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Libano. Tacciono le armi, per ora lo scontro è politico


BEIRUT – Se nelle strade di Beirut sembra essere tornata la calma dopo i tre giorni di tensione seguiti all’attentato dello scorso 19 Ottobre costato la vita al capo dei servizi di intelligence libanesi Wissam Al-Hassan, il lavorìo nei palazzi della politica continua incessante tra proclami all’unità, processi alle intenzioni e visite eccellenti. L’autobomba ad Ashrafiyeh infatti, oltre ad aver rievocato uno dei periodi più bui della storia recente libanese (il triennio di attacchi dinamitardi inaugurato con l’assassinio del primo ministro Rafiq Hariri il 14 febbraio 2005), ha riacceso vecchi rancori e nuove polemiche sulla legittimità dell’esecutivo in carica e il suo grado di prossimità col regime di Damasco.


LE ACCUSE – Sul fronte delle accuse, la parte del leone viene giocata dal Movimento Mustaqbal e dal suo leader Saad Hariri, figlio di Rafiq, ed ex- primo ministro sostituito da Miqati nel gennaio 2011, dopo la perdita della maggioranza parlamentare della coalizione da lui guidata a seguito della defezione del Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt. Le accuse di complicità morale e tacito collaborazionismo che Hariri sta muovendo in questi giorni a Miqati e al suo esecutivo, affondano le radici nella serie di
assassinii eccellenti che hanno colpito numerosi esponenti del suo partito e della coalizione “14 Marzo”  di cui esso fa parte tra il 2005 e il 2008, e per i quali il regime di Assad e il suo più stretto alleato patria, il partito sciita di Hezbollah, attualmente al governo con la maggioranza dei seggi,sono considerati i maggiori sospettati. A gettare ulteriore benzina sul fuoco vi è poi il ruolo di primo piano giocato da Al-Hassan nell’arresto lo scorso 9 Agosto dell’ex-Ministro dell’Informazione Michel Samaha, strettissimo collaboratore della Siria fin dagli albori della Guerra Civile del ’75-‘90, con l’accusa di progettare una serie di attentati terroristici in Libano su ordine di Damasco, così da riaccendere gli scontri interconfessionali e destabilizzare
definitivamente il paese. Come ulteriore strumento di pressione per le dimissioni del Primo Ministro, il gruppo “14 Marzo” ha deciso di iniziare il boicottaggio delle attività parlamentari e di qualsiasi iniziativa politica che
veda direttamente coinvolti membri dell’esecutivo.

LE RISPOSTE – Miqati, dal canto suo, pur avendo ammesso la possibilità di un legame tra l’omicidio di Al- Hassan e l’affaire Samaha, nega qualsiasi forma di coinvolgimento nella vicenda rimettendo ogni verdetto nelle mani degli inquirenti. Per quanto riguarda la richiesta di dimissioni, ha dichiarato che resterà in carica fino a quando non verrà creato un nuovo governo che veda il consenso di tutte le forze politiche in campo. Compito assolutamente non facile che in questo momento rappresenta la sfida più dura per il Presidente della Repubblica Michel Sulaiman, il quale ha incontrato tutti i rappresentati delle forze di governo e di opposizione nel tentativo di scongiurare il rischio di vuoti di potere.

LE VISITE ECCELLENTI – Nel palazzo di Baabda non sono mancate le visite eccellenti. Nella mattinata di martedì, l’Alto Responsabile degli Affari Esteri dell’Unione Europea Catherine Ashton ha fatto visita al Presidente Sulaiman, dichiarando di sostenere a pieno i suoi sforzi nello scongiurare qualsiasi rischio di “vuoto politico”, ritenendo la stabilità istituzionale un nodo essenziale per il raggiungimento della stabilità politica nel paese. Ha poi aggiunto che la volontà di mantenere l’attuale governo fino al raggiungimento
di un’eventuale alternativa ampiamente condivisa, non è frutto di un particolare attaccamento dell’Unione Europea alla persona di Nagib Miqati, quanto piuttosto dell’obbligo da parte della stessa di evitare il caos o la paralisi istituzionale. Conclude poi con un appello “alla sovranità, alla stabilità e all’indipendenza del Libano, alludendo implicitamente alla possibilità di uno sconfinamento della crisi siriana del Paese dei Cedri. Un’
ulteriore allusione al regime siriano è stata pronunciata nel corso della successiva riunione col Primo Ministro nel momento in cui Ashton, esprimendo il suo cordoglio e la sua condanna rispetto all’attentato, ha paventato “il tentativo da parte di alcuni di spostare l’attenzione dalla situazione regionale, provocando dei problemi in Libano”.


DA WASINGTON – Nella serata di martedì, è arrivato anche il via libera di Washington al processo di creazione di un nuovo governo messo in campo da Suleiman, tramite il portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland. La dichiarazione di Nuland fa eco all’offerta di sostegno alle indagini da parte dell’FBI per accertare le dinamiche e le responsabilità dell’attentato, espressa lunedì scorso dal responsabile della sicurezza dell’Ambasciata Americana a Beirut David Brown nell’ambito di un incontro con Miqati.


TRIPOLI – Tra dichiarazioni d’intenti e prese di posizione da parte dell’occidente, a Tripoli si continua a sparare. Nonostante la creazione di una zona cuscinetto tra i quartieri di Bab El-Tabaneh e Jabal Mohsein, gli scontri nella notte tra lunedì e martedì hanno lasciato un bilancio ufficiale di due feriti.


ISRAELE – Continuano anche le violazioni dello spazio aereo libanese da parte di Israele, che nella tarda mattinata di martedì ha nuovamente sorvolato la Beqaa.
Sebbene allo stato attuale non ci sia alcun elemento per stabilire collegamenti tra l’attentato di Ashrafiyeh e un coinvolgimento dello Stato Ebraico nella vicenda, l’aumento esponenziale della  frequenza delle violazioni dello spazio aereo libanese dopo i fatti di venerdì, è un dato difficile da ignorare. Si tratta quanto meno di  una chiara manovra per mettere ulteriormente sotto pressione Hezbollah, approfittando di un momento di forte criticità sul fronte interno (dalla messa in discussione del governo Miqati in cui il Partito di Dio ha un ruolo importantissimo, alle accuse più o meno esplicite di un coinvolgimento nella morte di Al-Hassan), per continuare lo scambio di prove di forza seguito al giro ricognitivo del drone Ayoub lo scorso 7 Ottobre.


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