Tanto da aver accumulato un patrimonio calcolato in 2,7 miliardi di dollari. “Molti parenti di Wen Jiabao, tra cui il figlio, la figlia, il fratello minore e il cognato sono diventati straordinariamente ricchi durante la sua leadership”. Come avviene in tutto il mondo occidentale, le posizioni di potere sono un eccellente “viagra” per le capacità imprenditoriali. L’aveva capito persino il Fiorito di Anagni…
Un’uscita di scena poco trionfale per Wen Jiabao è stata allestita ieri dall’uscita sul New York Times di una dettagliata ed esplosiva inchiesta sulle ricchezze ammassate dalla famiglia del premier cinese all’ombra del suo potere. I beni complessivi ammonterebbero a 2,7 miliardi di dollari, accumulati tra il 1992 e il 2012 grazie a investimenti e proprietà azionarie in compagnie di assicurazione, banche, pietre preziose e gioielli, società immobiliari e nel settore dell’alta tecnologia e delle infrastrutture. Con il favore, talvolta, della finanza offshore.
Il ministero degli esteri cinesi ha gridato ieri alla «diffamazione» e ha accusato il quotidiano Usa di avere «secondi fini». Le edizioni web in cinese e in inglese del giornale sono state nel frattempo oscurate.
Le partecipazioni e i capitali non sono a nome di Wen, ma fanno capo a una rete di congiunti che vede in prima fila la moglie Zhang Beili, conosciuta anche come «la regina dei diamanti» per il controllo esercitato sul settore, e il figlio di 40 anni, Wen Yunsong, meglio noto come Winston Wen, mago delle start up nel settore hi-tech, creatore di società rivendute a caro prezzo o dagli enormi profitti. Sotto, un intreccio familistico di sorelle, cognati, nuore sparsi in una serie di scatole cinesi costruite allo scopo di nascondere le identità e che solo con l’aiuto di ottime fonti e straordinari documenti il New York Times è riuscito a ricostruire. Persino la vecchia madre del primo ministro, Yang Zhiyun, 90 anni, dispone di una partecipazione azionaria del valore di 120 milioni di dollari (ultimo accertamento 5 anni fa) in una compagnia di assicurazione cinese, la Ping An Insurance, fra le più grandi del mondo.
L’inchiesta, scrive il Nyt, non ha trovato prove che il premier abbia usato il proprio ascendente politico per favorire in modo diretto le compagnie legate ai suoi congiunti. E oggi si ricordano le rivelazioni di Wikileaks del 2007, un cablo diplomatico Usa in cui si descriveva un Wen Jiabao «disgustato dalle attività della sua famiglia».
Il disgusto tuttavia non impedì al premier nel 2004 di far approvare dal Consiglio di stato norme che esentavano le compagnie di assicurazioni dal rispetto di alcune norme. Ciò avveniva alla vigilia di un’offerta pubblica di azioni per l’aumento di capitale da parte di Ping An. Azioni che membri della famiglia Wen avevano provveduto ad acquistare prima dell’Ipo, ricavando un notevole profitto. Forse il premier ne era all’oscuro. Ma che dire della commessa da 30 milioni di dollari assegnata dal governo alla società del suo fratello minore per gestire il trattamento delle acque reflue e lo smaltimento dei rifiuti medicinali in alcune delle maggiori città cinesi. E di sicuro il “principino” Winston Wen non aveva difficoltà a procurarsi i finanziamenti necessari per avviare le sue brillanti imprese. Quanto alla signora Wen, il fatto di aver diretto compagnie statali del settore dei preziosi le ha consentito di trarre vantaggio sia dal controllo sia dalle privatizzazioni del medesimo. Ma quest’ultimo arrembaggio attiene ai meccanismi perversi con cui in Cina le proprietà pubbliche sono passate e passano di mano.
Insomma uno sguardo insolitamente approfondito su uno degli aspetti più oscuri della Repubblica popolare: l’intreccio fra politica e mondo degli affari che prospera nel mare dei guanxi, le relazioni privilegiate di cui dispone chi al potere è molto vicino.
Un bel colpo, per il Nyt. Resta da capire chi abbia passato tanta dovizia di informazioni riservate, considerate in Cina segreto di stato. A Pechino gira voce che siano stati spediti direttamente da Zhongnanhai, il quartiere dei vertici. Un’ipotesi da complotto che tuttavia ha un suo senso.
Dopo la distruzione umana e politica di Bo Xilai, si dice, nessuno ai vertici si sente più sicuro. Tutte le famiglie hanno qualcosa da nascondere agli imbufaliti e disgustati cinesi. Da qui la fuga verso altri lidi dei files, che vengono rilasciati selettivamente. Un gioco ad alto rischio di autodistruzione. Dopo il fatidico Congresso, si dice, le sorprese continueranno.
Quanto a Bo Xilai, ieri l’ultimo atto della sua demolizione con la decisione del Congresso nazionale del popolo di espellerlo dai propri ranghi, togliendogli così l’immunità e consegnandolo al potere giudiziario.
da “il manifesto”
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
giovanni
” Il Nyt non è riscito a trovare nessuna partecipazione azionaria intestata a Wen”
insomma, le solite calunnie della stampa borghese, la stessa che ogni anno mette Fidel Castro nella top ten dei miliardari globali. Spiace per i compagni di Contropiano che rilancino simile fuffa…
alexfaro
Certo che se la”notizia”viene dal NYT,allora é sicuramente”vangelo”!
Abbiamo dimenticato,le”minchiate”pubblicate da quel”giornale”(si fa x dire)sulla Libia e la Siria?
x es.il normale cimitero di Tripoli spacciato x le famigerate”fosse comuni” attribuite a Gheddafi,x non parlare del resto,poi vi ricordate delle”famigerate”WMD di Saddam(oggi si sa che NON le ha mai possedute)
Se é vero quello che hanno pubblicato su Wen Jabao,che ci facciano vedere le prove(se le hanno!)
un saluto comunista
Alexfaro