Dopo le enormi manifestazioni di massa che nelle settimane scorse avevano chiesto al governo un radicale cambiamento di rotta in materia di sacrifici sembrava che il premier Passos Coelho avesse accusato il colpo. Ma la sua promessa di ridurre i tagli è durata ben poco. E ieri il leader della destra portoghese – commissariato stretto dalla troika – se l’è rimangiata.
Il Portogallo, sotto assistenza finanziaria, “non ha margine di manovra” e deve quindi proseguire sulla strada del rigore con aumenti generalizzati di tasse, ha annunciato il ministro delle Finanze di Lisbona presentando la finanziaria 2013. “La proposta di bilancio è la sola possibile (…) non abbiamo alcun margine di manovra”, ha spiegato Vitor Gaspar nel corso di una conferenza stampa, dopo aver consegnato al parlamento la legge finanziaria al termine di un consiglio dei ministri straordinario. Che conferma il forte aumento delle imposte, annunciato all’inizio di ottobre, mediamente dal 9,8% di questo anno al 13,2% nel 2013 sui redditi da lavoro più bassi. Aumento che porterà a un’ennesima decurtazione salariale per i dipendenti pubblici già presi di mira da forti tagli negli anni scorsi. E che si aggiunge al licenziamento di decine di migliaia di dipendenti statali, all’aumento delle imposte sulla casa, ai tagli alle pensioni, alle indennità di disoccupazione e malattia, e alle prestazioni sociali, misure chieste a gran voce dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. E che precipiteranno il paese in un baratro già profondissimo: 16% di disoccupazione, recessione al 3%.
Naturalmente le opposizioni parlamentari hanno usato toni durissimi contro la decisione del governo di accontentare senza sconti i diktat della troika. Anche quei socialisti che se fossero al governo avrebbero fatto lo stesso. Il partito comunista parla di “massacro” e di “attentato alla dignità del popolo”. Il maggiore sindacato del paese, il Cgtp vicino al Partito Comunista, ha detto di considerare il bilancio “un insulto ai portoghesi” ed ha già in programma una mobilitazione per fine ottobre e uno sciopero generale per novembre, al quale a questo punto potrebbe aggiungersi anche l’Ugt, l’altro sindacato vicino ai socialisti, finora titubante.
Ma la prima fortissima protesta alle decisioni di Passos Coelho è venuta già ieri, immediatamente dopo la presentazione dei contenuti della finanziaria.
A partire dalle 18 nella capitale portoghese sono scesi in piazza alcune migliaia di giovani e lavoratori, convocati dal Movimento 15 ottobre e dalla piattaforma ‘Sem emprego’ (Senza lavoro) al grido di ‘non li vogliamo’ e ‘dimissioni’.
I manifestanti si sono concentrati davanti ad un Parlamento -pesantemente blindato dai cordoni di Polizia e da transenne e barriere – con l’intenzione di raggiungere in corteo la residenza del Primo Ministro. Mentre la piazza gridava slogan contro il governo e l’Unione Europea lanciando cartellini rossi verso la scalinata che conduce al Parlamento, alcuni hanno acceso un enorme falò.
Di fronte all’impossibilità di continuare la protesta molti manifestanti hanno scavalcato o tentato di rimuovere le transenne, avvicinandosi così all’ingresso dell’Assemblea della Repubblica.
A quel punto gli agenti in tenuta antisommossa sono intervenuti, scatenando la reazione dei manifestanti che contro i poliziotti e il Parlamento hanno lanciato petardi e razzi, oltre a pietre e bottiglie.
I reparti antisommossa hanno più volte caricato i manifestanti più intraprendenti e ne sono nati scontri: alla fine il bilancio ufficiale è stato di 11 feriti tra agenti e partecipanti alla protesta. Ma molti altri manifestanti colpiti dai manganelli non hanno fatto ricorso agli ospedali per timore di essere denunciati.
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