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Solidarietà al Donbass, parlano due attiviste del CUA

Lo scorso 19 giugno è stato costituito il Coordinamento Ucraina Antifascista. Comitati locali, collettivi, movimenti e partiti politici, accomunati  dal sostegno alla resistenza  delle popolazioni del Donbass e da un  fermo dissenso alle politiche reazionarie del governo di Kiev, sfociate più volte nella repressione violenta ad opera di gruppi paramilitari di estrema destra,  hanno prodotto unitariamente un documento politico e come Coordinamento hanno già lanciato diverse campagne di mobilitazione, non ultima quella del 9 luglio contro il vertice Nato di Varsavia.

Il coordinamento è stato costituito per creare un percorso comune: solo unendoci possiamo massimizzare il valore e l’efficacia del lavoro dei vari comitati, collettivi, partiti e organizzazioni politiche, sin da subito mobilitati a fianco dell’Ucraina antifascista e del popolo del Donbass che resiste”, ci spiega Clara Statello, una della responsabili del CUA. “Ci poniamo in continuità con l’attività sinora svolta, con esperienze fondamentali come la Carovana Antifascista. Ci proponiamo in un rapporto dialettico, di collaborazione e sostegno reciproco con gli altri soggetti che hanno cara la causa della resistenza al regime fascista di Kiev, come la Banda Bassotti, che ha avuto un ruolo centrale e imprescindibile per  la solidarietà in Donbass. Un percorso comune che ci consente, mantenendo la nostra identità ed eterogeneità ma anche di andare oltre la frammentazione e i personalismi che attanagliano la sinistra.

Lo dobbiamo ai nostri compagni perseguitati in Ucraina, a Vadim Papura e alle centinaia di vittime dei pogrom di Odessa e Mariupol, al comandante Mozgovoi e agli antifascisti del Donbass che resistono di nuovo alla peste bruna. Un percorso aperto segnato dai valori della solidarietà internazionalista, dell’antifascismo, dell’anticapitalismo e dell’antimperialismo”.

 

Contestualmente parliamo poi con una giovane donna proveniente dall’Ucraina occidentale, esponente del Coordinamento, che vive in Italia da diversi anni. Per indicarla, utilizziamo un nome di fantasia, Aleksandra, proprio per evitare possibili ritorsioni sui familiari che ancora vivono in patria.

– Aleksandra, raccontaci del tuo vissuto e delle tue impressioni su quello che è accaduto in Ucraina in questi ultimi anni.                                                

“Sono nata ai tempi dell’Unione Sovietica, ma ho trascorso l’adolescenza in una Ucraina ormai indipendente. Della mia infanzia ricordo il benessere, dico sinceramente, non mi mancava nulla.
Forse perché ero figlia unica o perché veramente l’Unione Sovietica ti garantiva quello il necessario. Facevo parte di una famiglia normale.
Negli anni ’90 è cambiato tutto, iniziarono i problemi economici, ma la gente era felice perché si sentiva libera.
A scuola non ci insegnavano la lingua russa, però studiavo la loro storia. Affascinata, ho cominciato ad approfondire la loro cultura attingendo alle biblioteche; ero attratta soprattutto dalla letteratura e dalla poesia russa.
Per quanto riguarda la religione, già negli anni ’90 c’erano gruppi organizzati che barbaramente distruggevano le chiese; poi con l’avvento dell’indipendenza dell’Ucraina hanno iniziato a diffondersi liberamente tanti culti.
Economicamente l’Ucraina cominciò però a vivere seri problemi e migliaia di persone iniziarono a prendere la via dell’emigrazione. Differentemente dall’ovest, nella parte orientale del Paese ancora sopravvivevano meccanismi politici ed economici retaggio dell’Unione Sovietica.
Proprio negli anni ’90, dicevo, iniziarono le ondate migratorie, in primis verso Polonia e Romania.
Io stessa andai via dopo aver finito gli studi. Sono arrivata in Italia quando avevo 18 anni. In questi anni ho frequentato gli ambienti di sinistra nel vostro Paese, trovando il tempo però di seguire sempre quello che accadeva in Patria.
La Rivoluzione arancione, per chi conosce le vicende ucraine, può essere considerato un atto preparatorio per Euromaidan. Da lì fu un crescendo di proteste di una parte della popolazione. Nei rapporti intessuti con i miei connazionali si palpava con mano una forte crescita dell’aggressività contro i russi. Di contro improvvisamente europei e americani venivano elogiati dai media e dalla gente.
Io che mi documentavo attingendo le notizie da fonti che provenivano sia dalla parte occidentale che dalla parte orientale del paese sono riuscita a mantenermi obiettiva sulla questione senza farmi influenzare dai sentimenti di odio verso le popolazioni russofone dell’est. Subito dopo il colpo di stato, dopo la strage di Odessa ci siamo organizzati in un movimento di controinformazione (Movimento delle donne ucraine antifasciste).
Da quel giorno non ho mai smesso di dare il mio appoggio alla causa, che portiamo avanti attivamente all’interno del Coordinamento Ucraina Antifascista.”

Clara Statello ci spiega poi quali sono gli obiettivi del Coordinamento e come s’intendono perseguire: “sostegno agli antifascisti ucraini e della Nuova Russia, sostegno umanitario al popolo del Donbass stremato, sensibilizzazione sulla questione ucraina e promozione di campagne di solidarietà. Un punto su cui intendiamo muoverci è la controinformazione: riteniamo che se oggi un governo di oligarchi e nazisti viene tollerato nel cuore dell’Europa, se Poroshenko, all’indomani della sua elezione, ha potuto bombardare senza conseguenze i civili di Donetsk, Slaviansk e Lugansk con il fosforo bianco, se ha potuto nominare tre ministri stranieri, se può oggi perseguitare comunisti e oppositori politici, se attualmente in Ucraina ci sono prigionieri politici e desaparecidos detenuti illegalmente e torturati, senza che nessuno urli alla dittatura, è perché c’è una sporca guerra mediatica, in cui i nostri giornalisti palancai, come verrebbero definiti da Gramsci, hanno lavorato meticolosamente per camuffare i carnefici da vittime e le vittime da carnefici. I torturatori e gli squadroni punitivi sono quegli stessi “giovani rivoluzionari” che hanno fatto il Maidan in nome “della democrazia e dei diritti umani”, come scriveva falsamente la nostra stampa. Infine daremo sostegno a tutte quelle realtà mobilitate contro la Nato e contro le basi militari, come i No Muos in Sicilia e i movimenti antimilitaristi sardi, perché si tratta della stessa lotta antiimperialista combattuta su fronti diversi”.

– Quali saranno le vostre prossime iniziative?

In appena tre settimane di attività, abbiamo promosso una mobilitazione contro il Vertice Nato di Varsavia, cha ha avuto Poroshenko e la Savchenko, tra gli altri come protagonisti. Ci sono stati tre presidi (Napoli, Venezia e Catania) a cui hanno preso parte le varie realtà militanti, tra cui i No Muos, per dire no alla guerra imperialista, no alle basi e fuori l’Italia dalla Nato. Contemporaneamente abbiamo lanciato “Save Donbass People”, una campagna umanitaria di raccolta di aiuti che durerà tutta l’estate, che ha luogo in molte città italiane e in Sardegna, per raccogliere beni di prima necessità, farmaci e i fondi necessari per le spedizioni.

Abbiamo aderito all’Appello agli Antifascisti, contro la messa al bando delle organizzazioni comuniste in Ucraina e contro la persecuzione degli oppositori politici. Parallelamente porteremo avanti una campagna per il rilascio dei prigionieri politici. Ci stiamo muovendo per la revoca della cittadinanza onoraria di Verona a Poroshenko, concessa dal sindaco Tosi e abbiamo in cantiere altre mobilitazioni e iniziative di cui presto avrete notizia.

 

Francesco Fustaneo

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