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La Spagna è tornata in piazza

Gli indignati prendono il Sol

Jacopo Rosatelli MADRID
«Non vogliamo pagare il costo del debito pubblico», in tutto il paese è il giorno della protesta. A Madrid un folla oceanica sfida l’austerità e le misure di polizia. La piazza simbolo è stracolma

Questione di punti di vista. Per il rappresentante dei commercianti, l’immagine della Puerta del Sol piena di persone e di tende, che l’anno scorso fece il giro del mondo, ha rappresentato un danno incalcolabile per la Spagna, oltre a una perdita di ben 30 milioni di euro per i negozi che si affacciano sulla centrale piazza madrilena. Per Demetria, quarantacinque anni, assistente sociale disoccupata e attivista del movimento 15-M, le cose stanno diversamente: «Innanzitutto le cifre sono gonfiate, ma ciò che colpisce è la grettezza di simili argomenti. Chi parla come il rappresentante dei commercianti non capisce la necessità di risvegliare le coscienze, che ci animò un anno fa e continua a farlo ora. Non possiamo continuare a vivere in una società dove il denaro è Dio e le persone non contano nulla». È facile indovinare quale dei due punti di vista sia quello cavalcato dal Governo spagnolo, che negli ultimi giorni non ha perso un’occasione per mettere in chiaro che non avrebbe tollerato il ripetersi di acampadas , tanto nella capitale come in ogni altra città. Un atteggiamento considerato «intimidatorio», senza troppi giri di parole, persino dal quotidiano El País , su posizioni liberal ma certamente non barricadero . Nell’editoriale dell’edizione di ieri, si chiedeva retoricamente quale fosse il vero obiettivo dell’esecutivo di Mariano Rajoy: «Evitare la acampada o spaventare con l’idea che ci sarà violenza»? Al nervosismo della destra al potere, gli indignados hanno risposto con la forza delle loro ragioni, sfilando senza incidenti in più di ottanta comuni, grandi e piccoli, in tutto il Paese iberico. Nella capitale, dalle prime ore del pomeriggio sono partiti numerosi cortei dai quartieri periferici, diretti verso la comune destinazione della Puerta del Sol . Le rivendicazioni del movimento 15-M sono molte, affidate ai comunicati che circolano sul web e ai tantissimi cartelli e striscioni portati dai manifestanti che sfilano, molti con la maglietta verde simbolo della lotta in difesa della scuola pubblica. «In poche parole: chiediamo un cambiamento radicale delle politiche economiche», ci dice ancora Demetria, impegnata nel gruppo del 15-M che si occupa della disobbedienza fiscale. «Non vogliamo pagare il costo del debito pubblico, che non abbiamo generato noi cittadini; e siamo stufi di mantenere con i nostri soldi la monarchia e la chiesa cattolica», aggiunge. « Mariano, Mariano, no llegas a verano! » è un coro molto ripetuto: è una minaccia-augurio, rivolta al premier Rajoy, che si vorrebbe mandare a casa prima dell’arrivo dell’estate. Molto difficile, vista la maggioranza assoluta che il Partido popular detiene in Parlamento; ma certo non è fantascienza pensare che questo governo non regga l’intera legislatura: le inchieste d’opinione mostrano come il consenso verso l’esecutivo stia sensibilmente calando. C’è chi prende di mira «la legge elettorale ingiusta», perché favorisce oltremisura il bipartitismo Psoe-Pp, chi non perdona al governo il recente salvataggio di Bankia, costato 4 miliardi ai contribuenti mentre lo stato sociale subisce pesantissimi tagli. Ma gli indignados spagnoli guardano anche oltre i propri confini nazionali, a quell’Europa dove qualcosa sembra cominciare finalmente a muoversi nella direzione giusta. Tra le voci raccolte nel corteo madrileno, quella di Alex, disoccupato di 28 anni, che sventola una bandiera ellenica: «Sono grato al popolo greco, che ha dato una lezione dicendo no ai partiti dell’austerità». «Dobbiamo unirci a loro per gridare forte il nostro rifiuto di un sistema disumano com’è il capitalismo», aggiunge. A pochi passi da lui, Inés, studentessa universitaria di 19 anni, argomenta: «Nell’attuale Unione Europea comanda solo Berlino. È assolutamente necessario democratizzare le istituzioni europee: spero che il voto francese possa aprire una breccia nel muro eretto da Angela Merkel». In molti si informano sulle iniziative in giro per il mondo, da Gerusalemme a Londra, da Lisbona a Copenaghen. Un’enorme bandiera palestinese ricorda il dramma di quel popolo, e quella islandese suggerisce un altro modo di uscire dalla crisi. Alla chiusura di quest’edizione, la Puerta del Sol è stracolma, come nelle migliori occasioni: per gli indignados comincia una serata che tutti pensano sarà molto, molto lunga, a dispetto degli «avvertimenti» dell’impaurito governo di Mariano Rajoy.
 
da “il manifesto”
 
I «nonni» del movimento verso Plaça Catalunya

Orsola Casagrande
BARCELLONA

Una marea colorata, chiassosa, decisa a tomar la calle (riprendersi la strada) un’altra volta. Migliaia di persone hanno cominciato a ritornare in Plaça Catalunya già venerdì sera. Ma il grosso, le colonne provenienti dai barrios e dalle valli sono arrivate ieri. Con la piazza come centro a raggiera sono arrivati in tantissimi: il 15-M si riprende le strade. Giovani, vecchi, bambini. Famiglie organizzate con uno striscione diviso a pezzi: ogni componente con una parola di We shall overcome , per esempio. Tanti studenti, tanti lavoratori, della sanità, della scuola, il sindacato Cgt (Confederacion general de trabajadores) che ha ancora in carcere la sua segretaria, Laura Gómez. Sono partiti nel pomeriggio dai rispettivi quartieri dove già in mattinata si erano svolte diverse attività soprattutto per assicurare la massima presenza di cittadini al corteo che è poi partito da Plaça Catalunya alle 18. Un corteo rumoroso e musicale, colorato e con tanti slogan («la chiamano democrazia e non lo è» il più gettonato) ha attraversato le vie del centro cittadino, con molti turisti che si sono aggregati al serpentone, condividendone lo spirito e l’obiettivo. Aprivano il corteo i «iaios» del movimento, i nonni. Quella di ieri è stata la prima manifestazione di una tre giorni che si annuncia densa di attività e pianificazione. Le parole forse più ricorrenti ieri sono state proprio queste, proposte e alternative. Che riguarderanno più ambiti e saranno discusse nei gruppi di lavoro e nell’assemblea plenaria serale nei prossimi tre giorni. Da ieri sera la piazza è in assemblea permanente. E a tarda sera si sarebbe deciso se rimanere o meno. Il ministro degli interni spagnolo, Jorge Fernandez Diaz, ha ribadito che non saranno tollerate occupazioni. Difficile però sgomberare una «assemblea permanente». In questi tre giorni si discuterà di casa, crisi economica, scuola, università, politica e partecipazione, ecologia, lavoro, sanità, salario minimo, diritti e libertà, autorganizzazione. Tutti i temi saranno affrontati nelle tre sessioni del Forum del pobles , il forum dei popoli, dove i cittadini potranno presentare i loro problemi, discutere di soluzioni possibili e offrire proposte. Il foro ha come obiettivo anche quello di rivendicare l’utilizzo dello spazio pubblico, anche per stimolare il dibattito tra e con i cittadini, favorendone la partecipazione sui temi che riguardano la vita quotidiana di tutti. Quello dello spazio pubblico e del suo utilizzo è un tema su cui in questi mesi si è discusso molto a Barcellona. Il sindacato degli architetti catalani ha organizzato interessanti dibattiti su questo. Interessante, anche se passato abbastanza in sordina, il fatto che quest’anno il premio europeo dello spazio pubblico urbano (promosso da sette istituzioni europee) sia andato (sezione «categoria speciale») tra gli altri (e non senza un acceso dibattito tra i giurati) alla Acampada della Puerta del Sol a Madrid, «dimostrazione di massa di cittadini che reclamano il miglioramento del sistema democratico attraverso l’occupazione temporanea di una delle piazza più rappresentative di Madrid», come si legge nella motivazione. La presentazione del foro dei popoli è stata affidata come sempre a un collettivo di persone, non portavoce, che hanno spiegato il senso dell’idea: «Abbiamo trascorso un anno pieno di grandi mobilitazioni – hanno detto – e adesso pensiamo sia arrivato il momento di mettere in comune il lavoro svolto. Vogliamo mostrare a tutti i piccoli progetti che possono sembrare invisibili e che invece, poco a poco, ci stanno avvicinando sempre di più al mondo che sogniamo».

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