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Slovenia: proteste antiausterity e scontri a Maribor e Lubiana

Potremmo dire, per sdrammatizzare, che anche gli sloveni, nel loro piccolo, si incazzano.
E’ infatti di parecchi feriti e di una trentina di manifestanti arrestati il bilancio degli scontri avvenuti ieri sera a Lubiana, la capitale della Slovenia, durante una protesta contro la politica di sacrifici e tagli del governo di destra di Janez Jansa e contro la corruzione della ”casta politica”. 

Alle proteste di ieri, che non hanno avuto una convocazione formale ma sono nate dalla mobilitazioni di alcune reti e organizzazioni non partitiche, hanno partecipato almeno 10 mila persone nella capitale e altre decine di migliaia in quasi tutte le principali città del piccolo paese. Rispetto alle proteste indette dai sindacati e dalle opposizioni negli ultimi mesi, inoltre, ieri si è assistito a una radicalizzazione della protesta, segno della maggiore determinazione di alcuni dei promotori della manifestazione e del rapido deteriorarsi delle condizioni di vita in Slovenia.

Contro un gruppo di manifestanti che nella capitale ha tentato di irrompere in Parlamento, la polizia ha usato i manganelli, i gas lacrimogeni e addirittura i cannoni ad acqua, arrestando una trentina di giovani e di lavoratori.

Alcuni dimostranti hanno risposto alle cariche lanciato contro la polizia petardi, sassi e bottiglia, e secondo alcuni media all’interno del corteo avrebbero fatto la propria comparsa giovani vestiti completamente di nero e incappucciati.

Le proteste erano iniziate lunedì scorso a Maribor, la seconda città della Slovenia, dove varie migliaia di persone avevano chiesto le dimissioni del sindaco e della giunta comunale, accusati di corruzione e di malgoverno. Anche in quel caso vi erano stati scontri con la polizia con alcuni feriti e arresti, e dopo il duro intervento della Polizia contro i manifestanti di Maribor, collettivi e gruppi sociali hanno invitato a scendere in piazza anche nelle altre città.

È in questo clima esplosivo, inusuale in uno dei paesi ritenuti più tranquilli dell’Europa centro-orientale, che domani in Slovenia si tiene il ballottaggio per le presidenziali fra il presidente uscente di centrosinistra Danilo Turk e lo sfidante, l’ex premier socialdemocratico Borut Pahor, dato per favorito dai sondaggi.
Chi vincerà dovrà gestire un paese in crisi verticale, con l’11,5% di disoccupazione, un’economia troppo dipendente dalle esportazioni e quindi a picco a causa della crisi, e con un governo che cerca di far cassa imponendo tagli verticali a cultura, sanità, istruzione, lavoro pensioni. 

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