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Argentina-Spagna: scontro duro sulla nazionalizzazione di Ypf-Repsol

Nei giorni scorsi l’esecutivo argentino ha infatti annunciato che la compagnia petrolifera Ypf, controllata dalla multinazionale spagnola Repsol, verrà presto trasformata in una società mista, in cui lo Stato latinoamericano dovrebbe detenere almeno un terzo del pacchetto azionario. Questo perché secondo l’esecutivo di Buenos Aires l’attuale assetto della società controllata dalla Repsol non garantirebbe un efficace ed equo sfruttamento delle risorse petrolifere del paese. Secondo il governo la Repsol non ha effettuato i necessari investimenti nel Paese per cui, nel 2011, l’Argentina ha dovuto importare petrolio e gas per ben 10 miliardi di dollari nonostante le proprie grandi riserve di idrocarburi, che potrebbero diventare 11/12 quest’anno, con i relativi problemi per la bilancia dei pagamenti.

Così nei giorni scorsi la presidente Kirchner ha convocato alla Casa Rosada tutti i governatori delle dieci province petrolifere del Paese in cui opera la Ypf, alcuni dei quali hanno già rescisso unilateralmente le concessioni siglate con la compagnia spagnola. Secondo il quotidiano ‘Clarin’, il governo punta ad acquisire il 25,5% delle azioni in possesso del gruppo argentino Eskenazi, «ma non è da scartare che ricorra ad un progetto di legge per impossessarsi del 50,01% del pacchetto», cioè la maggioranza per controllare direttamente l’impresa.
La decisione del governo argentino ha scatenato la dura reazione dell’esecutivo di destra spagnolo, che ha subito risposto alzando i toni e minacciando Buenos Aires di ritorsioni se l’annunciato progetto di ‘nazionalizzazione’ continuerà ad essere perseguito. Lunedì è arrivato a Buenos Aires il presidente di Repsol Antonio Brufau per cercare di bloccare il piano argentino, ma senza risultati. Così la vicepremier di Madrid Soraya de Santamaria ieri ha di nuovo minacciato ritorsioni, mentre il ministro degli esteri Josè Manuel Garcia Margallo ha convocato l’ambasciatore argentino a Madrid Carlos Bettini. La questione è seria, perché la società argentina controlla il 62% della produzione di greggio di tutta la Repsol, metà circa delle sue riserve (un miliardo di barili), e ben 1600 stazioni di servizio in tutto il paese latinoamericano. Il governo di Buenos Aires sta da tempo premendo sulle compagnie petrolifere presenti in Argentina affinché sviluppino la produzione nazionale, e nelle ultime settimane alla Ypf sono state ritirate già 16 concessioni. Ma la filiale della multinazionale spagnola non ha dato segnali evidenti di voler cambiare politica e così lo scontro si è fatto frontale.
Da parte sua il governo Rajoy ha chiesto ed in parte ottenuto il sostegno dell’Unione Europea nel contenzioso con Buenos Aires: ieri un portavoce della Commissione Europea, Olivier Bailly, ha invitato l’Argentina a rispettare «gli impegni internazionali sulla protezione degli investimenti sul proprio territorio» ricordando che l’esecutivo europeo ha, in base al Trattato di Lisbona, la competenza «per discutere le questioni della protezione degli investimenti». «Qualsiasi aggressione contro Repsol in violazione del principio della sicurezza giuridica sarà considerata come una aggressione contro il governo, che prenderà le misure opportune» ha tuonato il ministro degli Esteri di Madrid Margallo, precisando che la Spagna sta raccogliendo sulla questione «l’appoggio di soci e alleati». Il segretario di stato all’Ue Inigo Mendez de Vigo ha detto che l’Argentina rischia di diventare «un appestato internazionale» se mette le mani su Ypf.
Con un linguaggio da potenza coloniale il ministro dell’industria spagnolo Josè Manuel Soria ha affermato che «se vi sono da qualche parte nel mondo gesti di ostilità verso gli interessi di imprese spagnole, il governo li interpreta come una ostilità verso la Spagna». 

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