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Referendum in Egitto, secondo turno

La settimana fra il primo e secondo turno del Referendum della contestata Costituzione egiziana è trascorsa fra opposte rivendicazioni e un martedì di protesta sottotono.
Il Supremo Consiglio Elettorale ha scelto il silenzio e non ha finora (sabato 22, ore 23) fornito i dati ufficiali del voto del 15 dicembre per non influenzare l’odierna consultazione nelle restanti 17 province. Così sono rimaste inverificati i dati che attribuivano il 56.5% al sì nei 10 governatorati scrutinati (in cui c’erano Il Cairo, Alessandria, Suez), mentre l’opposizione a Mursi continua a sostenere che il dissenso alla Carta costituzionale s’attesta sul 66%. Tesi contrapposte e nulla più, sarà necessaria l’ufficializzazione del voto. Restano le denunce d’illeciti, come il divieto di accesso a molti seggi opposto da esponenti islamici ad Associazioni per i Diritti Civili, su cui dovrebbe pronunciarsi la magistratura. Le valutazioni politiche hanno raccolto giustificazioni a quello che è apparso come un flop dell’opposizione: la scarsa partecipazione alla manifestazione di martedì, indetta ancora una volta a Tahrir.
I commenti al vetriolo della Fratellanza hanno insistito sullo svuotamento del sostegno a una protesta “pretestuosa e opportunista, rivolta a far rientrare sulla scena nazionale feloul come ElBaradei e Moussa”. Inoltre non s’è spenta l’eco polemica attorno alla notizia, circolata nei giorni dei sanguinosi scontri attorno al palazzo di Al-Ittihadiya e mai smentita, che accusava i due leader del Fronte di Salvezza Nazionale assieme a esponenti della sinistra riformista come Sabbahi, d’aver incontrato in quelle ore alcuni finanzieri nostalgici di Mubarak nello studio d’un noto avvocato sostenitore del raìs. La Fratellanza, che riprende e rilancia la voce, rimprovera agli avversari di “voler incoscientemente fomentare l’instabilità del Paese tramando contro organi democraticamente eletti”. I leader additati non commentano, lo fanno i supporter che parlano di fantasie e trovano ragioni anche per la scarsa affluenza alla manifestazione dello scorso martedì. Affermano che le persone sono stanche di giorni e giorni di mobilitazione “In piazza c’erano gli attivisti, mancavano tanti cittadini del Cairo. Ciò tutt’al più dimostra che ai nostri appuntamenti il popolo partecipa spontaneamente, non viene trasportato come usano fare gli islamisti”.

Insomma anche su questo episodio i due fronti propongono interpretazioni soggettive e contrapposte. “Una nazione che necessita di stabilità e ripresa” è il princìpio normalizzatore su cui si concentra la propaganda del Partito della Libertà e Giustizia che trova comunque seguito non solo fra gli attivisti della sua parte. L’Egitto conservatore e pragmatico che guarda all’azienda, al lavoro finanche alla botteguccia nel suq cerca concretezza che lo schieramento del Fronte antislamico ancora non gli prospetta. “La battaglia è di lungo corso” hanno chiosato in queste settimane gli irriducibili di Tahrir, e c’è chi fra loro mette in conto la stessa approvazione dell’attuale Costituzione. Il riscatto avverrà a tempo debito. L’opposizione si giocherà il tutto per tutto nelle nuove consultazioni politiche che dovrebbero venir fissate a primavera. Per riaprire quanto d’incompiuto la Primavera del 2011 s’è lasciata alle spalle con l’avvento dell’Islam politico. Intanto quest’ultimo attende il responso odierno dell’urna, convinto anch’esso che il confronto-scontro con l’Egitto che non lo ama proseguirà.
oppositions mask
Enrico Campofreda, 22 dicembre 2012

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