Ormai da giorni Donetsk e Gorlovka sono sotto il fuoco delle artiglierie e dei mortai pesanti ucraini. La riunione a Minsk del gruppo di contatto, in cui si è deliberato lo sminamento dell’area cuscinetto tra gli schieramenti e il divieto di ogni “esercitazione” a fuoco, sembra lettera morta. In vari rioni di Donetsk è stato dichiarato lo stato di massimo pericolo e l’amministrazione municipale invita a non uscire dai rifugi. Secondo Novorosinform, Kiev sta lanciando, contemporaneamente all’attacco militare, anche un’offensiva mediatica, divulgando notizie sulla caduta di alcuni punti strategici in mano alle milizie popolari.
Evidentemente, oltreoceano si reputa questo il momento opportuno per incrementare l’appoggio al regime golpista, nella prospettiva di un attacco decisivo alle Repubbliche popolari.
Ecco dunque che, come riportava la Tass martedì, il generale USA Philip Breedlove, comandante in capo delle forze congiunte Nato in Europa, si è espresso per la fornitura all’Ucraina di aiuti militari di ogni tipo, letali e non letali. Nel corso di audizioni al Congresso, Breedlove ha dichiarato di aver presentato le proprie “raccomandazioni” in merito, ai vertici militari e politici USA. Fino ad ora, quantomeno formalmente, le forniture USA all’Ucraina erano limitate a mezzi “non letali”, quali equipaggiamenti, mezzi di trasporto, visori notturni, apparecchi di collegamento, ecc. Con la definizione di “aiuto militare letale” si intendono i sistemi d’arma da combattimento, da usarsi sia per l’abbattimento di forze nemiche, sia per la distruzione dei loro mezzi da guerra. Il tutto rientra in quello stanziamento di 300 milioni di $ che gli USA hanno destinato agli aiuti militari all’Ucraina per il 2016. Breedlove ha ricordato anche che gli oltre 300 istruttori USA della 173° brigata aerotrasportata USA (di stanza a Vicenza) hanno portato a termine, al poligono di Javorov, nella regione di L’vov, la prima tappa del programma di addestramento delle forze armate ucraine che, per il 2016, prevede la preparazione di cinque battaglioni. Nel 2015, i paracadutisti della 173° hanno addestrato tre battaglioni della Guardia nazionale ucraina, composta in larga parte da ex “volontari” dei battaglioni neonazisti, cui il Ministero della difesa di Kiev ha deciso, inquadrandoli nelle forze armate regolari, di conferire con ciò stesso una veste “ufficiale”.
Trasferendo le proprie esternazioni su uno scenario più vasto, Breedlove ha anche accusato Mosca e Damasco di bombardare intenzionalmente obiettivi civili in Siria per provocare grossi flussi migratori verso l’Europa e “spezzarne la volontà politica” e ha affermato che la Nato, con gli USA in testa, si esercita per un possibile scontro con la Russia sul teatro europeo. Ecco che quindi tutti paesi membri dell’Alleanza, su “indicazione” di Washington, stanno “elevando l’efficienza bellica delle proprie truppe, per essere pronti, in caso di necessità, al conflitto” con la Russia. Ciò viene fatto, in particolare, nel quadro dell’iniziativa statunitense per il rafforzamento della sicurezza degli alleati, che prevede, per l’Europa, il mantenimento della presenza di truppe USA a rotazione, l’attivazione sempre più frequente di manovre militari e il dislocamento di ulteriori contingenti di militari e mezzi bellici.
Ciononostante, alcuni paesi europei temono comunque gli “attacchi di Mosca” che, come hanno detto a suo tempo al Dipartimento di stato USA, si sta “pericolosamente avvicinando alle frontiere della pacifica Alleanza atlantica”. E si preparano dunque a “difendersi”, con l’appoggio yankee. Diversi mesi fa, Aleksej Fenenko, docente di politica mondiale all’Università di Mosca, aveva detto di ritenere che Washington cercherà di controbilanciare i successi della politica russa nel mar Nero, “provocando una pericolosa crisi con la Russia” nel mar Baltico.
Effettivamente, non hanno ormai soluzione di continuità le cosiddette “esercitazioni” congiunte con la partecipazione di un po’ tutte le forze armate dei paesi Nato, a ridosso soprattutto dei confini russi settentrionali. Ma lì non c’è solo la Nato in quanto “alleanza”: in prima persona vi opera il suo vertice, l’US Army, con reparti della 173° Brigata aviotrasportata USA che si “addestrano” congiuntamente alla fanteria estone, all’estrema punta sudorientale dell’Estonia. Nel Baltico sono presenti caccia statunitensi di quinta generazione F-22 “Raptor”, l’aereo da guerra più costoso al mondo: quasi 150 milioni di $. Esattamente un anno fa, la battute finali della campagna elettorale in Estonia si erano svolte all’ombra della parata di mezzi blindati USA a Narva, a 500 metri dalla frontiera con la Russia; la scelta della città non era casuale: sui manuali Nato essa rappresenta il primo obiettivo di ogni “aggressione russa all’Occidente”.
La Lituania, considerata dall’Alleanza atlantica una zona cuscinetto, ha già in funzione una forza militare di reazione rapida da schierare ai confini con la Russia e, istruiti dai consiglieri Nato, i militari lituani stanno studiando “i sistemi di guerra e guerriglia” usati dalle truppe di Kiev e dai battaglioni neonazisti nel Donbass. Intercettori di paesi Nato (anche italiani) sono costantemente in volo ai confini settentrionali della Russia; nel quadro di altre manovre congiunte, la scorsa settimana Washington ha inviato in Norvegia tre bombardieri strategici B-52, “super fortezze volanti”, punta di lancia dello “scudo nucleare” statunitense. Ovviamente, anche quelle norvegesi vengono qualificate come “esercitazioni”: si svolgono nel bacino del mar Glaciale Artico, giustappunto alla distanza di volo di un bombardiere dalle frontiere russe.
Sempre nel Baltico, si solleva ora la questione dei polacchi che vivono in Lituania e che, a detta di Vilnius, potrebbero diventare “un’arma in mano alla Russia”. Dalle parole del comandante in capo le Forze armate lituane, Jonas Vitautas Žukas, riportate da BaltNews.lv, secondo cui qualcuno “può tentare di servirsi delle minoranze etniche che vivono in Lituania per provocare incidenti”, il sito polacco Kresy.pl ha dedotto che l’alto ufficiale lituano si riferisse proprio alla minoranza polacca, che potrebbe divenire una “quinta colonna” di Mosca. In effetti, non è un mistero che in Polonia siano attivi movimenti a favore del ristabilimento delle frontiere del 1939 (anche nei confronti dell’Ucraina) che includevano anche larga parte dell’odierna Lituania, compresa la capitale Vilno.
Mentre l’attenzione e gli immediati pericoli di guerra sono di fatto concentrati sugli scacchieri mediorientali e meridionali, lo scenario nord dell’accerchiamento militare della Russia, ormai da anni, non conosce tregua. E se il teatro ucraino, da cui da alcuni mesi è distolta l’attenzione dei media, può servire da banco di prova per gli armamenti USA che ci si prepara a fornire alle bande terroristiche di Kiev nel Donbass, il nord Europa non promette un contesto più rassicurante. “Gli dei filarono questo per i mortali infelici”, ripeterebbe Achille sotto le mura di Troia; qualche migliaio di anni dopo, “gli dei” non hanno nomi greci, dalle profondità delle acque emergono solo i loro periscopi, dalle regioni celesti inviano non saette, ma ordigni teleguidati ed essi siedono molte miglia marine al di là delle colonne d’Ercole.
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