“I minatori vivono in baracche di lamiera ammassate l’una sull’altra, senza acqua, luce né servizi igienici” dice monsignor Kevin Dowling, il vescovo di Rustenburg, intervistato dall’agenzia di stampa Misna. Dopo il massacro di Marikana il nodo della discriminazione di classe, sopravvissuta a quella razziale dei tempi dell’apartheid, è venuto alla luce in tutta la sua gravità. “Invece di ospitare i lavoratori in abitazioni adeguate – sottolinea il vescovo –
I minatori continuano a manifestare e a scioperare, all’indomani del massacro che ha riportato il paese ai tempi bui della segregazione razziale. Uno dei nodi principali del contenzioso con le multinazionali del platino – e dell’oro – è l’aumento dei salari, che il sindacato più radicale vuole portare dall’equivalente di
Sul conflitto tra diverse sindacali che ha portato al massacro di Marikana nei giorni scorsi si è espresso in un documento il Partito Comunista Sudafricano, forza di governo e protagonista della pluridecennale lotta contro l’apartheid. Il Sacp prende in qualche modo le difese del sindacato ufficiale, il Num, e denuncia come ‘provocatorio’ il comportamento del sindacato che nel conflitto con
Il partito avverte giustamente che è impossibile comprendere la tragedia di Marikana senza considerare il modo con cui i grandi gruppi minerari, che fanno man bassa di più dell’80% delle risorse mondiali di platino, hanno suscitato la povertà delle comunità, fonte di disperazione e di divisione strumentalizzabili. Ma la richiesta di messa fuori legge dell’AMCU da parte di alcuni esponenti del partito e la difesa acritica dell’asse tra Cosatu (sindacato), Anc e Sacp suona come una rimozione dei grandi problemi e delle questioni irrisolte con cui il paese deve confrontarsi. Che le multinazionali cerchino di sfruttare le contraddizioni generate dalla situazione è ovvio. Ma è anche evidente che una maggiore indipendenza del sindacato rispetto al governo e dalle compatibilità dettate dall’alleanza con l’Anc potrebbero portare ad un aumento del ruolo dei settori critici senza mettere in discussione la stessa alleanza.
Ieri il Comitato esecutivo del partito che governa il Sudafrica dalla fine del regime razzista si è riunito per discutere di Marikana e delle sue possibili conseguenze politiche e sindacali. La questione delle miniere e più in generale quella delle tensioni sociali nelle baraccopoli potrebbero essere centrali anche a dicembre, quando l’African National Congress dovrà decidere se candidare ancora alla presidenza del paese Jacob Zuma. Negli ultimi mesi il platino è passato da
Prendendo spunto dal conflitto di Marikana e dallo scontento di un settore sempre più ampio dell’opinione pubblica, i dirigenti dell’organizzazione giovanile dell’Anc nei giorni scorsi si sono pronunciati a favore della nazionalizzazione di alcuni comparti del settore minerario, criticando implicitamente l’immobilismo del loro stesso partito e del governo di Zuma sulle grandi questioni irrisolte in un Sudafrica che dal punto di vista sociale ed economico non è poi molto cambiato dai tempi del regime segregazionista. Qualche imprenditore nero si è unito ad una elite ancora sostanzialmente bianca, ma la maggioranza della popolazione continua a vivere in condizioni tremende e negli ultimi anni l’esplosione della criminalità e la diffusione del virus dell’Hiv sono diventate vere e proprie emergenze ingestibili.
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