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Spionaggio Usa contro il movimento No War

I tempi sono cambiati, ovviamente. Allora la polizia intercettava i telefoni fissi, infiltrava o comprava informatori all’interno dei movimenti e dei partiti, pedinava qualcuno per “approfondire” la conoscenza.
Oggi, accanto a tutti questi mezzi – che sono ovviamente rimasti in auge, senza perdere nemmeno un grammo di importanza (a cominciare dall'”infiltrazione”) – c’è naturalmente il “grande occhio elettronico” che monitora costantemente le comunicazioni via Internet.
Non si può infatti dimenticare che la “grande libertà garantita dalla rete” è un giocare su un terreno hardware industriale: costruito, gestito, controllato, implementato dai suoi proprietari e dagli Stati più importanti.
La seconda cosa da ricordare è che sono comunque gli uomini e le donne in carne e ossa rendere “significative” certe informazioni captabili col controllo della rete; o a illuminarle meglio. Per questo le spie umane restano un grande strumento di controllo, divisione, prevenzione dello sviluppo dei movimenti antagonisti.
In ultimo, non può che far sorridere il giudizio dato dai “controllori” americani sullo stile “oppositivo” dei sindacati ufficiali in occasione delle proteste per questa o quella guerra imperialista: “abbaiano, ma non mordono”.
Basta ricordare che non c’è nulla da ridere. Qualsiasi oppositore cerchi anche di “mordere” viene trattato senza umorismo.

L’occhio elettronico di Washington sul movimento No War

Fonte: Infoaut

Washington sorvegliava in modo esteso il movimento No War italiano nel 2003. È quanto emerge da due cable pubblicati da Wikileaks in questi giorni. Tempismo perfetto. Quello cui Wikileaks, nel bene e nel male, ci ha abituato negli ultimi mesi. A pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione sui fatti del G8 di Genova, che ha confermato in via definitiva le condanne per gli imputati accusati di devastazione e saccheggio, l’organizzazione che fa capo a Julian Assange gioca le sue carte anche in questa partita, proprio quando i protagonisti di quella fase politica (definita impropriamente dal mainstream con l’abusatissima etichetta “no global”) tornano sotto la luce dei riflettori. Due nuovi cable, inviati nel febbraio 2003 dall’ambasciata di Roma agli uffici del dipartimento di Stato, rivelano come Washington avesse messo sotto stretta ed estesa sorveglianza le comunicazioni di alcune delle realtà politiche animatrici della prima ondata del movimento No War. A turbare il sonno dell’ambasciatore Spogli e dei vertici dell’amministrazione Bush erano sopratutto le iniziative di trainstopping: azioni dirette di massa, praticate dal movimento con l’intento di fermare i “treni della morte”: quei convogli speciali che trasportavano materiale logistico ed equipaggiamento bellico statunitense destinato al teatro di guerra iracheno. Meno preoccupante veniva invece considerata l’opposizione dei sindacati confederali («abbaiano ma non mordono»), bollata come «simbolica e minimale». Dai telegrammi citati però, non emerge quale istituzione abbia intessuto la rete di spionaggio nei confronti degli attivisti mobilitatisi per opporsi allo scoppio del secondo conflitto del Golfo. Fuori questione invece è la stretta collaborazione tra Washington e Roma, anche grazie alla collaborazione di Trenitalia. L’azienda ferroviaria, infatti, partecipava attivamente all’unità di crisi istituita dal ministero dell’Interno per predisporre un insieme di contromisure volte ad indebolire le iniziative del movimento. Una vicenda, quella delle iniziative di trainstopping, non priva di strascichi giudiziari: in diverse città italiane erano stati numerosi i militanti finiti sotto processo per essersi opposti attivamente alla guerra. E la stessa Trenitalia aveva citato in giudizio il collettivo Autistici/Inventati per aver ospitato sui suoi server un sito fake che accusava l’azienda di avere le mani sporche di sangue per l’appoggio prestato supinamente ai militari americani. I cable di Wikileaks Government Of Italy Has Handle On Trainstopping Italian Unions Bark, But Shouldn’t Bite, On Military Transhipments

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