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Chi uccide chi nel conflitto siriano

Diversi attori non governativi siriani cercano sul campo pezzi di verità su «chi uccide chi in Siria» (una questione macabra ma centrale). I media internazionali li ignorano per dare credito unicamente alle liste e alle denunce spesso senza fondamento o false diffuse dal famoso Osservatorio siriano sui diritti umani (Sohr) basato a Coventry e da altri attivisti vicini all’opposizione armata e al Consiglio nazionale siriano (Cns), beneamato dall’Occidente e dai petroemiri. 
Fra la Reuters che attribuisce all’Onu il ritornello ricorrente «Assad ha ucciso almeno novemila civili» (l’Onu in realtà, che pure ha fonti di parte come appunto il Sohr, parla in generale di «vittime della violenza»), e il governo siriano che diffonde una propria conta dei morti – riferita solo da Telesur e dalla russa Rt – con 6.143 vittime civili e militari «per opera di gruppi armati e terroristi», non è facile il lavoro di Vox clamans, del Sovvt e della tivù privata Addounia. 
Vox Clamans è il «centro di informazione cattolico» autorizzato dalla diocesi di Homs. Ha sede a Qara -presso il Monastero greco-cattolico Deir Mar Yacoub (dedicato a san Giacomo l’interciso). Lo anima la superiora del monastero, madre Agnès-Mariam de la Croix, di origine palestinese, che da mesi indaga e compila liste di vittime civili dei gruppi armati («rapiscono, uccidono, decapitano, rubano, cacciano le persone dalle case, bombardano in nome di una presunta opposizione») e spesso capovolge «notizie» dei grossi media. Il centro d’informazione riporta il caso recente della cacciata di tutte le famiglie cristiane dal villaggio di Al Qastal Al Borj (Hama) nonché le parole del Patriarca Gregorius III: «Il governo siriano è legato e annullato dalla politica internazionale; (…) senza vere indagini lo si accusa di compiere massacri e bombardare i civili mentre gli atti barbari compiuti dagli insorti sono passati sotto silenzio. C’è una volontà internazionale che cerca di esacerbare le differenze e provocare il conflitto in Siria, armando e appoggiando con mezzi diversi forze incontrollabili». Sovvt, Osservatorio siriano per le vittime della violenza e del terrorismo (Sovvt), ha sede a Damasco nel quartiere Mezzeh, al piano interrato presso l’ufficio di una ditta che si occupa di fiere. Va un po’ a rilento – ha finora completato 500 files – perché soprattutto in zone calde come Homs non è facile trovare ricercatori. 
Ali Alloush, impiegato della ditta, e Inaam, maestra originaria di Lattakia ora in congedo per un anno, tengono insieme le fila del lavoro che consiste nell’approfondire le notizie sulle violenze mandando corrispondenti locali a parlare con le famiglie, controllare negli ospedali ecc. Il Sovvt sostiene – e ha molti esempi da mostrare – che spesso la realtà è il contrario di quel che al Jazeera e gli altri media dicono. Si pensi alle liste di nomi di «vittime del governo» stilata dall’Osservatorio londinese Sohr: «Là dentro abbiamo trovato persone inesistenti, nomi falsi, vittime del terrorismo – civili e militari – imputate invece all’esercito…». Il Sovvt ha anche documenti sulle detenzioni arbitrarie ad opera del governo. Addounia, tivù privata siriana, ha sede sulla strada verso l’aeroporto di Damasco. Era un canale puramente commerciale, ma «di fronte alla guerra mediatica contro la Siria abbiamo preso sul serio l’idea che cercare la verità sia un dovere dei media», dice il direttore delle news Hassem Hassan. Ogni giorno la tivù ha un programma contro la disinformazione. Solo in arabo. Del resto la sua visione in Europa è oscurata per via delle sanzioni, a proposito di libertà di informazione in Occidente. «Ci interessa raggiungere appunto i telespettatori arabi e quelli siriani in particolare. Anche loro sono intossicati» sostiene Hassan; «I nostri reporter vanno dove accadono eventi riferibili alla ‘repressione’ o alla ‘sollevazione popolare’ e intervistano le persone, ad esempio i testimoni o le famiglie dei morti». La redazione fa anche un lavoro certosino di studio dei filmati taroccati o preconfezionati che gli «attivisti» mandano soprattutto ad al-Jazeera.

* Il Manifesto

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