Mentre nei giorni scorsi a scendere in campo sono stati i lavoratori delle miniere d’oro – provocando un’impennata del prezzo del metallo giallo – oggi la vertenza dei minatori della miniera di platino di Marikana ha vissuto un improvviso ritorno di fiamma.
Oltre mille minatori in sciopero ormai da settimane per migliori condizioni di lavoro e per l’aumento del loro salario hanno manifestato questa mattina davanti ai cancelli della miniera teatro della strage del mese scorso, controllati a vista da un ingente schieramento di polizia.
Il clima è particolarmente infuocato per l’emergere di nuove testimonianze che accusano i poliziotti di brutalità gratuite contro i lavoratori e di omicidio a sangue freddo. Nei giorni scorsi la Procura, di fronte allo sdegno generale, ha deciso di scarcerare la maggior parte dei 270 lavoratori imprigionati con l’accusa di omicidio in base ad una legge varata ai tempi della segregazione razziale contro i movimenti d’opposizione. Molti di loro, comunque, dovranno rispondere di altri reati anche gravi e verranno presto processati. Ma il gesto chiesto a gran voce da alcuni settori dello stesso governo – in seria difficoltà di fronte all’opinione pubblica – non è bastato a placare gli animi, dopo l’emergere di due nuove testimonianze pubblicate da media sudafricani che confermano che il 16 agosto alcuni minatori sono stati sommariamente giustiziati dalla polizia e non uccisi in un “eccesso di difesa” da parte degli agenti che temevano per la propria vita.
“Ho visto un uomo in ginocchio con le mani in alto che supplicava che gli fosse risparmiata la vita”, ha raccontato allo Star Lungisile Lutshetu, uno dei minatori arrestati. “Ma gli agenti lo hanno freddamente mitragliato” ha aggiunto. Lungisile ha visto 15 minatori uccisi o feriti, e lui stesso è stato estratto da una pila di cadaveri e di feriti quando la polizia si è accorta che era ancora vivo e lo ha arrestato. Il quotidiano ha raccolto un’altra testimonianza di un minatore, Johannes Mashabela, assunto a luglio dalla multinazionale Lonmin e che ha sentito un ufficiale dare l’ordine di sparargli addosso. “Non c’era modo di fuggire a causa dei cordoni della polizia. Ed è la che ho raggiunto gli altri che correvano verso il campo. Poi ho visto la gente cadere intorno a me”, ha detto.
La versione ufficiale diffusa dai comandi della Polizia e sostenuta anche dal governo, che pure ha ordinato un’inchiesta sull’accaduto, afferma che i poliziotti hanno aperto il fuoco per difendersi quando la folla di minatori, armati di lance e di machete – e di armi da fuoco, mai ritrovate – li hanno attaccati.
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