Il capo di Stato Jacob Zuma è stato rieletto con un’ampia maggioranza al vertice dell’African National Congress (Anc), un incarico che potrebbe garantirgli un secondo mandato come presidente del Sudafrica in occasione del prossimo voto politico in programma nel 2014.
Durante la conferenza del partito di governo in corso iniziata domenica nella città di Mangaung, Zuma ha ottenuto il voto di 2983 delegati, mentre il suo principale sfidante, il vice-presidente Kgalema Motlanthe, si è fermato a 991 preferenze.
Significativa – in negativo – anche l’elezione alla vice-presidenza del partito di Cyril Ramaphosa, un ex sindacalista che dopo la fine del regime di apartheid è diventato un imprenditore “di successo” e siede ora nel consiglio di amministrazione della multinazionale mineraria Lonmin. La stessa contro cui decine di migliaia di minatori hanno condotto scioperi e manifestazioni repressi spesso nel sangue dalla polizia o dai vigilantes della multinazionale, a partire dal massacro di Marikana (16 agosto) che costò la vita a decine di lavoratori.
Ramaphosa divenne famoso negli anni ’80, quando alla guida del più importante sindacato dei minatori promosse una serie di scioperi contro il regime segregazionista. C’era lui accanto a Nelson Mandela affacciato a un balcone di Città del Capo, dopo la liberazione dello storico leader della lotta anti-apartheid. In quegli anni fu uno dei protagonisti dei negoziati tra l’Anc e i dirigenti del regime, che portarono alle elezioni democratiche del 1994. Poi, però, lasciò la politica per l’impresa accumulando in pochi anni miliardi di rand. Ora siede nel consiglio di amministrazione di una delle multinazionali minerarie più ricche del paese e del mondo.
Ora l’elezione della coppia Zuma/Ramaphosa alla guida del principale movimento politico del paese – alleato con il Partito Comunista e con il maggiore sindacato, la confederazione Cosatu – sembra dire che la base dell’Anc sembra preferire di gran lunga lo status quo alle richieste dei lavoratori e a quelle di pezzi della società sudafricana che rivendicano riforme strutturali mai implementate.
Secondo Patrick Smith, direttore della rivista African Confidential, è fondamentale capire che la fine dell’apartheid fu rivoluzione per i diritti civili ma non sociale ed economica. “Parte dell’élite sudafricana – dice Smith all’agenzia Misna – ha beneficiato di un’alleanza con la vecchia classe dirigente”. La parabola del nuovo vice-presidente dell’Anc, in questo senso, sarebbe rivelatrice. “Ramaphosa – sottolinea il direttore di Africa Confidential – è il simbolo della traiettoria del cambiamento in Sudafrica: dopo essere stato sindacalista è diventato dirigente della Lonmin, la multinazionale che ha chiamato la polizia contro i minatori in sciopero”. Ora, assicura Smith, “dovrà lavorare molto per convincere i sudafricani che difenderà i loro interessi”.
Se il potere dell’Anc non sembra voler mettere in discussione i privilegi economici, e quini anche politici, della minoranza bianca, alcuni ambienti legati all’estrema destra sembra che continuino a perseguire il rovesciamento violento della situazione creatasi dopo la fine del regime dell’apartheid, o quantomeno una sua destabilizzazione.
Proprio mentre era in corso il congresso dell’Afrian National Congress quattro estremisti di destra, bianchi, sono stati arrestati perché accusati di ordine un attacco terroristico contro l’assise del partito. Sostanzialmente i quattro, secondo la polizia, volevano attaccare il congresso in corso a Mangaung (Bloemfontein, il capoluogo della provincia del Free State), a colpi di mortaio e uccidere non solo il presidente Jacob Zuma e altri dirigenti”. “Volevano scatenare la Battaglia di Mangaung per eliminare la dirigenza di questo Paese”, con l’obiettivo di stabilire una nazione boera indipendente, ha spiegato il procuratore Abrahams. Gli arrestati – Mark Trollip, John Martin Keevy, Johan Hendrik Prinsloo e Hein Boonzaaier – sono comparsi ieri davanti al giudice Monde Matshaya nel tribunale di Bloemfontein con le accuse di terrorismo e alto tradimento. La pubblica accusa ha sostenuto di avere le prove che i quattro hanno effettuato una missione di ricognizione nei luoghi dove si teneva il Congresso, scattando fotografie della sala dove cenavano i dirigenti del partito e del governo. Boonzaaier e Prinsloo sono membri del Partito del Fronte federale (Ffp), una piccola organizzazione registrata lo scorso ottobre, che si batte per la cosiddetta “autodeterminazione” della minoranza bianca boera. Ma il leader dell’Ffp, Francois Coete, ha negato qualsiasi coinvolgimento del suo partito con il terrorismo o la violenza politica.
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