”L’attentato ha alcuni marchi di Hezbollah ma non siamo in grado di determinare esattamente chi sia l’autore”. Non è passata inosservata ieri la dichiarazione del portavoce del Pentagono statunitense, George Little, in merito all’attacco in Bulgaria contro un autobus pieno di gitanti israeliani che ha provocato sette morti.
Di fatto Washington si unisce a Israele nell’indicare nel movimento politico-militare libanese, e quindi nell’Iran, i responsabili dell’attentato. Avvalorando, per ora solo indirettamente, la tesi sostenuta da Tel Aviv che sia necessario dar vita ad una operazione militare contro il Libano oppure direttamente contro Teheran.
Che fossero stati gli Hezbollah a colpire all’aeroporto di Burgas gli israeliani lo avevano affermato immediatamente, pochi minuti dopo l’esplosione, con una sicurezza più che sospetta. E a molti analisti è venuto il sospetto che Israele aspettasse – o avesse addirittura innescato – un casus belli per poter smuovere proprio gli Stati Uniti finora assai reticenti nei confronti di una nuova guerra contro l’asse tra Libano-Siria-Iran. La dichiarazione di Little potrebbe indicare che l’amministrazione Obama dopo l’attentato si è quantomeno ammorbidita rispetto alle richieste belliciste di Tel Aviv.
Il quotidiano di Sofia ’24 chassa’ (24 Ore), citando una fonte anonima dei servizi di sicurezza bulgari, scrive oggi che due libanesi avrebbero addestrato il kamikaze prima di mandarlo a uccidere gli israeliani appena giunti in vacanza sul Mar Nero. Per questo, aggiunge il giornale, i servizi speciali stanno passando al setaccio tutti i libanesi, un migliaio circa, entrati in Bulgaria nell’ultimo mese per individuare possibili collegamenti e appoggi per il kamikaze di Burgas. Sarebbero stati i fiancheggiatori a procurare l’esplosivo – in tutto 3 kg di tritolo – e il necessario per preparare la bomba, ad accogliere il kamikaze in un appartamento in affitto o in un albergo, e ad istruirlo per alcuni giorni su come comportarsi e agire all’aeroporto di Burgas. Da parte sua il ministro dell’interno bulgaro Tsvetan Tsvetanov, ribadendo che il kamikaze non é Mehdi Ghezali – un attivista islamico nato in Svezia da padre algerino e madre finlandese, ex detenuto a Guantanamo e ritratto dalle telecamere dell’aeroporto prima dell’attentato – non ha escluso oggi l’esistenza di un complice, affermando che l’autore dell’attentato non é comunque un cittadino bulgaro. Intanto alle indagini stanno lavorando non solo i servizi di sicurezza bulgari, ma anche l’Fbi e la Cia statunitensi, i servizi segreti israeliani e i responsabili dell’Interpol. I media di Sofia riferiscono che il procuratore di Burgas, Kalina Chapkanova, ha parlato di due testimoni che hanno riconosciuto l’immagine del presunto kamikaze fatta circolare dalle autorità bulgare col video dell’aeroporto. Il primo é il titolare di una società di autonoleggio di Pomorie, località a venti km da Burgas, secondo il quale il giorno prima dell’attentato il presunto terrorista, parlando inglese con accento straniero, avrebbe chiesto di noleggiare un’auto. Ma il responsabile della ditta, insospettito dalla sua patente – del Michigan, negli USA – si è rifiutato di noleggiargli la vettura. Il secondo testimone é un tassista che poco prima dell’esplosione ha condotto il kamikaze all’aeroporto di Burgas.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa