Durante una manifestazione un sindacalista dell’Unione nazionale dei minatori (aderente alla confederazione sindacale Cosatu) è stato ucciso ieri sera a Marikana, nel nord-ovest del paese, da colpi sparati dagli agenti mentre si trovava all’interno della propria abitazione. “Il sindacato e i suoi membri stanno perdendo la fiducia nella capacità della polizia di proteggere civili innocenti” ha commentato il portavoce dell’Unione nazionale dei minatori, Lesiba Seshoka dimostrando tutta la difficoltà di un’organizzazione stretta tra la violenza delle forze di sicurezza e la necessità di rappresentare gli interessi dei lavoratori e un’alleanza con l’Anc al governo che in molti ormai ritengono sbagliata. Quello di Marikana è il secondo morto in poche ore.
Ieri la tensione era tornata alta anche a Rustenburg, città mineraria a nord-ovest di Johannesburg, dove un uomo è stato ucciso dalla polizia durante una manifestazione dei lavoratori di una miniera di platino della multinazionale ‘Amplats’ (Anglo American Platinum), entrati in sciopero per rivendicare aumenti salariali. All’inizio della settimana altri cinque lavoratori erano stati uccisi dalla polizia che ormai spara sui manifestanti senza troppi complimenti da quando lo scorso 16 agosto 34 minatori di Marikana vennero falciati dai mitra degli agenti.
I lavoratori hanno accusato le forze di sicurezza di aver aperto il fuoco contro un raduno di minatori ma il Comando della polizia assicura di aver utilizzato soltanto proiettili di gomma (per altro non necessariamente meno letali) e gas lacrimogeni per “disperdere una protesta illegale”. Lo sciopero si è esteso ad altri due pozzi della Amplats – numero uno mondiale della produzione di platino, filiale del gigante anglo-sudafricano ‘Anglo American’ – nella vicina provincia di Limpopo, quelli di Union Mine e Bokoni.
Il settore minerario, vitale per l’economia sudafricana, è in preda a un’ondata di scioperi che sta coinvolgendo circa 80.000 lavoratori. Dopo sei settimane di conflitto, nel quale 46 persone hanno perso la vita, il braccio di ferro salariale alla miniera di Marikana si è concluso con un accordo salariale tra i minatori e la compagnia Lonmin, terzo produttore mondiale di platino, che ha dovuto concedere aumenti del 22%.
Ma proprio in virtù dei risultati ottenuti dai dipendenti di Marikana il malcontento per difficili condizioni di lavoro e stipendi troppo bassi si é esteso ora ai pozzi del bacino di Rustenburg, che danno lavoro a 28.000 persone entrate in agitazione dal 12 settembre. L’altroieri i manifestanti hanno anche bloccato le strade con copertoni incendiati, impedendo l’accesso alla collina sulla quale sorge il sito della ‘Amplats’. Dopo questa estrema protesta la multinazionale ha licenziato dodicimila lavoratori. “Circa 12.000 lavoratori non si sono presentati alle riunioni dei consigli disciplinari e quindi sono stati licenziati” ha detto un portavoce della ‘Amplats’. Decisione che sicuramente renderà più duro lo scontro in atto.
È di ieri la notizia della sospensione delle consegne di benzina ai distributori da parte della Royal Dutch Shell nella regione di Johannesburg; la multinazionale anglo-olandese ha motivato la scelta con problemi di sicurezza legati a uno sciopero degli autotrasportatori in corso da due settimane.
E ieri anche il costruttore automobilistico giapponese ‘Toyota’ ha annunciato che alcuni dei suoi impianti sudafricani sono fermi dopo che gli operai locali hanno deciso di incrociare le braccia per chiedere aumenti salariali.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa