Domani, il Ministero di Giustizia (Moj), nome quanto mai improprio, risponderà sul suo documento preparatorio che prevede il pagamento di tasse per i tribunali del lavoro. I due fatti non sono estranei.
Una rapida occhiata allo stato dei diritti del lavoro e le libertà sindacali in Inghilterra evidenzia la misura in cui l’accesso alla giustizia è negato sistematicamente ai lavoratori. La cronologia delle politiche e delle proposte Con-Dem [ conservatori-democratici, ndt] parla da sé.
Tagli al sistema del patrocinio per 350 milioni di sterline. Dilatazione del periodo di attesa per licenziamenti senza giusta causa da uno a due anni. Nuove minacce al diritto di sciopero. Ulteriori restrizioni sulle procedure di votazione [delle rappresentanze sindacali]. Proposte per cancellare i permessi sindacali dei delegati. Esenzione per le piccole imprese dalla “regolamentazione sui licenziamenti”. Ed ora la proposta di gravare i lavoratori delle spese per l’utilizzo dei tribunali.
I lavoratori sono estromessi dal sistema di giustizia e gli è negata una voce collettiva sul lavoro: proprio nel momento in cui avrebbero maggior bisogno di protezione.
Quelli che sono al potere, quale risposta si aspettano esattamente dai lavoratori e dai loro sindacati alle loro misure di austerità che divorano posti di lavoro ed erodono pensioni, standard di vita e diritti sul posto di lavoro?
Cosa consiglierebbero di fare i media a McCluskey, per dimostrare che non tutto è rose e fiori nel giardino inglese?
Sventolare la bandiera alle Olimpiadi non pagherà l’affitto. Né invertirà la corsa delle politiche economiche che rendono vulnerabili i salari per l’arroganza dei ricchi e le malefatte dei banchieri. Il lavoro di McCluskey è quello di curare gli interessi degli iscritti, conducenti di autobus o infermieri che siano.
Il duro lavoro delle famiglie dei lavoratori non ha scavato questo buco finanziario e i dirigenti sindacali cercano semplicemente di garantire che i lavoratori non siano costretti a cavare dai guai i banchieri. Fare pagare ai lavoratori il diritto di chiamare in giudizio il loro datore di lavoro è solo un aspetto di un attacco più ampio all’accesso alla giustizia.
Altre proposte in cantiere prevedono: la conciliazione obbligatoria prima di adire al giudice del lavoro, la rimozione dei membri laici dai tribunali istruiti per i licenziamenti senza giusta causa, la possibilità per i datori di lavoro di intrattenere “conversazioni riservate” con i dipendenti, senza che tali “conversazioni” possano essere citate in tribunale, dando mano libera a pressioni sui lavoratori.
Ma la proposta delle tasse per il tribunale del lavoro supera ogni limite. Nel documento preparatorio pubblicato nel dicembre dello scorso anno, il governo prevedeva di introdurre la tariffazione entro l’aprile 2013.
In base a tale proposta i lavoratori dovranno pagare una tassa di 250 sterline per depositare un’istanza in cancelleria del tribunale e un ulteriore quota di 1.250 sterline se il caso va in udienza.
Ma queste sono le cifre di partenza. Proprio come le tasse universitarie, possiamo solo aspettarci che aumentino una volta introdotte nel sistema. Inoltre, se ogni controversia coinvolge due parti, non ci sono proposte per far contribuire ai costi i datori di lavoro.
Il governo sostiene che le tasse verranno rimborsate se il richiedente alla fine vince. Ma secondo una ricerca proprio del Moj del 2009 – curiosamente non citata nel documento preparatorio – dopo più di 42 giorni dacché le sentenze vengono emesse, solo il 53 per cento degli aventi diritto risulta aver riscosso il risarcimento per intero (cifra media di £ 3.000). Dopo 12 mesi dalla sentenza, un allarmante 31 per cento degli aventi diritto non risulta risarcito affatto.
Quindi, se i lavoratori patiscono già le difficoltà di recuperare i loro risarcimenti, quale giustificazione può esservi per chiedere loro di pagare una tassa in anticipo?
Il governo sostiene inoltre che i poveri saranno protetti, estendendo loro l’attuale sistema di remissione di pagamento (deroghe) che opera nei tribunali civili.
Ma secondo l'”Ufficio di Consigli ai cittadini”, il regime di sgravio delle corti civili è inadeguato allo scopo, così inadeguato da esser destinato a scomparire”. Nel dicembre 2009 un rapporto commissionato dal Moj evidenziava che il regime di remissione era così complesso da esser poco compreso anche da parte dei funzionari che lo gestiscono. La stessa ricerca riferiva che uno scioccante terzo di tutte le decisioni di diniego dello sgravio risultava errato.
La giustificazione del governo per questo ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori si basa su due argomentazioni ampiamente criticate. In primo luogo, che non devono essere i “contribuenti” a pagare il conto dei tribunali del lavoro. In secondo luogo, che l’applicazione dei diritti del lavoro scoraggia la creazione di posti di lavoro.
In realtà la proposta è dettata da un’ideologia: l’ideologia che vuole ogni servizio pubblico, compreso l’accesso alla giustizia, aperto al settore privato, con un prezzo e un onere, in particolare se si tratta di diritti del lavoro, abbuonato per il datore di lavoro.
Se il peso sui contribuenti è il vero problema, perché il silenzio assordante del governo a riguardo che se sono i datori di lavoro che iniziano una causa le spese gravano sui contribuenti? Perché non c’è menzione nel documento preparatorio che i padroni possono ammortizzare le loro spese legali e ogni indennizzo dovuto, lasciando a noi il conto da pagare?
Né reggono le argomentazioni sulla crescita e sulla creazione di posti di lavoro a ben guardare.
Anche il Chartered Institute of Personnel Development (CIPD) ha detto: “Le carenze nella gestione e nell’amministrazione … sono un freno molto più significativo alla crescita di quanto non lo sia il diritto del lavoro nel Regno Unito” e che le idee di “pretesa legalità” sulle “conversazioni riservate” e la dilatazione del periodo di attesa [delle udienze] “rischia di aggravare il problema”.
Sembra che il sistema di tasse per i tribunali abbia pochi o nessun sostenitore.
Anche l’Administrative Justice and Tribunals Council (AJTC), finanziato dal Moj quale organismo di sorveglianza dei tribunali e della giustizia amministrativa, ha sostenuto che il nuovo sistema “porta pochi benefici ai datori di lavoro o al sistema giudiziario, avendo però un effetto sproporzionato e agghiacciante sui lavoratori dipendenti.” AJTC ha continuato a criticare l’approccio del governo, dicendo che dà “l’impressione complessiva di un modo di far politica sconsiderato e frettoloso… sulla base di scarse evidenze.”
In risposta il governo ha deciso di non consultarsi per niente in base al principio della competenza, dicendo che ha già il potere di introdurre tasse. La consultazione ruota semplicemente attorno al come e quanto.
Qual è il senso di un sistema giudiziario che i lavoratori non possono permettersi? Siete avvertiti: se viene generata una classe di persone svincolata dalla giustizia civile, non gli si lascia altra scelta che quella della disobbedienza civile.
(*) Carolyn Jones è direttore dell’Istituto per i diritti per l’occupazione
da http://www.morningstaronline.co.uk/news/content/view/full/116142
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
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