 20,9 per cento e la recessione (al quinto anno consecutivo) si fa più profonda. I provvedimenti appena approvati prevedono il taglio del 22 per cento dei salari minimi, fino a 150.000 licenziamenti nel settore pubblico entro il 2015 e la fine, di fatto, dei contratti collettivi. Il tutto risulterà nella più grande svalutazione del potere d’acquisto dei lavoratori greci mai realizzata in periodo di pace.
È la dimostrazione finora più evidente che i leader attualmente al potere in Europa (dall’ex numero due della Banca centrale europea Papademos, all’ex commissario Ue Monti, passando per l’ex capo di Lehman Brothers in Spagna e attuale ministro delle finanze iberico de Guindos) sono pronti a varare le misure più impopolari pur di non far pagare la crisi alle banche e alla borghesia.
Gli istituti di credito ellenici potranno accedere all’iniezione di liquidità a tassi stracciati appena promossa dalla Banca centrale europea, grazie alla quale continueranno ad acquistare titoli di Stato (guadagnando sulla differenza tra il tasso a cui hanno ottenuto il denaro e gli interessi sui bond). Il popolo greco sarà costretto a pagare il debito con le manovre di “austerità”, che potrebbero non fermarsi al secondo Memorandum approvato ieri.
L’accordo nel governo di unità nazionale è stato difficile, tanto da aver causato le dimissioni del vice ministro del lavoro Yiannis Koutsoukous, deputato del Pasok ed ex sindacalista della centrale Adedy che rappresenta i dipendenti statali. E non sarà indolore, se sono attendibili i sondaggi che, in vista delle elezioni parlamentari (che dovrebbero tenersi nell’aprile prossima) danno quasi al 40 per cento i voti che complessivamente raccoglierebbero le formazioni della frammentatissima sinistra greca (Kke, Syriza e Sinistra democratica) che si sono opposte dal primo momento alla macelleria sociale, e prevedono un crollo del Pasok, il partito socialista protagonista della vita del Paese dopo la fine, nel 1974, della dittatura dei Colonnelli, che ha scelto di diventare l’alfiere di una “austerità” che colpisce in pieno la sua stessa base sociale.
da “il manifesto”

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1 Commento


  • Un greco

    Sarebbe un passo positivo verso un’informazione utile riguardo agli avvenimenti in Grecia NON usare la terminologia ben scelta dei nemici del popolo greco. Per primo, bisognerebbe non chiamare “aiuti” il mutuo della Troica allo stato greco, la grande parte del quale sara’ indirizzato al pagamento degli interessi dei mutui precedenti. Comunque, chi vuole formare un’opinione propria sugli accordi puo’ ottenere il documento in inglese da questo sito: http://www.tovima.gr/files/1/2012/02/10/mnhmonioagglika.pdf .
    E’ interessante notare che in un documento di 45 pagine in cui si vuole parlare di tutto e sopratutto di “modernizzazione”, cinque pagine vengono dedicate ai tagli nel sistema sanitario. Questi sono gli “aiuti”!

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