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Il vertice del tutto o niente

Così come la Germania che conta sa benissimo che la corda tirata non deve spezzarsi.

Ora siamo al limite di rottura, quindi – tra domani e dopodomani – qualcosa di “positivo” in senso politico-finanziario dovrebbe verificarsi. Ma mai dire mai, perché le reazioni e i veti incrociati a questo punto sono difficili da sciogliere. E non è affatto detto che un compromesso necessario ma zoppicante sia, a conti fatti, un risultato sufficiente per “tranquillizzare i mercati”.

La crisi dell’euro, come spiega benissimo Joseph Halevi oggi, affonda – oltre che sulle dinamiche della crisi globale – su una fragilità strutturale derivante dalle scelte istituzionali operate fin dalla fondazione. Non c’è uno stato federale che batte moneta cmune, ma solo una serie di “patti” costruiti secondo un working progress che ha subito molti stop e diverse correzioni di rotta importanti. Ma il principale “baco” nel programma di integrazione pluridecennale consiste nella costruzione di un “mercato comune” (produzione, merci, scambi, ecc) orientato alla competizione interna anziché – come avviene in ogni Stato, anche se federale – alla cooperazione.

Ora questa assurdità strutturale arriva al redde rationem. Chiedere alla Germania di essere “meno cmpetitiva” si può solo riconoscendo che è stata la Germania a “vincere” la competizione. E quindi che ha il diritto di stabilire regole che valgono per tutti.

È un gioco rischioso, ma non ce ne sono altri in vista. E se persino uno come Giuliano Amato considera necessario “un piano B”, allora la sittuazione deve essere molto oltre il livello di guardia.

E tutti i media padronali tremano davvero.

 

Merkel: «Mai gli eurobond finché vivo»

dal nostro corrispondente Beda Romano

BRUXELLES – La Germania ha reagito negativamente all’atteso rapporto sul futuro della zona euro in grave crisi debitoria che il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy ha presentato ieri. Pur equilibrato nei contenuti – fino a deludere coloro che speravano in proposte più ambiziose e univoche – il testo, che menziona varie opzioni di obbligazioni europee, ha indotto il cancelliere Angela Merkel a ribadire che non vi sarà alcuna mutualizzazione dei debiti finché sarà in vita.

Come molti documenti europei, la relazione è un compromesso che deve tenere conto delle varie sensibilità nazionali. Il rapporto quindi propone «una visione per una unione monetaria che sia stabile e prospera». Tre sono i tasselli che secondo Van Rompuy vanno rafforzati: una unione bancaria, una unione di bilancio, una unione economica. Il rapporto tratteggia le varie possibilità per rafforzare l’integrazione europea, ma preferisce evitare sia scadenze precise che scelte concrete.

Ciononostante, le prime reazioni tedesche sono state negative. «Non vedo la possibilità di mutualizzare i debiti finché vivrò», avrebbe avvertito la signora Merkel a Berlino secondo alcuni deputati. A molti la presa di posizione è sembrata un segnale negoziale in vista del vertice di domani e venerdì più che una vera e propria critica al rapporto Van Rompuy. I tedeschi non vogliono che le obbligazioni europee diventino la soluzione solo perché non si trovano altri strumenti per calmare i mercati finanziari.

Volutamente, nel suo rapporto Van Rompuy ha preferito dedicarsi alle piste di lungo periodo. A leggere il documento, messo a punto con l’aiuto del presidente della Commissione José Manuel Barroso, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker e il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, l’unione bancaria sembra essere l’obiettivo più facile da raggiungere a breve termine. Non solo è in parte prevista dai trattati; ma è anche già oggetto di iniziative legislative.

Il pacchetto deve prevedere una sorveglianza centralizzata, una garanzia in solido dei depositi, e un fondo di gestione delle crisi bancarie. Il primo aspetto è relativamente facile da mettere in pratica, applicando l’articolo 127 dei Trattati e trasferendo alla Banca centrale europea la vigilanza bancaria. Sugli altri due tasselli, il documento è vago. Per quanto riguarda uno schema di assicurazione sui depositi, il rapporto parla della necessità di «introdurre una dimensione europea agli schemi nazionali».

Più difficile appare la creazione di una unione di bilancio. Nel testo reso pubblico ieri, Van Rompuy non parla mai di cessione di sovranità per non urtare le diverse sensibilità nazionali, in particolari francesi e olandesi. «Passi ulteriori verso l’emissione in comune di passività nazionali – si legge nel documento – possono essere considerati purché esista un robusto assetto di disciplina di bilancio e di competitività per evitare l’azzardo morale e promuovere responsabilità e rispetto delle regole».

Nel frattempo si possono immaginare passaggi preliminari. «Limiti ai saldi di bilancio e ai livelli di debito dei Governi potrebbero essere decisi in comune. L’emissione di debito governativo oltre questi livelli dovrebbe essere giustificata e ricevere una previa approvazione. In questo contesto, la zona euro potrebbe chiedere cambiamenti alle voci dei bilanci nazionali se queste sono in violazione delle stesse regole di bilancio, tenendo comunque in conto la necessità di salvaguardare l’equità sociale».

Spiega un responsabile europeo: «È chiaro che solidarietà richiede disciplina. I due concetti devono andare di pari passo in un processo graduale. Nessun Paese deve ritenersi offeso o aggredito». Aggiunge un altro esponente comunitario: «Abbiamo cercato di preparare un rapporto che distribuisca il dolore in modo omogeneo su tutti i paesi, senza scontentare nessuno in particolare». Il problema è che i mercati finanziari speravano in maggiori certezze, e ieri sono rimasti delusi.

da Il Sole 24 Ore


Non si scherza con il fuoco

Roberto Napoletano (direttore de Il Sole 24 Ore)

Signora Merkel, a che gioco stiamo giocando? Le sue inspiegabili rigidità (“Nessun debito comune finché vivo”) alimentano i peggiori sospetti. Vuol, forse, cuocere l’euro a fuoco lento come sembra suggerire la copertina del rapporto di Roland Berger sulla Germania? Ci permettiamo di consigliarle una sua rapida lettura.
Scoprirà che l’immagine è solo una provocazione e che meno di una azienda tedesca su dieci ritiene che l’euro si possa rompere, le sue grandi imprese scommettono sull’Europa.
Mai l’Italia, che di colpe ne ha ma i suoi compiti li sta facendo, è citata come un problema. L’Europa non ha bisogno di nuovi diktat ma di leader che costruiscano una vera Unione politica. Il dividendo della storia vale di più (molto di più) di qualsivoglia calcolo elettorale. Giocare con l’euro oggi è un po’ come scherzare con il fuoco. Si rischia di rimanere scottati.

 

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