Al termine del conteggio dei quasi 3 milioni di voti espressi, Henrique Capriles Radonski ha vinto col 63%, pari a un milione 806 mila voti. Trentanovenne, di famiglia ricca ed imprenditoriale, proprietaria di catene di cinema, Henrique Capriles Radonski, ex vicepresidente del Congresso, ex sindaco di Baruta, è governatore dello stato di Miranda, confinante con la capitale Caracas, il secondo più popoloso del Venezuela.
Sarà quindi lui a sfidare il presidente Hugo Chavez alle elezioni presidenziali del 7 ottobre, per cercare di impedirgli il quarto mandato a Palacio Miraflores.
“Oggi ha vinto il futuro del Venezuela”, ha gridato dal palco Henrique Capriles Radonski subito dopo l’ufficializzazione della vittoria alle primarie, in un discorso teso a ricostruire l’unità del paese, senza mai nominare il presidente Hugo Chavez. Ed è questa la sua tecnica oratoria. Parlare del Venezuela, cercando per quanto possibile di non nominare l’attuale presidente,
Secondo Jesse Chacón, il presidente dell’agenzia di sondaggi GIS – Grupo de Investigación Social XXI, la campagna elettorale di Capriles Radonski “si manterrà a livello simbolico: il progresso, la pace, la sicurezza, perché qualunque discesa per discutere i programmi, discutere i concetti, la politica e l’ideologia, lo metterà di fronte all’uomo più importante della politica venezuelana. In questo campo non batterà Chavez.”
Su questo aspetto dell’assenza di proposte concrete o definizioni ideologiche, concorda anche Oscar Schemel, presidente dell’altra agenzia di sondaggi Hinterlaces, secondo il quale la mancanza di discorso dello sfidante della destra ha conseguenze palpabili: “Capriles è un giardino senza fiori che non riesce a mettersi in contatto con la maggioranza” infatti “benché il 46% dei venezuelani pensi che l’opposizione abbia buone idee per i poveri, solo il 25% si identifica con i suoi ideali […] mentre più del 60% ha un riconoscimento di gestione molto alto per il presidente Hugo Chávez.”
In un recente articolo pubblicato su Tribuna Popular, organo del Comitato Centrale del Partito Comunista Venezuelano, Rafael Enciso economista investigatore individua in Capriles Radonski il candidato della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – cioè degli strumenti dell’imperialismo – alle elezioni presidenziali in Venezuela e fa un’approfondita analisi economica degli antecedenti delle politiche che questi organismi chiedono di eseguire al candidato.
Le politiche neoliberali del FMI, imposte con maggior forza a partire dal cosiddetto “Consenso” di Washington nel 1994 dopo la fine dell’Unione Sovietica e del campo socialista dell’Europa dell’Est, hanno intensificato il saccheggio delle risorse naturali e lo sfruttamento dei lavoratori dei paesi sottosviluppati per garantire un super-profitto ai monopoli.
Come in Europa la BCE, così in America Latina le politiche del FMI, sono mascherate come aiuto finanziario ai governi dei paesi in crisi, crisi che sono frequentemente causate dal pagamento del debito estero, dalla corruzione amministrativa delle oligarchie governanti e dalle decisioni miranti a soddisfare le necessità di guadagno dei paesi centrali a detrimento delle economie nazionali con sempre maggior impoverimento delle classi subalterne.
Come in Europa, questi “aiuti” sono prestiti concessi con interessi elevatissimi quasi impagabili (vedi Grecia) e che soprattutto condizionano le politiche economiche e sociali dei paesi debitori, diminuendo così la sovranità nazionale per creare le condizioni politiche ed economiche favorevoli a liquidare gli Stati Nazione.
Queste politiche si concretizzano nelle seguenti misure:
Riduzione della spesa sociale, a discapito delle politiche di sostegno alle necessità della popolazione, per cui i più poveri sono quelli più colpiti in maniera drastica.
Libero commercio e predominio totale del mercato (controllato dai monopoli) come regolatore della società. Rincaro di tutti i prodotti e diminuzione del poter acquisto della popolazione.
Nel caso del costo dei crediti bancari, gli elevatissimi tassi di interesse diventano impagabili, così i crediti diventano una speculazione legalizzata che porta all’espropriazione di case, terre, aziende, tutte ipotecate come garanzia di pagamento.
L’imposizione delle così dette aperture economiche e Trattati di Libero Commercio (TLC) ha significato la liquidazione delle politiche protezionistiche dell’agricoltura, dell’industria e del lavoro dei paesi sottosviluppati. Questo, a sua volta, ha significato che con la riduzione o l’abolizione dei dazi per l’importazione dei prodotti dai paesi industrializzati, si distrugge l’agricoltura e l’industria dei paesi dipendenti che non sono in grado di competere in prezzo e qualità.
Si arriva così alla de-nazionalizzazione delle imprese che diventano di proprietà maggioritaria dei monopoli. Tutto ciò produce una disoccupazione crescente, mentre i paesi esportatori creano nuova occupazione, come la Germania in Europa.
Subordinazione delle Costituzioni e Leggi dei paesi vittima ai dettami di organismi sovranazionali, con progressiva distruzione degli Stati-Nazione.
Privatizzazione delle imprese pubbliche e di molti servizi di Stato dai trasporti, all’istruzione e alla sanità: quello che era un patrimonio del popolo, forgiato durante secoli di civiltà, è ora oggetto di appropriazione da parte dei monopoli imperialisti. E come se non bastasse ne consegue un rincaro di tutti i servizi, con ulteriore impoverimento delle classi lavoratrici.
Libero investimento straniero favorito dalla soppressione di ogni tipo di controllo e restrizione da parte dello Stato.
Riduzione dei salari reali e de-regolazione dei rapporti di lavoro. Cioè, strappare la stabilità e i diritti dei lavoratori, conquistati con grandi lotte durante il secolo XX, per ridurre gli stipendi e a beneficio del capitale imperialista.
Un altro metodo adottato dall’imperialismo tramite il FMI e la Banca Centrale per garantirsi l’applicazione delle sue politiche nel mondo, è la nomina di ex-presidenti ed ex ministri del Fisco, Finanze o Economia ad alte cariche di cosiddetti organismi multilaterali, come parte del pagamento della tangente per aver rinunciato alla sovranità nazionale e al patrimonio dei popoli a favore dei monopoli imperialisti.
Prosegue nel suo articolo l’economista Rafael Enciso “Tutta questa è la vera essenza delle politiche pubbliche che l’oligarchia venezuelana ed i monopoli imperialisti, rappresentati dalla candidatura di Capriles Radonsky, applicherebbero in Venezuela nel negato caso che vincessero le elezioni presidenziali del prossimo 7 di ottobre. Il valoroso popolo del Venezuela, sotto la conduzione del suo Comandante Presidente Hugo Chávez, saprà ostacolarlo, per assicurare la continuità della rivoluzione bolivariana ed il suo approfondimento in direzione socialista.
Affinché le politiche pubbliche, concepite ed eseguite con visione bolivariana che hanno permesso – anche se con alcuni errori e deformazioni che è necessario superare-, di recuperare per lo sviluppo nazionale le risorse naturali e in primo luogo il petrolio e il gas; e le Missioni Sociali in salute, alimentazione, educazione, abitazione, produzione agricola ed industriale benefichino sempre più il popolo venezuelano e propizino il suo sviluppo integrale e la sua felicità; affinché si fortifichino la capacità produttiva, l’indipendenza e la sovranità del Venezuela.
E affinché i paesi dell’America Latina e del Caribe proseguano ogni giorno di più nella loro integrazione, su basi di eguaglianza, equità, complementarità e solidarietà.”
Fonti:
1) http://alexgiaco.blogspot.com/2012/02/elezioni-venezuela-henrique-capriles.html
2) http://www.tribuna-popular.org/index.php?option=com_content&;view=article&id=1061:video-qcapriles-es-un-jardin-sin-flores-que-no-logra-conectarse-con-las-mayoriasq-segun-oscar-schemel-de-hinterlaces-&catid=63:mision-7-octubre&Itemid=66
3) http://www.tribuna-popular.org/index.php?option=com_content&;view=article&id=1046:las-politicas-imperialistas-del-fondo-monetario-internacional-y-la-candidatura-de-capriles-radonski&catid=63:mision-7-octubre&Itemid=66
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