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Grecia. Le speranze, i progetti e le divisioni della sinistra

Elezioni cruciali per la Grecia, dove oggi sono chiamati a votare circa dieci milioni di elettori. Intanto occorrerà vedere quanti aventi diritto si recheranno ai seggi. Nel 2009 votarono in poco più di 7 milioni, il 70.9%, un 3,5% in meno rispetto al settembre del 2007. Ma questa volta il rigetto della classe politica e dei partiti in generale potrebbe tenere lontani molti greci dalle urne, anche se alcuni sondaggi prevedono una mobilitazione di alcuni settori astensionisti in favore dei partiti del variegato e non sempre coincidente ‘fronte del No’ ai diktat della famigerata troika. Il fronte dell’OXI va dall’estrema destra di ‘Alba dorata’ alla destra dei “Greci Indipendenti” nati da una scissione di Nuova Democrazia, fino alla Sinistra Radicale (Syriza), al Partito Comunista (KKE) e ad Antarsya.

In mezzo i due grandi sconfitti di queste elezioni – per quanto abbiano potuto recuperare consensi con le improbabili promesse degli ultimi giorni socialisti e conservatori saranno puniti dall’elettorato – e poi alcuni partiti creati in questi anni dal sistema in crisi come carta di riserva, come serbatoi momentanei di voti in fuga dai due principali blocchi di centrodestra e centrosinistra, in particolare Sinistra Democratica appena a sinistra del Pasok.

Tutti i sondaggi prevedono, rispetto a tre anni fa, una consistente ascesa dei partiti di destra e di quelli di sinistra. Questi ultimi dovrebbero ottenere un buon risultato, pur essendo arrivati all’appuntamento elettorale divisi e spesso litigiosi gli uni con gli altri, forti di argomenti e programmi su molti punti assai divergenti.

Nei giorni scorsi il quotidiano basco ‘Gara’ ha avuto il merito di intervistare i rappresentanti di due delle forze politiche della sinistra che oggi competono per entrare in Parlamento, il KKE e la coalizione della sinistra antagonista Antarsya.

Petros Kostantinus è consigliere comunale ad Atene e portavoce nazionale di Antarsya, una formazione di estrema sinistra che nel 2009 ottenne un forte risultato elettorale alle elezioni amministrative e che raggruppa una decina di piccoli partiti e gruppi politici che vanno dalla tradizione marxista-leninista a quella trotzkista, attivi in particolare nei movimenti contro il pagamento del debito, le università, la solidarietà internazionalista. All’inizio di aprile, rompendo per un momento l’autarchia e l’autosufficienza che caratterizzano la sua condotta politica, il KKE ha chiesto ad Antarsya una riunione – racconta il corrispondente di Gara da Atene – perché in virtù della “profonda offensiva in corso contro la classe operaia si vede la necessità di coordinare, al livello più alto possibile, l’azione delle forze popolari e articolare un movimento di massa capace di bloccare e sconfiggere l’attacco del capitalismo”.
Secondo Kostantinus le elezioni di oggi sono importanti perché i partiti borghesi perderanno la metà del loro sostegno elettorale e daranno più forza alle opzioni di sinistra. “La debacle delle politiche neoliberiste ha causato uno spostamento a sinistra di molta parte della società greca, e spesso verso posizioni radicali” dice il portavoce di Antarsya. “Quando due anni fa chiedemmo l’abolizione del debito, tutte le forze politiche dissero che non era realistico. Ma siamo riusciti ad imporre un dibattito, oggi largamente condiviso, sulla cancellazione del debito, la nazionalizzazione delle banche, l’abbandono dell’euro e l’uscita dall’UE. Oggi la sinistra greca si orienta verso una linea anticapitalista e non più solo antiliberista, e l’opposizione all’euro e all’UE è aumentata. I sindacati maggioritario, anche quelli vicini tradizionalmente ai socialisti del Pasok, non sono caduti nel ricatto del governo secondo cui le pressioni di piazza avrebbero potuto causare l’espulsione del paese dall’Eurozona. Il che dimostra che la gente non è disposta a fare altri sacrifici in nome della permanenza all’interno dell’UE”. Kostantinus traccia poi un bilancio degli ultimi anni di lotta: “Le lotte sono cresciute, nell’ultimo anno e mezzo ci sono stati 17 scioperi generali, alcuni di ben 48 ore. In molti posti di lavoro sono in atto occupazioni, autogestioni, assemblee permanenti”. Rispetto agli obiettivi politici di Antarsya il suo portavoce afferma: “In primo luogo cacciare il governo attraverso la pressione dei lavoratori con manifestazioni, scioperi, occupazioni. E mettere le aziende in crisi sotto il controllo dei lavoratori, come sta già avvenendo in alcuni casi. Occorre nazionalizzare le banche e metterle al servizio dell’economia sociale.  Dobbiamo difendere il diritto all’istruzione, alla salute e al lavoro. Inoltre dobbiamo erigere una barriera contro la rinascita del fascismo e la proliferazione di squadracce che collaborano con la Polizia e aggrediscono gli immigrati. Il razzismo aumenta perché il capitalismo sta indurendo le condizioni di vita dei lavoratori. Il collasso della socialdemocrazia può aumentare il rischio che le classi dominanti pensino ad un colpo di forza, che però non crediamo sia all’ordine del giorno. Man mano che perdono il controllo i poteri forti realizzano politiche violente per intimorire i lavoratori e i cittadini: repressione poliziesca, attacchi contro immigrati e sindacalisti”.

Così come Antarsya, il Partito Comunista è convinto del fatto che all’interno di una società scossa dalla crisi del capitalismo non ci può essere democrazia e neanche sono possibili soluzioni alla crisi stessa. Lo ripete un responsabile delle relazioni internazionali del partito, Kostas Papadakis, al giornalista di Gara Antonio Cuesta. Il KKE è la terza forza politica nel Parlamento di Atene e i sondaggi prevedono che dal 7.5% delle scorse elezioni dovrebbe salire fino al 10. “Da molti anni il KKE ha smesso di identificare le forze politiche attraverso le categorie di ‘sinistra’ e ‘destra’ o ‘centro’ – chiarisce Papadakis. – Questi concetti non hanno più senso nell’attuale contesto. Se in passato ‘sinistra’ significava rottura con la classe dominante, oggi i partiti che si definiscono tali partecipano alla gestione del capitalismo, alle guerre imperialiste e appoggiano l’Unione Europea. La nostra attuale priorità è amplificare e organizzare la lotta per impedire le misure antioperaie, affinché non vengano applicati i tagli ai salari, alle pensioni, l’eliminazione dei diritti sul lavoro. Privilegiamo l’accumulazione delle forze sociali della classe operaia, dei contadini, dei ceti medi urbani, in una grande alleanza che non solo si scontri con i monopoli e l’imperialismo ma che riesca anche ad aprire una via verso il potere popolare”. A proposito dei cosiddetti ‘memorandum’ con l’UE che i greci stanno pagando ormai da anni spiega il dirigente del KKE: “I memorandum non hanno nulla a che vedere con la questione del debito. Sono parte di una politica coordinata tra la borghesia greca, l’UE e il FMI con l’obiettivo di ridurre il costo del lavoro e i diritti dei lavoratori, assicurando la possibilità di competizione internazionale per il grande Capitale greco, caricando i costi della crisi sulle spalle della classe operaia e dei settori popolari”. Quali alternative propone il KKE ai lavoratori? “Nel contesto capitalista non esistono soluzioni favorevoli agli interessi dei settori popolari. Noi chiamiamo il popolo alla lotta per la conquista del potere, affinché i mezzi di produzione diventino di proprietà popolare, affinché vengano socializzati le terre, le grandi imprese e la grande distribuzione”. A proposito delle possibili alleanze con altri partiti di sinistra il rappresentante del KKE è categorico: “Noi promuoviamo le lotte, l’organizzazione dei lavoratori in ‘Comitati popolari’ di quartiere e nei sindacati di classe. Puntiamo allo sviluppo della lotta di classe e all’alleanza sociale e di base, non a una politica di coordinamento artificiale tra partiti con differenti strategie politiche. La speranza dei lavoratori non deve essere riposta in una confusa ‘unità della sinistra’ ma in un partito forte e nella formazione di una vasta alleanza sociale che lotti per il potere popolare”.

Dell’altra forza politica della sinistra radicale greca, Syriza, ci parlava il 4 maggio Argiris Panagopoulos sul Manifesto. Secondo i sondaggi la coalizione della sinistra radicale, che riunisce da alcuni anni la sinistra moderata del Synaspismos, alcuni piccoli partiti che si rifanno alla tradizione eurocomunista e gruppi di estrema sinistra come l’Organizzazione Comunista di Grecia, potrebbe superare il 10% e sorpassare anche il KKE. Syriza non chiede, come fanno i comunisti e Antarsya, l’uscita della Grecia dall’euro e dall’UE, anche se si oppone ai memorandum e ai piani lacrime e sangue decisi a Bruxelles e a Francoforte. Una posizione ambigua e poco realistica, criticata dalle componenti più radicali al suo interno. In particolare il Synaspismos – che in Italia ha ottime relazioni con Sel e Rifondazione Comunista – potrebbe optare dopo le elezioni per un sostegno ad un governo di sinistra, una alleanza che vada dai socialisti del Pasok passando per la Sinistra Democratica nata pochi anni fa proprio da una scissione moderata di Syriza. Riconosce lo stesso Panagopoulos che “nella realtà, Syriza ha un programma così moderato da poter essere accettato da tutti quelli contrari alle politiche neoliberiste che distruggono la Grecia. (…) Il fascino del giovane presidente di Syriza, Alexis Tsipras, la demonizzazione della coalizione fatta dagli avversari e la fiducia di tantissima gente che ha condiviso gli ultimi due anni di lotte, scioperi, occupazioni, manganellate e gas, hanno fatto crescere le simpatie verso Syriza. Tsipras si preparava ieri sera per il suo comizio in piazza Omonoia, la ex piazza popolare di Atene trasformata dopo il 1989 in «piazza Tirana» e più tardi nella «piazza degli immigrati». La grande massa degli indecisi sembra muoversi verso i partiti contrari al Memorandum, mentre anche chi optava per l’astensione ha capito che il non voto è un voto a favore di Nuova Democrazia e del Pasok, e dunque a favore della odiata troika e dell’ancora più odiata cancelliera Merkel. La Grecia ha perso la sua autonomia e indipendenza con i Memorandum, ma i greci sembrano conservano l’orgoglio di resistere. Syriza sembra il «marchio vincente» delle elezioni. Si vede dalla marea di gente che inonda i gazebo della coalizione, nelle grandi città e nella periferia del paese. Molti sperano che Syriza lavori per un cambio del governo e per la fine dei tagli, che invece il governo ripropone per giugno. Syriza chiede la collaborazione della intera sinistra per cambiare pagina in Grecia e in Europa, mentre lavoratori e pensionati hanno visto nelle ultime settimane diminuire di nuovo le loro entrate e aumentare l’esercito dei disoccupati (…)”.

Intervistato dal Manifesto, il portavoce di Syriza e segretario del Sinaspismo Alexis Tsipras aveva chiarito a proposito delle intenzioni della sua coalizione: “Proponiamo di congelare il pagamento dei prestiti per rilanciare lo sviluppo e creare nuovi posti di lavoro, affrontando dopo il problema di come e quanto del nostro debito possiamo e dobbiamo pagare. C’è assoluto bisogno di un governo di sinistra per denunciare i Memorandum e aprire trattative con i creditori. Mentre si è formata una specie di santa alleanza contro il fantasma di un governo di sinistra in Grecia. Gli ultimi governi hanno offerto complessivamente 200 miliardi alle banche. Syriza crede che sia ora di prendere il controllo pubblico delle banche, ridistribuire la ricchezza con l’aumento della pressione fiscale sui ricchi e interrompere il circolo vizioso tra tagli e recessione. (…) Se ci saranno i numeri sarà difficile che i partiti di sinistra non collaborino. Chi potrà nascondersi nel suo orticello di fronte al massacro in atto? Da più di un anno avevamo proposto alle altre forze di sinistra di elaborare un programma comune contro le politiche della troika, senza eliminare le nostre differenze. I partiti dei Memorandum e della troika, il loro sistema dei media, i banchieri e gli industriali hanno sferrato contro di noi un tremendo attacco che dimostra il loro panico per un’eventuale vittoria delle sinistre. Altrettanti ricatti e pressioni abbiamo ricevuto come paese da Berlino, Bruxelles e Fmi. Per paura che i deputati conservatori dei Greci Indipendenti votino un governo contro il Memorandum ci hanno detto che vogliamo costruire ponti tra Stalin e Hilter, ci chiamano teppisti perché abbiamo sostenuto la protesta di un intero popolo. Ci accusano perfino per l’aumento delle forze neofasciste di Xrisi Avghi. Non viviamo solo uno scontro politico e sociale ma uno scontro tra due idee diverse per la cultura e la civiltà umana. Per questo abbiamo messo come capolista nella nostra scheda elettorale d’onore Manolis Glezos, un simbolo della resistenza greca ed europea contro il nazifascismo. Non vogliamo essere schiavi né della troika né delle squadracce. I neofascisti cercano di sostituire la polizia nei quartieri degradati contro la “criminalità”. Qualcuno crede che in Grecia manchino i mezzi per combattere la criminalità?
Il fatto è che la polizia si usa principalmente contro manifestanti e immigrati. I nostri governi hanno paura della gente che protesta. Non gli interessa la criminalità. Solo la sinistra può garantire lo stato sociale e fermare la svendita e il saccheggio del paese”.

Secondo gli ultimi sondaggi il Pasok oscilla tra il 14 e il 19%, Nea Dimokratia tra il 21,5 e il 25, i neonazisti di Chrysi Avgi tra il 4 e il 6,5%, i reazionari ortodossi tra il 3 e il 4, Syriza tra il 9 e il 13,5%, Antarsya intorno all’1,5% (e quindi rimarrebbe fuori dal Parlamento), il KKE tra l’8,7 e l’11,5, i nazionalisti di destra dell’Anel tra l’8 e l’11%, Sinistra Democratica (Dimar) tra il 5,4 e il 9,5%, i verdi tra il 3 e il 4%, i liberali del Dysi tra il 2 e il 4%.

Sono solo sondaggi, e le forbici tra il minimo e il massimo che ogni partito può raggiungere – la soglia di sbarramento è al 3% – sono molto ampie. I risultati reali dello scrutinio li conosceremo questa sera, circa 3 ore dopo la chiusura dei seggi (le operazioni di voto si concludono alle 19). Quale che sia il risultato le speranze della sinistra sono tante, ma anche le divisioni.

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