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Spagna: lavoratori in piazza, frontiere chiuse, sindacalisti in galera

 

L’economia spagnola è ufficialmente in recessione, dopo la contrazione per due trimestri consecutivi. Lo conferma oggi l’Istituto Nazionale di Statistica (INE) di Madrid secondo il quale il prodotto interno lordo del paese ha registrato una contrazione dello 0,3% nel primo trimestre, lo stesso che nel corso dell’ultimo trimestre del 2011. Sempre oggi l’agenzia Standard & Poor (S&P) ha abbassato il rating di undici banche iberiche tra cui due grandi, Santander e BBVA, dopo la retrocessione la scorsa settimana del debito della Spagna di due punti a BBB+. Una brutta notizia per il governo Rajoy e per le borse che oggi accusano il colpo.

Ma i lavoratori e i cittadini iberici sono più che altro preoccupati dall’aumento record della disoccupazione e dai continui e indiscriminati tagli del governo allo stato sociale e ai diritti di chi ancora un lavoro ce l’ha. Il numero dei senza lavoro ha toccato a fine marzo l’incredibile tetto di 5,6 milioni, con un tasso ufficiale di ‘desempleo’ pari al 24,44%. Tra gennaio e marzo i posti di lavoro persi sono stati 366.000, segno che i sacrifici propedeutici alla crescita imposti dal governo del Partito Popolare stanno mandando il paese alla rovina.

Ieri lavoratori e giovani sono scesi in piazza in quasi tutto lo Stato per mandare un nuovo segnale al governo dopo le grandi manifestazioni dei mesi scorsi e il massiccio sciopero generale del 29 marzo. Ben 55 città sono state teatro di manifestazioni contro i tagli al welfare – in particolare all’istruzione e alla sanità – varati dal governo di Mariano Rajoy in obbedienza ai diktat della troika. I cortei sono partiti contemporaneamente a Madrid, Barcellona, Valencia ed in altre città dietro lo stesso striscione, organizzati dai sindacati concertativi UGT e CCOO che pur subendo la pressione della propria base hanno comunque di nuovo scelto di portare la gente in piazza di domenica. Una scelta che ha scontentato i settori più radicali del movimento sindacale e delle organizzazioni sociali, che in parte hanno disertato i cortei.
«Stiamo sempre di più precipitando in una situazione di emergenza economica e sociale» ha denunciato dal palco di Madrid Ignacio Fernandez Toxo, il segretario generale delle Comisiones Obreras, davanti a circa 40 mila persone che hanno manifestato nonostante il ponte e la pioggia, criticando i tagli di 10 miliardi di euro per sanità ed istruzione. A Barcellona solo in 4000 sono scesi in piazza. Nuove manifestazioni sono state indette in tutto lo Stato per domani, in occasione di un 1° maggio di lotta contro il governo e – per i movimenti sindacali di classe – anche contro l’Unione Europea.
Senza contare che il 3 maggio nel capoluogo catalano sono state già indette diverse iniziative di protesta contro la ‘cumbre’ della Banca Centrale Europea che dovrà discutere di politiche monetarie, alla presenza del presidente Mario Draghi, del vicepresidente Vitor Constancio e dei rappresentanti dei governatori delle banche centrali dei 17 paese dell’eurozona.
A partire dal prossimo 12 maggio, ancora, Barcellona sarà teatro anche di un’altra mobilitazione, questa volta a carattere internazionale, contro ‘il regime di crisi e le istituzioni internazionali che l’hanno generata e che ora la governano’, in concomitanza con quella in programma a Francoforte. Una data simbolica, ad un anno esatto dall’inizio della mobilitazione dei cosiddetti ‘indignados’.

In vista dell’ondata di proteste l’esecutivo di Madrid ha già deciso la sospensione dell’accordo di Schengen per quanto riguarda la libera circolazione dei cittadini da uno stato all’altro dell’Unione Europea e di triplicare il numero di agenti di Polizia mobilitati per blindare Barcellona in occasione del vertice della BCE.

Gli arresti di massa durante le manifestazioni per lo sciopero generale del 29 marzo e quelli successivi, in particolare nei Paesi Baschi e in Catalogna, non lasciano ben sperare rispetto all’atteggiamento che il governo di Rajoy terrà nei confronti delle proteste in programma.

Nei giorni scorsi la giudice Rosa Marìa Agullò Berenguer, già nota ai movimenti catalani per essersi resa protagonista in passato di provvedimenti particolarmente draconiani, ha decretato l’arresto preventivo e a tempo indeterminato per Laura Gòmez, la 46enne Segretaria di Barcellona del sindacato di classe CGT (Confederaciòn General de Trabajo). I Mossos d’Esquadra avevano arrestato la sindacalista lo scorso 24 Aprile durante un’operazione dagli ampi risvolti mediatici che ha scatenato la protesta della Cgt e di tutte le organizzazioni politiche e sociali che da settimane manifestano quasi quotidianamente contro un’ondata repressiva senza precedenti, almeno in Catalogna. La colpa della Gòmez è di aver partecipato ad una protesta simbolica davanti agli ingressi della Borsa di Barcellona durante la quale vennero bruciati alcuni cartelli durante lo sciopero generale del 29 marzo. Ieri una ennesima manifestazione ha sfilato per le vie del capoluogo catalano per chiedere la liberazione degli arrestati, la fine dell’uso degli apparati repressivi e dei tribunali per mettere a tacere le proteste sociali e lo stop immediato ai tagli al lavoro e al welfare. E’ forte la preoccupazione che altri arresti vengano realizzate nelle prossime ore, prima dell’inizio delle mobilitazioni del 1° maggio e del 3 maggio, a scopo preventivo e intimidatorio.

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2 Commenti


  • Enza

    In una nazione civile e progredita l’arresto preventivo di una sindacalista e’ nient’altro che il franchismo di una volta. Spagnoli alzate l testa. I fantasmi di una volta stanno prendendo corpo.


  • poetalc

    ……gli spagnuoli sulla politica e l’economia parlano di tutto e diventano focosi speriamo che per i salari alla fame non avvenga in italia. POetalc e il suo progetto per finanziare in europa con obbligazioni speciali direttamente x milioni di salari mdi alti, per ridurre sugli oneri assicurativi il costo del lavoro

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