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Berlino ad Atene: ‘se comprate le nostre armi avrete aiuti’

Hanno spiegato al popolo greco che non si può più permettere il ‘lusso’ di guadagnare uno stipendio che gli permetta di vivere. E che in molti casi lo stato non può permettersi di garantire pensioni e stipendi, sanità e istruzione. “I greci hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità’. E quindi ora devono sopportare la miseria, bisogna ripianare il debito ‘pubblico’. Ma di tagliare la spesa militare non se ne parla. Anzi. Le armi la Greciale deve comprare, e comprare da Francia e Germania. Vari miliardi di euro di spesa, la maggior parte dei 7 miliardi di spese militari che il piccolo paese ha messo in cantiere nel 2012. Una enormità.  Settimane fa il settimanale tedesco Die Zeit spiegava con orgoglio che i rifornimenti di armamenti alla Grecia sono tutti di provenienza tedesca. Con circa 130mila effettivi nel suo esercito, Atene spende per la Difesail 3% del suo Pil in caduta libera da anni a causa della recessione in cui è stata precipitata dai ‘salvataggi’ europei. All’interno della Nato soltanto gli Stati Uniti spendono di più. Nei giorni scorsi alcuni quotidiani o siti italiani avevano parlato delle pressioni franco-tedesche su Atene: se comprate le nostre armi avrete gli ‘aiuti’. Ieri a fare il punto è stato un articolo del Corriere della Sera, che però tenta di descrivere un Papademos succube della Merkel in contrapposizione ad un socialista Papandreou indipendente e coscienzioso. Non è andata esattamente così, ma il pezzo del Corriere ha avuto il merito di rendere pubblico lo scandalo al grande pubblico italiano. Nel 2012 la spesa militare ellenica ammonterà a 7 miliardi di euro.

Fregate, sottomarini e caccia… (Marco Nese, Corriere della Sera del 13/02/2012)

I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a comprare armi. Quest’anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura dei turchi? No, è l’ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra.
Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e poi pretende di favorire l’industria bellica della Germania.
Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo – ha calcolato una rivista specializzata – i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca.
Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli consegnare. Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini non reggono il mare. Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un’intervista allo Herald Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia non servono né ad Atene né ad Ankara».
Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha potuto dire di no a tutto. L’estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro, arricchendo l’industria tedesca a spese dei poveri greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.
Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L’Italia è ferma a meno dello 0,9 per cento del Pil.
Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l’acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.
I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.

Quello delle pressioni di Germania e Francia per vendere armi alla Grecia in cambio di aiuti è uno “scenario verosimile” ha commentato l’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana, il generale Leonardo Tricarico, in un’intervista a Radio 24. “Questo scenario è verosimile, nel mondo del procurement militare oggi più di ieri stanno prevalendo valutazioni di carattere politico più che la bontà del prodotto vero e proprio”, ha commentato Tricarico che ha definito abnormi e non giustificate le spese militari sostenute da Atene. Ingiustificate per Atene, ma non per Berlino, che negli ultimi anni ha rifilato all’esercito greco una enorme quantità di armi dismesse dalla Bundeswehr, armi di seconda mano. Gli arsenali greci sono stati riforniti di 170 panzer Leopard (valore 1,7 miliardi) e 223 cannoni semoventi corazzati. Per non parlare di quattro sommergibili del valore di quasi 3 miliardi di euro.

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1 Commento


  • zorba

    ultimamente sono usciti documenti e dibattiti riguardo alla guerra civile spagnola.
    esistono similitudini ora in grecia come qualcuno ha scritto, ma con tempi e modernità diverse.
    sarà più facile viaggiare? chissà.
    ma è un dato di fatto che il nemico ha più armi non convenzionali da usare nel caso (in agguato già sono pronti caschi blu, nato e russia).
    il nostro obiettivo?
    una comune internazionale? un’alternativa al ruolo suicida di questo sistema?
    una guerra civile che divamperà in globale?
    un reset del sistema bancario e ritorno alla ruralità da villaggio ed economia sociale, equa e contadina?

    troppe domande ancora per poi ottenere poche risposte.
    la violenza, senza andrà oltre, porterà a morti e soffferenze, a torture e stupri, a tentativi di cancellare il passato.

    sono dell’idea che la storia dovrebbe insegnarci a cambiare metodi e strategia di conflitto.
    rivedere il golpe cileno o spagnolo o l’ascesa nazista o l’avvento staliniano.
    usare la rabbia della massa per cambiare un mondo che la stessa non vuole, è contro-producente.

    sarei contento per un dibattito costruttivo.
    la nostra vicinanza non è scontata nel poter aiutare i greci o partecipare alle attività di rivolta o ricostruzione, potrebbero chiudere confini, aeroporti, barriere stradali e porti, e le “carovane di aiuti” diventerebbero invane e contrastate come la palestina insegna.

    http://www.youtube.com/watch?v=ONvGhr5XUWc

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