Ha passato già un mese e mezzo in isolamento nel penitenziario di Soto del Reàl, Alfonso Fernández, dopo il suo arresto lo scorso 14 novembre durante le manifestazioni a Madrid nel giorno dell’ultimo sciopero generale. La Polizia allora lo accusò di ‘pericolosità sociale’, gli attribuì il possesso di uno zaino pieno di latte di benzina e di altri “oggetti pericolosi” trovati vicino al giovane al momento dell’arresto, nel popoloso quartiere di Vallecas.Quel giorno la polizia in assetto antisommossa attaccò i picchetti dei lavoratori e degli studenti davanti a numerosi edifici pubblici e posti di lavoro, e ben 16 furono gli arrestati nel quartiere operaio e proletario della capitale.
Quel giorno per Fernandez è iniziato così un feroce calvario, a partire da uno dei regimi di carcerazione più duri che la legislazione penale spagnola possa applicare: l’isolamento completo previsto dal Fies 5. In base al quale non può comunicare liberamente neanche con i propri familiari, non può ricevere lettere, non può ricevere libri o riviste o giornali, viene pesantemente controllato ogni qualvolta usufruisce della mezz’ora d’aria quotidiana, viene spostato spesso di cella. Una vera e propria forma di tortura psicologica, normalmente applicata ai prigionieri politici baschi.
A denunciare le condizioni intollerabili di detenzione del suo assistito era stato alcuni giorni fa il suo avvocato difensore, Erlantz Ibarrondo. Che innanzi tutto ha voluto stigmatizzare la negazione della libertà provvisoria per il suo cliente in attesa di un processo che verrà realizzato in piena ondata emergenzialista. Scarcerazione negata perché secondo i giudici l’arrestato sarebbe socialmente pericoloso e potrebbe tentare la fuga. Anche se la legislazione di Madrid non prevede la “pericolosità sociale” come motivo di carcerazione preventiva.
L’accusa afferma che il 21enne era in procinto di realizzare un attentato insieme alla sua ragazza, arrestata anche lei ma poi rilasciata ma comunque con l’accusa di detenzione di esplosivi, accusa che può portare da 4 ad 8 anni di carcerazione.
Ma quale fosse l’obiettivo del presunto attentato non è dato saperlo, e neanche insieme a chi il giovane avesse ordito l’attacco. E poi il giovane è stato arrestato a neanche 100 metri da casa sua, mentre si accingeva a partecipare ad un picchetto informativo durante lo sciopero. Fernandez ha sempre negato di trasportare la borsa piena di benzina che la Polizia invece afferma fosse in suo possesso. Niente prove, neanche dopo la perquisizione del suo domicilio, di quello della fidanzata e addirittura della sede dei tifosi “Los Bucaneros”, con la quale tra l’altro Fernandez non c’entra nulla. E comunque far parte di una associazione di supporters di una squadra di calcio non è certo un delitto.
Secondo la famiglia, che ha denunciato più volte pubblicamente l’accanimento di polizia e magistratura contro il giovane, Fernandez è vittima di una montatura giudiziaria, iniziata ben prima degli scontri tra lavoratori e manifestanti con la polizia il giorno dello sciopero generale. I poliziotti seguivano il ‘sospetto’ da tempo, secondo i famigliari, anche se nei suoi confronti non c’era nessun ordine di indagine da parte della magistratura. Ed avrebbero approfittare del clima teso del 14 novembre per arrestarlo e rendere ‘credibile’ i risultati di un’inchiesta che fa acqua da tutte le parti.
A sostegno di quello che per tutti è diventato ‘Alfòn’, in queste settimane, si è già sviluppata una vasta campagna di solidarietà. Che ieri ha preso per la terza volta in un mese la forma di decine manifestazioni a Madrid ed in altre città della Spagna e d’Europa, di fronte a sedi governative o ambasciate.
Migliaia di manifestanti si sono concentrati a Puerta del Sol, davanti alla sede del governo regionale, per scandire lo slogan “Alfon Libertad!” ma anche ‘Libertà per i prigionieri politici” e “Democrazia dove, terrorista chi”.
Anche a Barcellona si sono mobilitati per lui, ieri pomeriggio alle 19, in Carrer Mallorca, davanti alla sede della rappresentanza del Governo Spagnolo. Anche in altre città i manifestanti chiamati in piazza dalla Piattaforma per la libertà di Alfòn hanno protestato indossando magliette che denunciavano: “L’unico ancora in carcere dallo sciopero generale europeo del 14 novembre”. Durante i partecipati presidi sono stati raccolti i contributi economici necessari alle spese legali del giovane e raccolte numerose firme su una petizione che verranno poi consegnate al Ministero degli Interni di Madrid.
“Stanno cercando di criminalizzare i giovani educati ai valori della classe lavoratrice che lottano per i propri diritti” ha detto Elena Ortega, la madre di Alfonso Fernandez, ai giornalisti durante la protesta nella capitale.
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